Istituzione accoliti

La Parola di Dio è sempre lampada per i nostri passi. E’ lei che illumina la nostra vita, che libera le tante tenebre del cuore, soprattutto quelle fitte della mediocrità, del poco amore, di quel grigio a volte così impenetrabile, come la nebbia, che rende tutto povero di amore, incerto, inutile. Lasciamoci sempre guidare da essa. Sono le letture di oggi del tempo di Pasqua che ci guidano in questa liturgia. La Chiesa ha il vertice e la fonte della sua vita nell’Eucarestia, mediante la quale si edifica e cresce come popolo di Dio. Nutriamoci del Verbum Domini con la stessa fame e venerazione con cui ci avviciniamo al Corpus Domini. L’uno ci aiuterà a capire e amare l’altro. E tutti e due sono Eucarestia. E’ da questo dono che nascono tutti i nostri ministeri, cioè il servizio al quale ognuno di noi è chiamato. E non dimentichiamo che il Signore chiede sempre qualcosa a tutti! L’amore senza riserve di Dio si rende nutrimento, non resta lontano o virtuale, si fa Lui stesso pane perché anche noi impariamo a dare da mangiare ai tanti che incontriamo. Diventiamo noi stessi Eucarestia, rendimento di grazie, con la nostra vita e soprattutto con il nostro amore che rende il culto gradito a Dio. E’ sempre come Emmaus. I due discepoli non riconoscono il pellegrino, ma iniziano ad ascoltare la sua voce e questa poco a poco si rende familiare, si fa largo nelle tristezze e nelle convinzioni rassegnate del cuore, sempre così lento. Come per noi. Gli occhi poi si aprono nello spezzare del pane. E’ la mensa di Emmaus alla quale tutti noi siamo ammessi per grazia e che voi potrete servire. Cari accoliti, voi ricordate a tutti che dobbiamo servire questa mensa con la nostra presenza, perché nessuno è mai spettatore; con la preghiera, con il canto, con la fraternità. Ci aiutate a comprendere come tutti dobbiamo portare, offrire, regalare il pane buono dell’amicizia di Gesù a tutti. Uno dei vostri compiti è non fare mancare l’Eucarestia a chi è impedito di parteciparvi. Portate con il Corpo di Cristo anche la maternità della comunità che non lascia nessuno solo. Questa mensa si allunga sempre fino a chi è assente. La vostra visita rende concreta la Santa Comunione e anche la Comunione dei Santi, quel legame invisibile che unisce quanti il Signore ha reso suoi, figli adottivi che devono sempre imparare a esserlo, ma che sono uniti dall’amore. Con essi vi accorgerete e ci aiutate ad accorgerci di quanto è prezioso questo nutrimento! Gli anziani e i malati che lo attendono con desiderio spesso con tanta commozione, ci aiuteranno a liberarci dalla nostra scontatezza, dall’abitudine, dalla tiepidezza che ci rende così disattenti e poco grati di ricevere il Signore sotto il nostro sempre misero tetto! La loro gioia giudica la nostra abitudine e ci aiuta a sentire la fame di amore che in realtà abbiamo dentro ognuno di noi, mendicanti sempre di speranza, di senso, di protezione, di misericordia. Non lasciamoci intimorire imprigionare il nostro amore dalla paura, dal calcolo, dalla convenienza e viviamo come gli apostoli che ogni giorno, nel tempio e nelle case, non cessavano di insegnare e di annunciare che Gesù è il Cristo. Nel tempio e nelle case. La mensa la serviamo qui e la serviamo nelle case, che sono i cuori di ognuno. Rendetevi cioè familiari d tutti, commensali della vita del prossimo, con l’ascolto e con l’a fraternità, spezzando ovunque, anzitutto con la vostra stessa vita, il Corpus Domini e anche il Verbum Domini, il suo vangelo dia more e di misericordia. Senza cessare.
La parola ci propone l’episodio che ha accompagnato la riflessione di tutto questo Congresso Eucaristico, “Voi stessi date loro da mangiare”. Gesù coinvolge Filippo ed ognuno di noi. Oggi pensiamo che Filippo siete tutti voi, accoliti, scelti per aiutare la mensa. «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Filippo risponde subito con i calcoli, quelli che facciamo sempre con rapidità per mettere le mani avanti, come suggerisce la nostra pigrizia quando si tratta di fare qualcosa per gli altri. Filippo si difende subito con l’impossibilità. Spesso in realtà significa difendere la propria tranquillità o il poco che si possiede. «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». La richiesta di Gesù appare dunque ingenua, mentre Filippo con i suoi calcoli appare i fondo più realistico del maestro. L’amore spesso ci sembra così e l’egoismo, il pensare a sé molto più convincente e vero che fare qualcosa per gli altri. Il pane di Gesù non è per pochi eletti, che ne fanno come un privilegio. Gesù vuole accogliere tanti intorno alla sua Parola e al suo corpo. E’ venuto per gli uomini, per il mondo intero! Vuole che tutti i suo mangino del suo corpo e bevano del suo sangue ma che questo è sempre per la “moltitudine”, per gli altri “tutti” per i quali spezza se versa se stesso. E’ questa dimensione che ci libera dai nostri calcoli, dall’ossessiva idea che non si possa fare nulla. Andrea aggiunge con tono di rammarico e di sconsolata rassegnazione che c’è ‘un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci. E giustamente si pone la domanda “che cos’è questo per tanta gente?». Anche noi ce la facciamo, pensando alla nostra debolezza e alle tante domande che ci vengono rivolte. Cosa posso fare io con cinque pani e due pesci? Nulla! C’è troppa gente! La risposta di Gesù è riunire, rendere la folla una famiglia. «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. L’accoglienza deve essere sempre attenta, familiare, personale. Non dovete anche apparecchiare, e farlo voi perché tutti noi lo facciamo, una mensa dove ognuno si senta accolto, non un anonimo consumatore? Non per qualcuno, ma per tutti! Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini. Gesù prende e dona. Il pane si moltiplica non prima, ma solo condividendolo, iniziando a donarlo! E’ quello che dobbiamo aiutare noi. E’ questo il senso dell’accolitato. Quanto ne volevano: è un amore non a risparmio, con misure avare, che è contento di offrirsi e per questo non fa mai mancare nulla agli altri. Che vergogna sono le nostre misure avare! Solo l’amore gratuito sazia fino in fondo e ci libera da quei pani che cerchiamo e ci rendono solo dipendenti e sempre affamati, possessivi e inquieti. «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Niente dell’amore è mai perduto e noi non lo sciupiamo sia con l’attenzione alla mensa ma anche con la stessa cura donarlo, perché solo ciò che si regala resta. Non vivete mai il servizio come un ruolo. Rifuggite le piccole presunzioni e vivete tutto solo con la gioia di servire, con la gratuità di apparecchiare per altri, per quel fratello che ancora non conoscete ma che si deve sentire amato prima di tutto. Rendete accogliente e degna la mensa di amore di Dio che si fa nutrimento dell’uomo. Gesù non diventerà mai un re secondo il mondo, perché la sua forza è solo quella dell’amore. Fatevi sempre servi.
 “Amate il Corpo mistico di Cristo che è il popolo di Dio, soprattutto il povero e gli infermi. Cantiamo tutti i giorni della nostra vita e con la nostra stessa vita il salmo che ci ha accompagnato oggi: “Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per contemplare la bellezza del Signore e ammirare il suo santuario. Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi. Spera nel Signore, sii forte, si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore”.

28/04/2017
condividi su