Giornata dei malati

Bologna, cappella dell'ospedale Sant'Orsola (paglione 2)

In questo tempo di pandemia comprendiamo tutti con più profondità la Giornata dei Malati, da sempre unita alla memoria della Vergine di Lourdes. Il tema di questo anno “La relazione di fiducia alla base della cura dei malati” ci pone di fronte all’ipocrisia, causa di disillusione e di rabbia, prodotta da quelli che dicono e non fanno. Quando non ho più fiducia in nessuno tutto diventa più difficile, finisco facilmente per indurirmi e sentirmi abbandonato.

Se non c’è relazione come curare, cosa diventa? Chi sono quelli che dicono e non fanno? Noi. A volte ce ne rendiamo conto; difficilmente lo ammettiamo; altre volte pensiamo sia sufficiente dire “ho provato” per giustificare il non avere “fatto”. L’ipocrisia può coprire il vuoto di interesse reale, altre volte motivazioni nascoste, spesso la banale paura di prendersi responsabilità salvando però la faccia e complicando così le soluzioni. Gesù cosa ci chiede? Dire e fare, come chi ama e non dice per dire e non può non fare. “Propone di fermarsi, ascoltare, stabilire una relazione diretta e personale con l’altro, sentire empatia e commozione per lui o per lei, lasciarsi coinvolgere dalla sua sofferenza fino a farsene carico nel servizio”. Quanta sofferenza nella delusione e nella solitudine prodotte quando non facciamo! E anche quanta consolazione quando la cura entra in relazione con la persona!

In questi mesi abbiamo compreso quanto siamo vulnerabili. Pensavamo di restare sani anche se il mondo era malato e sapevamo solo teoricamente che potevamo essere coinvolti. Come sempre viverlo è molto diverso! La pandemia non colpisce solo gli altri, ma ci raggiunge tutti, sia chi è malato sia chi non lo è perché può esserlo facilmente. Nonostante non poche dissennatezze comprendiamo che per davvero possiamo essere tutti “malati”.

La malattia ci ricorda il limite, esperienza dolorosa alla quale una certa onnipotenza da benessere non ci aveva certo preparati. Così quando lo sperimentiamo avviene come uno schianto, lottiamo di meno, tutto appare inutile o un surrogato di una vita che non possiamo più raggiungere. E quando mai è raggiunta la pienezza della vita? Non ha un valore straordinario quando sembra debolissima e non c’è più vita dove sembrerebbe essercene davvero poca?

La vita è piena quando c’è l’amore, non il vitalismo o le caricature da “grande fratello” di una vita priva di vita, scusate il gioco di parole, per di più sempre spiata dal buco della serratura. Qui al Sant’Orsola, con l’Unitalsi, il Vai, il Cvs, ne trovo sempre tantissima! “La pandemia ha messo in risalto anche la dedizione e la generosità di operatori sanitari, volontari, lavoratori e lavoratrici, sacerdoti, religiosi e religiose, che con professionalità, abnegazione, senso di responsabilità e amore per il prossimo hanno aiutato, curato, confortato e servito tanti malati e i loro familiari. Una schiera silenziosa di uomini e donne che hanno scelto di guardare quei volti, facendosi carico delle ferite di pazienti che sentivano prossimi in virtù della comune appartenenza alla famiglia umana”, scrive Papa Francesco. Combattere per la vita ci dona vita e cuore.

Il vero “balsamo”, medicina che non ha bisogno di ricette e di medico perché lo abbiamo in dotazione ognuno di noi, è la vicinanza. E non è solo quello personale ma anche di comunità. “L’amore fraterno in Cristo genera una comunità capace di guarigione, che non abbandona nessuno, che include e accoglie soprattutto i più fragili”. A volte si parla dei volontari come fossero una categoria a parte! Tutti siamo tenuti ad esserlo!

E tutti possiamo servire, abbiamo qualcosa da dare agli altri, fosse solo la nostra persona stessa, il suo valore, anche senza “fare” nulla. Servizio è sempre legato a gratuità. Senza questa si trasforma in interesse, non è più un balsamo. “Il servizio guarda sempre il volto del fratello, tocca la sua carne, sente la sua prossimità fino in alcuni casi a “soffrirla”, e cerca la promozione del fratello. Per tale ragione il servizio non è mai ideologico, dal momento che non serve idee, ma persone”. Sappiamo come in realtà un modo ideologico non comprende i veri problemi e allontana le soluzioni.

Solo mettendo al centro la persona possiamo trovare unità tra noi e mettere da parte quello che divide per servire insieme la persona, quello di cui ha bisogno e che insieme possiamo offrirgli. Gesù ci aiuta sempre a trovarlo perché ci chiede di amare il prossimo senza riserve. Solo l’amore ci porta a capire cosa aiuta per davvero l’altro. L’ipocrisia porta ad amare la nostra idea del prossimo, i nostri giudizi; giustifica e copre il poco amore perché quello vero supera tutte le misure e riconosce i veri problemi.

Il lebbroso rappresenta ogni malato. Il corpo che cambia, che non risponde e tradisce, l’isolamento cui si è costretti (mai come questa pandemia la distanza ha provocato tanta insopportabile sofferenza e ha messo alla prova i nostri legami), l’esclusione dalla vita, la paura di mostrarsi. “Se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento”, impone la legge. Il lebbroso non è nato lebbroso: lo è diventato. Era una persona sana, che si trova malata.

E’ una persona che si ritrova sola, con un corpo che non riconosce più come il suo. Un lebbroso prova vergogna della sua condizione. L’isolamento ed il pregiudizio possono portare alla disperazione e creare tanta fragilità nel delicatissimo equilibrio dei pensieri e dei sentimenti! Chi è malato si accorge da solo di suscitare paura in chi è sano. Per Gesù è sempre e solo una persona, il prossimo. L’apostolo ci chiede di fare qualsiasi cosa “per la gloria di Dio”.

Non è un’indicazione di poco conto, anzi, è proprio quella che impone la gratuità (gli interessi sono anche quando la considerazione personale conta più del bene possibile, quando faccio qualcosa per affermare il mio ruolo e non perché utile, perché serve a me e non perché serve). La gloria degli uomini diventa corruzione, ricerca di guadagno, come avvenuto anche in questi mesi, quando l’interesse di mercato prevale tanto da fare pagare enormemente di più i beni indispensabili.

E quanto vorremmo che la richiesta di donare il vaccino a chi non potrà mai permetterselo, come i paesi poveri dell’Africa, sia ascoltata! La gloria di Dio è solo fare stare bene gli altri, vedere la loro gioia, sicurezza, consolazione, compagnia che illuminano il buio della solitudine e del non senso. In realtà la gloria di Dio è la vera gloria degli uomini, perché rivela quella forza di amore che abbiamo dentro di noi e che spesso resta nascosta, non utilizzata o deformata dall’amore per sé che rende predatori, consumatori, incapaci di aiutare.

Tanti, in modi diversi, invocano Gesù chiedendo «Se vuoi, puoi purificarmi!». Tutti, di fronte alle dolorose epifanie del male ci interroghiamo sul perché il Signore non fa il bene, su dove sta, tanto da pensare che la sua volontà sia punirci. Interroghiamoci dove sta l’uomo! Infatti Dio “ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». Ecco qual è la volontà di Dio. Ha compassione, cioè unisce la sua sofferenza.

Tocca, perché la compassione non è un sentimento che si compiace di sé, anzi, al contrario, fa uscire da sé e unisce al prossimo, vince ogni distanza perché solo così noi e il lebbroso capiamo cos’è l’amore. Chi è malato ha bisogno di questa concretezza, non di parole che se restano lontane finiscono per essere irritanti, banali, prive di significato, facili. La sofferenza divide, allontana. Solo amandola e vincendo il distanziamento dell’indifferenza la si capisce.

E solo toccando le parole diventano vere, credibili, non più degli auspici! “Lo voglio”, che è anche un impegno a realizzare questa volontà. Senza volerlo tutto rimane uguale. Gesù vuole che l’uomo guarisca dal male. Noi lo vogliamo per davvero? Gesù vuole e paga di persona. Non enuncia buoni sentimenti. E’ la scelta della vita, di amore e compassione, non di coraggio e sacrificio. Impariamo a dirlo anche noi, permettendo agli altri di avere fiducia in noi.

Signore io voglio aiutarti a guarire il mondo dalle tante pandemie che spengono la vita e la mia volontà è amare come posso il prossimo, servendolo nei gesti piccoli dell’amore, cercando di capire cosa gli serve che gli fa bene.

Donaci di guarire un mondo malato con la medicina del tuo amore e mettendo in pratica la regola d’oro: fa’ agli altri quello che vuoi sia fatto a te! Nessuno resti da solo, si senta escluso e abbandonato. Affidiamo a Te tutte le persone ammalate, gli operatori sanitari e coloro che si prodigano accanto ai sofferenti con l’intercessione di Maria, Madre di misericordia e Salute degli infermi. Dalla Grotta di Lourdes Ella sostenga la nostra fede e la nostra speranza e ci aiuti a prenderci cura gli uni degli altri con amore fraterno.

14/02/2021
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