Meditazione del Rosario del 23 marzo 2020

Bologna, Basilica di San Domenica

“La preghiera del Rosario è la preghiera degli umili e dei santi che, nei suoi misteri, con Maria contemplano la vita di Gesù, volto misericordioso del Padre. E quanto bisogno abbiamo tutti di essere davvero consolati, di sentirci avvolti dalla sua presenza d’amore!”.

Così Papa Francesco ci ha esortato a pregare per la fine dell’epidemia e per le tante intenzioni che a questa si collegano. La preghiera è la prima opera di Dio, perché è stare con Lui, sentire la sua protezione, affidarsi alla sua Provvidenza e scegliere di fare noi tutto il possibile, per aiutare la sua volontà che è combattere il male.

La meditazione è molto legata alla ripetizione. Non si tratta della facile moltiplicazione di emozioni che soddisfino il nostro istinto. Appunto: il nostro istinto. La ripetizione serve per andare in profondità, per scavare dentro di sé, per modellare la nostra anima, per trovare serenità nelle tante agitazioni del cuore, per mettere a fuoco i misteri dell’amore di Dio attraverso la fede di Maria.

Leggiamo anche con insistenza il Vangelo, ad esempio riprendendo quello del giorno. Ci aiuterà a comprendere il cammino spirituale per crescere dentro, per costruire fondamenta salde più resistenti ai venti e alle piogge che mettono sempre alla prova la nostra casa.

Siamo all’inizio di una settimana davvero importante. Arriva l’onda di piena, con il suo carico di sofferenza, di paura, di morte, che non guarda in faccia nessuno, che può trascinarci via. Speriamo a questa segua una progressiva diminuzione del contagio.

Sentiamo la stanchezza per i frutti che vorremmo immediati, anche perché siamo compulsivi, poco abituati all’attesa e alla pazienza. Avvertiamo la fatica di una condizione che si prolunga nel tempo, che ci ha modificato tutte le abitudini ordinarie, con i non pochi disagi che comporta, con quello che ci fa scoprire e quello che ci toglie. Ma come abbiamo sempre detto la vita vera richiede risposte vere e il combattimento di Gesù nel deserto non è stato un rapido scontro, ma un lungo confronto di quaranta giorni.

I padri della chiesa parlavano del demone di mezzogiorno, quando si è già combattuto un po’ ma arriva la stanchezza, l’inedia, l’inquietudine interiore che porta a un senso di inutilità di quello che si sta facendo, l’avversione per il luogo in cui si è, la rassegnazione e sconforto, che porta desiderare una soluzione magica dei problemi.

Dobbiamo essere perseveranti, come lo siamo nella preghiera. E la perseveranza, che non è mai passiva, significa anche continuare a ricordarsi di chi soffre, dei più fragili e sempre anche delle tante sofferenze nel mondo. Sotto la croce vediamo tanti che piangono con noi, con i quali non lamentarsi, ma sentire insieme la consolazione del Signore e condividere l’amore fraterno.

Questa sera siamo con San Domenico, uno dei patroni di Bologna. “Egli accoglieva ogni uomo nel grande seno della carità e, poiché amava tutti, tutti lo amavano. Si era fatto una legge personale di rallegrarsi con le persone felici e di piangere con coloro che piangevano”. Concordi nella preghiera e nella vita. Cum cordis, con il cuore e con un cuore solo. Come quando ci si ama per davvero, tra noi e con Dio.

23/03/2020
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