L’omelia della notte di Natale 2019

Bologna, Cattedrale

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Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse”. Ecco il mistero e la bellezza, tutta umana e divina, del Natale. Lo possiamo riconoscere nell’intimità di questa casa e in quei tanti presepi viventi che incontriamo nell’umanità concreta del prossimo e dei poveri. L’ho incontrato nelle bellissima celebrazione alla Stazione, che ci aiuta a contemplare la presenza di Gesù nella vita di tutti i giorni e riconoscerlo e venerarlo nei tanti che, come Lui, non trovano posto.

Questa notte capiamo le luci abbaglianti del consumismo non vincono le tenebre, perché si spengono sulla sofferenza, non illuminano le fragilità dell’uomo e le domande faticose che le accompagnano, lasciano nell’oscurità la sofferenza di chi resta fuori e si ritrova scartato da un mondo che se non accoglie finisce per essere impietoso verso tutti. Dio è luce. La vita è luce che chiede luce. L’amore è luce. Dio non vuole che vinca il buio della disperazione o della rassegnazione, così convincente. Dio che nasce nel suo Figlio Gesù vuole dissipare la nebbia della solitudine, perché questa avvolge la vita di tanti, soprattutto anziani ma anche di tante, troppe persone in realtà sole, che parlano da sole, sole come si è in realtà nella navigazione digitale e come avviene sempre al narcisista. Gesù viene per illuminare il buio di tanti giovani che cercano faticosamente – come a tentoni – sicurezza, futuro, senso e non li trovano.

Viene nel buio del rancore e del pregiudizio, che oscurano i sentimenti di ragionevolezza e di rispetto e inducono a compiere azioni violente, in gesti e parole. Viene nel buio della malattia, che umilia la vita, disorienta, isola, fa sentire defraudati e perduti! Gesù viene nel buio insostenibile e definitivo della morte, sempre crudele, ancora di più quando rapisce persone giovani e con loro spegne la voglia di vivere di chi resta! Gesù viene nel buio del nostro peccato, dell’orgoglio e dell’amore per se stessi senza l’amore per il prossimo e per Dio, dell’accontentarsi di non fare il male, della complicità con le trame oscure di corruzione e di potere personale. La luce dolce del Natale illumina tutto il prossimo, ogni prossimo e rivela la bellezza della vita di tutti e tutti i giorni. Pace in terra agli uomini che Egli ama. Tutti! E’ Dio che si fa conoscere e ci aiuta a conoscere l’altro, insegna che la vita si dona non si possiede ed è un miracolo che non smette di stupirci e di farci scoprire il senso della nostra vita. 

Non vi era posto per loro. La diffidenza e la paura, infatti, allontanano, respingono. Viviamo in un clima di sfiducia per cui finiamo per guardarci l’un altro quanto meno con una certa distanza. Un’indagine recente descrive come il 75 % degli italiani non si fida degli altri, finendo per cercare sicurezza nell’io e nelle sue tante, infinite, estensioni digitali. Natale è Dio che si fida e chiede fiducia. Nasce, non può tornare indietro e camminerà fino alla fine per dirci che la vita è dono ed è amata e preziosa dal suo concepimento fino al suo compimento. Natale, quindi, è molto più di un’emozione tra le tante che collezioniamo ma che non diventano scelte, restano lontano dalla vita vera e sempre chiuse nel nostro interno.

La scelta di Dio è Gesù, la nostra forza, che ci aiuta a rischiare, a non rimandare, perché la vita non resta ferma, anche se la distorsione del benessere ce lo fa credere. Noi viviamo in un mondo che cambia tanto, come ha ricordato l’altro giorno Papa Francesco, perché “siamo in uno di quei momenti nei quali i cambiamenti non sono più lineari, bensì epocali; costituiscono delle scelte che trasformano velocemente il modo di vivere, di relazionarsi, di comunicare ed elaborare il pensiero, di rapportarsi tra le generazioni umane e di comprendere e di vivere la fede e la scienza”. Dio non ha paura di affidarsi a uomini avvolti ancora nelle tenebre, infedeli, increduli, insicuri ma presuntuosi.

Dal suo Natale possiamo iniziare ad annunciare il Vangelo in un mondo distante dall’amore di Cristo, che semplicemente non lo consce personalmente. L’amore lo comprendi solo se c’è una relazione, non per la lettera. Non siamo nella cristianità, non più!  Oggi non siamo più gli unici che producono cultura, né i primi, né i più ascoltati. Abbiamo pertanto bisogno di un cambiamento di mentalità pastorale, che non vuol dire passare a una pastorale relativistica. La fede – specialmente in Europa, ma pure in gran parte dell’Occidente – non costituisce più un presupposto ovvio del vivere comune, anzi spesso viene perfino negata, derisa, emarginata e ridicolizzata.  Se c’è una evidente “eclissi del senso di Dio” possiamo ripartire proprio dal sole che sorge per rischiarare, festa dell’amore di Dio per noi. 

Natale, infatti, è il primo Vangelo ed è per tutti. “Pace agli uomini che Egli ama, amati dal Signore”, tutti e ognuno in modo personale. Questo amore Dio ce lo dona e ce lo affida. Ci ama e ci chiede di amarci come Lui, di abbassarci anche noi dall’alto del nostro io per riconoscere il prossimo e illuminarlo con attenzione, fiducia, speranza vera. Che Gesù e i suoi fratelli più piccoli possano trovare posto nella mangiatoia del nostro cuore e nelle nostre giornate per illuminarle di amore, nella preghiera e nel servizio.

“Ci domanda di essere simili a Lui, perché Egli si è fatto simile a noi”. Il Santo Cardinale Newman diceva “questo è il tempo dell’innocenza, della purezza, della dolcezza, della gioia, della pace». Certo, troviamo un bambino! Perché non un adulto che risolva tutto, che tolga i problemi, un programma che garantisca tutte le risposte, un Re che si imponga, cui delegare i problemi, da assecondare senza pensare e senza scegliere?

Un bambino i problemi ce li porta, chiede tutto! Dio avrebbe potuto imporsi con la sua gloria, schiacciarci con la sua potenza. No! È venuto come il più piccolo, per liberarci dalla paura della nostra e dell’altrui fragilità. E’ disarmato per mostrarci la vera forza e perché tutti possiamo prenderlo con noi, avere confidenza con Lui, avvicinarci come i pastori, sentirci amati da Lui.

Questo è il cristianesimo: l’amore di Dio per noi. Gesù non trova posto – che scandalo a ben vedere! – perché tutti possiamo accoglierlo e rivela come l’amore per noi stessi lo lascia fuori. Solo aprendo le porte del cuore, lo possiamo incontrare. Bisogna abbassarsi sulla debole presenza di Dio per diventare grandi, perché il suo abbassamento è la sua vittoria e la sua onnipotenza.

Scriveva il Cardinale Biffi: “Noi che aderiamo attraverso la fede al suo mistero ed entriamo nella sua comunione vitale diventiamo – con lui, in lui, e per lui – vincitori indiscutibili, vincitori non insidiabili, vincitori perenni”. La vittoria del Natale è l’amore, solo l’amore. Vinciamo perché amati da Lui e perché seguiamo Gesù nell’amore. Proviamo anche noi il semplice e umanissimo sentimento per quel bambino che “scende dalle stelle”, il re del cielo che “viene in una grotta al freddo e al gelo”. Sì, “quanto ti costò l’avermi amato”. “A morir per me Tu pensi o Dio e che altro amor fuori di te poss’io?”. Sì, lasciamoci innamorare anche noi da questa povertà, “giacché ti fece amor povero ancora!”. Per nascere anche noi con Lui, per affidarci a Lui ed essere forti del suo amore. 

24/12/2019
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