Domenica XXXIII per annum

1.         Cari fratelli e sorelle, nella professione della nostra fede, che faremo fra poco, diciamo parlando di Gesù Risorto: «e di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine». Oggi siamo invitati a riflettere seriamente su queste parole, poiché trovano la loro base nella pagina evangelica appena letta. In essa si parla di due grandi eventi, di due fatti [non di due favole o di due miti]: la nuova o seconda venuta di Gesù Risorto; la restaurazione definitiva del Regno di Dio.

            Prima ancora di sapere che cosa realmente accadrà, siamo forse subito portati a chiederci: quando quei due eventi avverranno? Avete sentito, il Vangelo dice: «dopo quella tribolazione». Si riferisce certamente a quanto è stato descritto prima e che non abbiamo letto, e cioè la grande tragedia della distruzione del tempio di Gerusalemme. Ma quella parola «la tribolazione» vuole anche renderci consapevoli che dentro allo svolgimento delle nostre vicende umane agiscono forze malefiche e potenti, che incombono su di noi con la minaccia del loro potere malvagio. Bisogna essere ciechi per non vedere quanto è forte il male dentro alla storia umana. E’ così forte che siamo perfino tentati a volte di pensare che tutto è destinato ad una fine perversa. Questa è la “grande tribolazione” e la domanda inquietante che suscita in noi. Il depotenziamento delle forze del male è un grande, faticoso e lungo processo di sofferenza.

            La parola evangelica ci assicura che la parola “fine” sarà messa dalla venuta di Gesù «con grande potenza e gloria». Egli cioè porrà definitivamente termine al potere del male, poiché colla sua venuta il regno di Dio sarà instaurato pienamente. Ciò che noi chiediamo ogni giorno: «venga il tuo Regno», sarà perfettamente donato quando Cristo, il Signore Risorto, verrà.

            Ma la pagina evangelica ci rivela qualcosa anche circa come tutto questo verrà: «egli manderà gli angeli e riunirà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo». Gesù, il Signore risorto, rivela la sua sovranità riunendo intorno a sé i suoi discepoli. Che cosa significa?

            Nell’ultimo giorno [cfr. Gv 6, 54], quando risorgeremo nel nostro corpo, noi che abbiamo creduto in Gesù, raggiungeremo la piena comunione con Cristo. Giunta ormai la fine della storia, il corpo di Cristo, la sua Chiesa, raggiungerà la sua perfezione perché tutte le sue membra vivranno nella sua gloria, per sempre.

            Il profeta Daniele, come abbiamo sentito nella prima lettura, è più preciso. Egli, parlando dello stesso evento finale, dice: «molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna eterna». Dunque, il ritorno di Cristo ha anche il carattere di un giudizio. E’ un giudizio definitivo, finale, che non ammette appello; è un giudizio che assegna «vita eterna» ad alcuni, i giusti, ed «infamia eterna» agli ingiusti. Il ritorno di Cristo è l’ora della resa dei conti: l’incontro con Lui è il definitivo giudizio sulla nostra vita e sul suo effettivo valore e soprattutto su tutta la storia umana.

            Cari amici, questa certezza della nostra fede è un puro sogno che ci distacca dalla nostra vita quotidiana? Al contrario. Essa è la soluzione del più grande enigma della storia.

            Nella professione della nostra fede, quando diciamo «verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti», non ci riferiamo a quel giudizio che avviene sulla nostra vita personale subito dopo la morte. La pagina che abbiamo ascoltato ci assicura che ci sarà un “giudizio finale” in cui il Signore risorto sottoporrà tutta la storia umana al giudizio. E’ il bilancio finale di tutta la vicenda umana nel suo insieme.

            «Con grande potenza e gloria», ci ha detto il Vangelo. Gesù, il Signore risorto, sarà il giudice sovrano, ma anche la norma in base alla quale tutta la storia sarà giudicata. E’ infatti alla luce della sua parola e della sua opera di salvezza, della smisurata grandezza del suo amore e del suo sacrificio, che tutta la storia umana sarà messa allo scoperto e vedremo che cosa di essa resterà per sempre.

            Cari amici, quante ingiustizie commesse non solo da persona a persona, ma di un popolo contro altri popoli! E non raramente per porvi rimedio se ne commettono altre anche più gravi. Quante vittime non sono state risarcite! Quanti poveri e deboli sono stati oppressi ed umiliati nella loro dignità, morendo senza che alcuno vendicasse la loro umiliazione! La certezza di fede circa il giudizio finale ci assicura che non esiste affatto una spugna che cancella quanto viene fatto, come se tutto avesse lo stesso valore, come se oppressori e vittime potessero sedere allo stesso tavolo indifferentemente. «Esiste una giustizia.  Esiste la “revoca” della sofferenza passata, la riparazione che ristabilisce il diritto» [Benedetto XVI, Spe Salvi, 43]: è il ritorno di Cristo a giudicare i vivi e i morti.

2. Cari fratelli e sorelle, come dobbiamo spiritualmente vivere, “sentire” queste parole che il Vangelo e il profeta oggi ci dicono? Prima di tutto come sorgenti di speranza: noi cristiani abbiamo la speranza certa che l’ultima parola nella e sulla storia non la dica l’ingiustizia.

         Dobbiamo poi essere vigilanti e pronti perché quando il Signore ci introdurrànella sua eternità, ci trovi degni di vivere con Lui per sempre.

 

18/11/2012
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