Meditazione al Rosario del 31 marzo

Bologna, Monastero Corpus Domini

La Quaresima è stata sempre un periodo di cambiamento interiore. Non ce lo chiedeva nessuno, non corrispondeva a nostre esigenze immediate, eppure era così necessaria per ritrovare noi stessi, per “rientrare in sé”, come avvenne al figliolo giovane quello del consumo, del prendere per sé e spendere per sé, del pensare di stare bene perché si possiede, evitare i problemi, non pensare, insomma vivere per se stesso.

Ma anche la Quaresima ci aiuta a trovare la Pasqua, a vedere la luce che dà senso a tutta la vita, questa e quell’altra! La Quaresima che stiamo vivendo non la dimenticheremo e ci fa capire, forse come nessun’altra, quanto abbiamo bisogno di combattere contro il male, di iniziare a cambiare il nostro cuore perché il deserto diventi un giardino.

E’ una questione di amore, di vita come stiamo capendo in questi giorni: il male ci isola, ci fa stare lontano dalle persone che amiamo; spegne la vita e gli toglie significato e questo non lo possiamo accettare. Apriamo il cuore all’amore lasciandoci abbracciare tornando alla casa dell’amore, perché in fondo è questo che cercava il Padre e desiderava il figlio. Queste settimane ci hanno aperto gli occhi e per questo cerchiamo di capire quello che stiamo vivendo e non aspettare solo che “passi a nuttata” perché questa nuttata ci chiede luce, ci rende consapevoli e sensibili alle nuttate molto più lunghe e disperanti di tanti, invita ad essere vicini a chi ne paga di più il prezzo, ispira la passione a ricostruire.

Le macerie, le sofferenze e le difficoltà non finiranno il giorno in cui potremo ricominciare ad uscire, anzi forse solo allora ce ne accorgeremo completamente. Il figlio più giovane diventa finalmente uomo, adulto, smette l’adolescenza e il giovanilismo, capisce la vita, la cattiveria di un mondo dove è l’interesse che comanda (i porci valevano di più della sua fame, le ghiande del suo dolore, come le cose valgono più delle persone, la burocrazia dell’uomo, le convenienze della sofferenza) che il male è una cosa seria, che ci riguarda tutti, che osservare distrattamente e presuntuosamente da lontano non protegge, che la bolla di sapone si rompe e ci ritroviamo nella stessa situazione che ci sembrava non avesse niente a fare con noi.

E questa solidarietà con tutti non dobbiamo perderla, perché contrasta la logica individualista le difficoltà dell’Europa ad una risposta unitaria e anche il piccolo individualismo che ci porta a chiuderci ancora di più. Stiamo capendo che abbiamo bisogno degli altri, che non si può vivere isolati e che ognuno di noi può essere l’altro che mi aiuta, che mi fa stare bene, che mi saluta. 

La settima arma di Santa Caterina è la memoria della Santa Scrittura, da portare sempre nel nostro cuore. In tempo di digiuno eucaristico rappresenta forse l’indicazione più grande, nutrirci della Parola. Cambiare è masticare il pane della parola, non potendo farlo con il suo pane e per nutrirci con più consapevolezza quando sarà possibile.

Chi legge la Parola inizia ad essere un uomo spirituale e interiore“. Da lei dobbiamo prendere consiglio, in tutte le cose, come da fidatissima madre. Immaginate i brani del Vangelo e delle Epistole, che ogni giorno udite nella Messa, come altrettante lettere del vostro celeste sposo; custoditele nel vostro cuore, con grande fervente amore, pensate ad esse il più possibile”. Grazie Santa Caterina.

Lettere di amore che ci fanno sentire amati e ci insegnano ad esser forti di amore da donare per vedere la luce ed essere luce. Quella che vince le tenebre e non finisce. 

31/03/2020
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