Festa del Crocifisso a Pieve di Cento

Pieve di Cento

È una grazia quella che stiamo vivendo. Ne sento la gioia e la responsabilità. È una grazia potere celebrare questo ventennale, che scandisce le nostre generazioni e quindi anche le varie stagioni della nostra vita, illuminandole tutte con il suo amore. Sono stati giorni di preghiera e di ascolto, che certamente daranno tanti frutti di amore per noi e per la comunità tutta.

La ventennale è legata alla partecipanza. La croce è la partecipanza di Dio nella storia degli uomini e ci ricorda che siamo sulla stessa barca, che vuol dire anche scelte concrete, condivisione di opportunità, partecipare alla vita del prossimo come fosse la mia. È il contrario dell’individualismo così diffuso. Non ci salviamo da soli. Usiamo come di ognuno e come di tutti l’unica casa comune che sono le nostre terre. Quanto sarebbe importante la partecipanza per l’intera casa comune che è la terra.

La grazia non è una fortuna, ma è amore. E all’amore si risponde con l’amore, altrimenti diventa proprietà e si sciupa, se ne fa un merito e ci viene tolta, una ricompensa e si perde. Avviene così ai lavoratori della vigna che fanno della grazia, cioè dell’essere chiamati a lavorare solo per la bontà del padrone, un diritto e dimenticano che stavano senza fare nulla. Buttano via l’amore perché lo rendono calcolo e sono gelosi di quello che hanno gli altri. Non sono generosi come il padrone, che dona a tutti il massimo, l’unica ricompensa: il suo amore. Quando capiamo che tutto è grazia, dono, amore senza altro interesse che la nostra gioia, ecco che siamo contenti! I suoi doni ci aiutano a comprendere quanto ci vuole bene e quanto ha fiducia in noi. Non sciupiamo questo regalo e viviamo la gioia di essere amati come siamo, solo per amore e solo per amore cerchiamo di essere migliori e amiamo il nostro prossimo, con la libertà dei figli e dei fratelli!

Oggi contempliamo il segreto di amore di Dio e non smettiamo di farlo. Guardiamolo con pudore, con rispetto, con venerazione, perché è sofferenza di un uomo e sofferenza di un Dio che ha annientato sé stesso, diventando, come noi, schiavo del nostro limite, prigioniero della nostra fragilità, fino alla morte e ad una morte di croce. La sottolineatura è perché non era una morte qualsiasi, ma la più infamante possibile, da colpevole, lui che era l’unico giusto.

Dio non si accontenta di dirci che ci vuole bene ma diventa come noi come solo un innamorato vuole fare. Ama fino alla fine, senza calcoli. Penso a tanti cristiani che donano tutto quello che hanno, come Gesù, perché amici suoi. Don Roberto, di Como, faceva così per i suoi poveri. È il segreto dell’amore che chi non ama non può capire, gli sembra esagerato, una follia, inutile. Infatti, la croce ci dice questo: guarda come ti amo e non avere paura di amare, commuoviti di fronte ad un amore così.

Noi ci commuoviamo di un uomo come don Roberto, come tanti martiri che hanno dato la vita per gli altri, molti anonimi, come tanti preti, laici, che non hanno avuto paura del contagio pur di aiutare gli altri, come Padre Puglisi, crocifisso nel suo amore per i ragazzi, perché fossero liberi dal tiranno _ perché è un tiranno – che è la mafia, terribile e spietata. Pensando a don Roberto e agli altri martiri ci dovremmo chiedere: non erano troppo soli ad aiutare una sofferenza così grande? Ha pagato lui per tutti perché amava. Il problema non era lui che amava ma i troppo pochi che amano con lui per combattere il male, che confonde la mente di un uomo e semina paura nel cuore di tutti, tanto che non ci si aiuta come si potrebbe.

Questo è una follia per i sapienti di questo mondo, per quelli che scappano per salvare sé stessi. Ma ricordiamoci sempre che questa è la sapienza di Dio ed è in realtà il bene nostro, perché chi vuole conservare la sua vita la perde, mentre chi la perde per amore la trova. E l’amore non ha fine.

Dio ha mandato il suo Figlio, per chiarire da che parte sta, dove lo possiamo trovare, noi che spesso ci interroghiamo, come è avvenuto durante la pandemia, “cosa fa Dio?”.  “Perché non mi aiuta?” Perché non prende in mano la situazione e mette a posto tutto? Il crocifisso è la risposta su dove sta Dio. Lui realizza la volontà di suo Padre, che è quella di ogni padre preoccupato per la salute di suo figlio: dare la vita perché il figlio viva.

Questo significa la croce e per questo ci commuove. Quante lacrime ho visto accompagnando il Crocifisso per le strade di Pieve di Cento! Tanto amore fa sentire amati, spiega che non siamo soli nel nostro dolore, mostra la consolazione di un amore più grande del nostro dolore. La croce è un mistero che possiamo comprendere solo per amore e ci aiuta a comprendere come l’amore non finisce.

La Croce non finisce il venerdì, ma la domenica. La croce ci chiarisce, però, anche dove sta l’uomo, che è in realtà il vero problema. Dove sei finito? Dove siamo finiti? Dove sta la nostra umanità, la pietà, il senso di rispetto per la persona umana, per il mistero della vita, dal suo inizio fino alla sua fine e durante e per tutti? Quando l’uomo si crede padrone della vita la sciupa, non la capisce e provoca lui stesso la sofferenza.

Gesù combatte il male e noi lo aiutiamo molto poco, non accorgendoci del male, a volte arrivando a scambiare il male per bene, gridando con la folla che venga crocifisso un innocente, sentendoci invulnerabili perché pensiamo che a noi non capiterà. In queste settimane abbiamo visto tanta sofferenza e così abbiamo capito ancora di più la scelta di Gesù di farsi uomo, di essere come noi, di salire sulla nostra barca che deve affrontare questa e tante tempeste. Lo fa perché la sua volontà è che noi diventiamo come Lui. Abbiamo visto tanta sofferenza ma abbiamo spiegato tanto amore? Il male si combatte solo come fa Dio: amando e donando la vita per gli altri.

Credo abbiamo compreso bene due cose: il male colpisce tutti e non guarda in faccia nessuno e combatterlo per gli altri vuol dire stare meglio tutti. E abbiamo compreso da che parte sta Dio.  Ed ogni sofferenza in fondo è come una pandemia, così come quando muore Gesù si fa buio su tutta la terra e un terremoto scosse tutto il creato perché muore una creatura di Dio, il Figlio di Dio. La croce ci chiede di fermarci, di non scappare. Ogni sofferenza domanda tempo, sensibilità, speranza, molto amore. Per questo sostiamo davanti a questa croce, stupiamoci di un amore così grande, scopriamo il nostro tradimento, chiediamo cosa possiamo fare, stiamo con Lui e basta.

E non possiamo anche noi imitare un po’ Gesù, sollevando la sofferenza di qualcuno, amandola, aiutandola, rivestendola di attenzione e rispetto? Così inizia la resurrezione! Noi non esaltiamo la sofferenza, ma l’amore che la affronta per vincerla.

La croce ci aiuta a vedere tanta sofferenza e disperazione e chiede anzitutto amore. Ci rende umani perché è disumano un mondo che cancella la croce, che provoca la sofferenza e poi la condanna e lascia soli chi ne è travolto. Il crocifisso ci chiede: perché rimani così indifferente, chiuso ad un amore così grande? Perché non senti la passione che mi ha portato ad affrontare l’ingiusta condanna perché la morte, ingiusta condanna, venisse sconfitta da un amore più grande. Nella croce c’è già l’inizio della resurrezione perché se il seme non cade a terra non da frutto. Per risorgere dobbiamo morire, per amare dobbiamo donare.

Grazie Gesù, perché guardare la tua croce ci fa comprendere la salvezza, perché tu non sei venuto per condannarci ma per salvarci, cioè liberarci dai legami del male. Abbiamo sperimentato la forza del male, l’insidia del virus serpente che morde vigliaccamente e spegne la nostra speranza.

Signore, Tu condividi la nostra debolezza e affronti la pandemia della morte perché sia illuminata dal tuo amore e non sia l’ultima parola nella vita delle persone. Oggi non abbiamo più paura perché sappiamo che nel seme già c’è il frutto. Grazie del tuo amore. Mi rendi uomo perché mi fai sentire amato e mi chiedi di aiutarti ad amare tutti.

20/09/2020
condividi su