Messa Madonna di San Luca con presbiterio

C’è sempre un’emozione particolare nel raccoglierci in questa casa intorno a Maria, che è nostra madre, che ci fa sentire in ogni stagione della nostra vita quello che siamo: figli. Contempliamo, intorno all’altare e sotto lo sguardo di Maria, quella comunione che ci unisce con le nostre comunità, con la Chiesa universale e con quella comunione verticale, legame con quanti vivono in cielo.

Ricordiamo con dolore i tanti fratelli che ci hanno lasciato recentemente, quelli che hanno seminato dove noi oggi raccogliamo e che con la loro santità ci invitano a guardare le messi che già biondeggiano. Sentiamo la grazia di potere celebrare quest’anno la beatificazione di un figlio della Chiesa di Bologna. Don Giovanni Fornasini è uno dei tanti semi gettati a terra per dare frutto, testimoni fino al sangue in quella stagione terribile della pandemia della guerra.

Egli superò tante difficoltà perché spinto da tanto entusiasmo interiore, tenace, semplice come deve essere l’anima evangelica, fino a non arrendersi con l’opportunismo o il nascondimento di fronte all’intimidazione dei violenti. Nella prova, pieno di Dio. Giulio Cossarini, Luigi Bettazzi e Giulio Malaguti, con i quali oggi ringraziamo per i loro e nostri 75 anni di ordinazione, ricordano l’omelia breve del cardinale Nasalli Rocca nella celebrazione.

“Sono stati uccisi nove preti negli ultimi mesi. Voi siete nove, al posto loro. Sapete cosa vi aspetta”. Lo sapevano e li ringraziamo di avere detto: “Eccomi, manda me”. Nella prova non mettiamoci nella fila dei disillusi, di quelli che danno valore solo a ciò che fanno loro o li riguarda, che non si confrontano con il male perché scappano prima, che parlano sopra gli altri perché non ascoltano più, che sanno elencare i problemi ma non cercano più le soluzioni.

Don Giovanni Fornasini ci aiuta a essere obbedienti al Vangelo per servire le comunità fino alla fine e non piegarsi alla trama del male. Pieni di Dio ringraziamo il Signore di essere suoi, di non salvare noi stessi, di potere portare luce dove c’è tanta sofferenza e disperazione. La pesantezza di questi mesi di isolamento, la sofferenza di tanta fragilità incontrata e che ci è stata affidata e abbiamo fatto nostra, la condizione di incertezza nel nostro cammino, la fatica a tessere l’ordito delle nostre comunità, la scomparsa di tante persone care e di tanti confratelli ci fanno sentire ancora di più la gioia di essere suoi.

Non si ha la Chiesa per madre se non si ha Dio per Padre! Come San Giuseppe, in questo anno a lui dedicato, obbediente a Dio, che accoglie Maria perché si fida dell’angelo. “Tante volte, nella nostra vita, accadono avvenimenti di cui non comprendiamo il significato. La nostra prima reazione è spesso di delusione e ribellione. Giuseppe lascia da parte i suoi ragionamenti per fare spazio a ciò che accade e, per quanto possa apparire ai suoi occhi misterioso, egli lo accoglie, se ne assume la responsabilità e si riconcilia con la propria storia, perché rimarremo sempre in ostaggio delle nostre aspettative e delle conseguenti delusioni”.

La vita spirituale che Giuseppe ci mostra non è una via che spiega, ma una via che accoglie. Lo fa con coraggio creativo, ingegnandosi per amore, perché “sono a volte proprio le difficoltà che tirano fuori da ciascuno di noi risorse che nemmeno pensavamo di avere”. Ma bisogna vivere queste difficoltà perché ciò avvenga! Giuseppe ha amato senza possedere, perché “padri non si nasce, lo si diventa”. “Tutte le volte che qualcuno si assume la responsabilità della vita di un altro, in un certo senso esercita la paternità nei suoi confronti”.

Oggi tanti intorno a noi sembrano essere orfani di padre, ossessionati dall’autosufficienza eppure spesso condannati ad una certa adolescenza. La Chiesa ha tanto bisogno di padri che amano “castamente”, cioè senza possedere, perché “solo quando un amore è casto è veramente amore. L’amore che vuole possedere alla fine diventa sempre pericoloso, imprigiona, soffoca, rende infelici”.

Ecco cosa siamo: padri di tanti, custodi di questa madre che contiene l’arca dell’alleanza, che non smette di generare vita e ci chiede di essere amata e difesa con intelligenza. Questa madre non è un’istituzione da interpretare con distacco o un laboratorio di esperienze da accumulare, perché è vita vera, irripetibile, immersa nella grande tempesta della storia della città degli uomini, fortissima per quello che contiene.

Qui si realizza l’incredibile presenza dell’incontenibile, quell’incarnazione che continua con la nostra povertà, più forte del nostro peccato. È proprio questa povertà che scioglie il nostro cuore in gioia, che ci fa cantare il nostro personale magnificat perché tutti possano “udire i suoni di gioia”. Davide si abbandona alla presenza di Dio e danza: non è gioioso perché ha risolto tutto, ma perché ha tutto. Altrimenti avrebbe ragione il triste equilibrio di Mical, di un mondo vecchio che resta vecchio, che guarda dalla finestra, che si sottrae alla gioia con le sue ragioni e vedendo il re ballare e far festa “lo disprezzò in cuor suo”.

È come la reazione del fratello maggiore di fronte alla gioia del padre, che rivela un mondo di calcoli e di confronti incapace di gioire e fare festa. Aiutiamo questa madre a tessere l’indispensabile relazione con ciascuno dei suoi figli perché ritrovino la presenza in essa di Dio. Guardiamo la vita di tanti con gli occhi di Maria e facciamo sentire amati i figli da generare alla fede, quelli che lei non si stanca di cercare con attenzione e passione, perché sono tutti suoi e li guarda sempre da figli, non da estranei o, peggio, da nemici. “L’anima mia magnifica il Signore” canta Maria che pure non aveva visto nulla, non aveva verificato nessuna delle promesse, aveva incontrato solo una parente anche lei piena di vita e di gioia.

Grazie Maria perché il tuo amore ci genera di nuovo a figli. I tuoi occhi ci insegnano a guardare la tanta umanità sofferente, anche quella che ci sembra piena di sé, svuotata da tanti cattivi maestri e da un mondo mercenario. Grazie Maria perché sei madre di comunione e ci insegni a presiedere la comunione con la comunione. Proteggi tutti sotto la tua protezione, Madre di Dio.

Bologna, Cattedrale
13/05/2021
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