messa dei giornalisti

Bologna, Cattedrale, cripta

Nel 1923 il Papa Pio XI, assegnando ai giornalisti S.Francesco di Sales come loro speciale patrono, ricordava che quando il Santo nel 1594 era stato mandato giovane sacerdote a esercitare il suo ministero nello Chablis, non si accontentò della forma classica della predicazione, ma fece ricorso anche a foglietti volanti che diffondeva tra la gente. In tal modo, la sua passione apostolica riusciva a raggiungere anche coloro che erano logisticamente e ideologicamente lontani da lui.

Era, diceva il papa, una specie di anticipazione del “giornalismo”. E in realtà, può in qualche senso essere definito “giornalistico” lo stile che contraddistingueva quegli scritti: uno stile arguto, efficace, atto a cogliere la valenza perenne dei fatti che passano, capace di esporre con lucida brevità il proprio pensiero.

Quei rapidi testi sono stati poi raccolti in un volume intitolato “Controversie”. E si leggono ancora oggi con gusto, perchè conservano una freschezza espressiva e una vibrazione di luce non effimera, che li mantengono vivi a quattro secoli di distanza.

Guidati da tale esempio singolare e fiduciosi nell’intercessione presso il Signore di questo antico “collega”, i giornalisti possono oggi riflettere con serenità sui loro compiti e sulle doti richieste dalla loro professione.

1. Il dovere preliminare del giornalista è quello di saper scrivere, cioè di essere in grado di attendere al lavoro della penna in modo che le parole costituiscano una limpida ed essenziale comunicazione delle notizie e delle opinioni. Si capisce, senza alterare o mutilare le notizie per farle concordare con i propri schemi mentali, e senza deformare caricaturandole le opinioni, perchè risultino più confutabili.

Non è facile – ce ne rendiamo conto benissimo – esprimersi in una lingua comprensibile e interessante per tutti, senza indulgere alla banalità e al sensazionalismo; in una lingua che sia sobria e pertinente, senza essere arida e avara; in una lingua che sia possibilmente anche piacevole, senza artifici inutili e vani compiacimenti. Non è facile soprattutto per chi è perpetuamente alle prese con la ristrettezza dei tempi e la tirannia degli spazi; e non può certo avvalorare la sua pagina con molta meditazione e molti ripensamenti.

2. Ma c’è un dono più sostanziale da chiedere a Dio: ed è quello di mantenersi saldamente nel servizio e nel culto di ciò che è giusto e vero, pur vivendo in mezzo a mille tentazioni contrarie. Che è il modo per aiutare i fratelli a non cadere nello scetticismo e a continuare ad aver fiducia in chi – disponendo nei mezzi di comunicazione – fatalmente diventa la guida degli altri in mezzo alle nebbie del mondo.

Gli scritti di san Francesco di Sales sprigionano un senso di sano ottimismo, proprio perchè egli offre al lettore la riposante impressione di essere un amico fedele della verità: la cerca per rilevarla intera dovunque la trovi; sa scorgerne i frammenti perfino tra le affermazioni dei suoi avversari; non tenta di asservirla a fini preconcetti o a
interessi di parte.

L’augurio che facciamo cordialmente ai giornalisti è di essere provvisti, come il loro Santo protettore, di forti e incrollabili convincimenti circa quei valori intramontabili senza dei quali non si può sperare che l’uomo sopravviva nella sua dignità.
Chi possiede tali persuasioni, non cadrà mai in balia di un relativismo accomodante, che rende succubi e compiacenti a ogni mutevole moda di comportamento e a ogni prevaricazione culturale che di volta in volta prevalga.

3. San Francesco di Sales ci imparte un altro insegnamento che un giornalista cristiano non può disattendere, ed è che l’amore per la verità non deve mai violare il comando dell’amore fraterno e del rispetto cui ha diritto ogni figlio di Dio.

Conosceva anche lui l’arte sottile dell’ironia e non rifuggiva, se era il caso, neppure dalla polemica aperta.

Ma – a detta di chi gli era ostile – da ogni suo scritto traspariva immancabilmente un soffio di carità, una benevolenza di fondo, che finiva col regolare e moderare ogni disputa, senza per questo rassegnarsi ad alcun compromesso e senza fare dell’irenismo un valore supremo.

Spesso la maniera più convincente che noi abbiamo di manifestare considerazione e stima verso i nostri interlocutori è quello di dire con franchezza il nostro pensiero e di non nascondere il nostro dissenso. Purchè tutto ciò avvenga senza astio, senza malignità, senza la volontà di infliggere umiliazioni e ferite.

È capitato non di rado che dopo un contrasto anche aspro e severo – purchè sempre contenuto nei termini della correttezza, della lealtà e della buona fede – molti malintesi si siano dissipati e siano fiorite addirittura delle amicizie.

4. Proprio dall’amore per la verità, accompagnato dalla verità di un reale amore fraterno, scaturisce il miglior servizio che si possa rendere alla libertà. Si capisce, alla libertà vera, e non agli asservimenti che si fregiano di questo nome.

C’è chi si illude di essere libero perchÈ ha la mente defraudata di ogni conoscenza autentica e il cuore disimpegnato e senza ideali. È l’illusione del “pensiero debole”, è l’equivoco del dogmatismo laicista che non tollera certezze tranne che la sua propria, è la contraddizione di ogni relativismo, che si presenta come il solo principio assoluto. Senza un solido aggancio alla verità, la libertà è solo apparente: è la libertà della foglia che segue ogni soffio di vento; è la libertà del fuscello rapinato da ogni onda del fiume in cui è caduto; è la libertà di essere schiavi di tutti e di tutto.

Cari giornalisti, che vi siete radunati attorno all’altare del Signore e solo da lui cercate la luce e la grazia per attendere con frutto alla vostra missione, san Francesco di Sales vi aiuti a capire bene e a inverare, nella vostra professione e nella vostra vita, la nitida parola dell’unico Salvatore del mondo: “Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv. 8, 31-32).

24/01/1997
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