Messa esequiale di Giorgio Guazzaloca, già Sindaco di Bologna

In questo tempo di Pasqua siamo tutti aiutati a meditare ed a contemplare la forza e la luce di Dio. Gesù rivela il suo amore per illuminare il mistero del male e della morte che, nonostante sia l’unica certezza della nostra vita, ci inquieta sempre, ci turba, ci trova in fondo impreparati, rattrista la vita di chi deve partire e di chi rimane. Avviene così perché la vita domanda vita, perché la vita sono legami e incontri e addolora l’assenza, perché le cose essenziali sono quelle che non si vedono, ma abbiamo sempre tanto bisogno dei nostri sensi. Non possiamo accettare la fine. Ci interroghiamo anche con la stessa tristezza profonda, con la sottile malinconia, con la paura o direttamente con le tante domande sui perché che ogni tanto si riaffacciano inaspettate. Dio nella Pasqua chiarisce da che parte sta Lui e anche da che parte stanno gli uomini, spesso assurdamente complici proprio del male, che alzano croci di sofferenza, di violenza, di colpevole indifferenza, proprio loro che devono morire. Dio non manda un altro. Viene Lui. Dio non parla, non fa prediche da un pulpito irraggiungibile: ama e paga di persona. Dio non vince, perde. Dio eterno si fa mortale. E’ proprio questa scelta che scandalizza i discepoli e noi, che facciamo fatica a credere che il chicco di grano solo se cade a terra e muore può dare frutto. Se rimane solo, invece, se si conserva, se salva se stesso, in realtà finisce. E’ questo il segreto dell’amore che vuol dire anzitutto la gioia di donare e ricevere gratuitamente. E quanto è vero che solo quello che regaliamo agli altri rimane di noi, a noi e dopo di noi. Mi sembra che le tantissime testimonianze di questi giorni, da quelle istituzionali a quelle anonime, ce lo hanno dimostrato per il caro Giorgio Guazzaloca. E’ il segreto della vita oltre la vita. Noi vediamo da questa riva allontanarsi la fragile imbarcazione della nostra esistenza, che si distanzia dalla nostra vista, perdendosi nell’orizzonte immenso del mare, sempre così “grande”. Ma siamo anche certi che dall’altra riva del mare qualcuno vedrà poco a poco avvicinarsi quella fragile imbarcazione, diventando sempre più nitida e chiara. “Non sia turbato il vostro cuore”. Gesù stesso ha provato turbamento. Le sue sono parole di un condannato a morte per amore, quindi tanto diverse da quelle così fastidiose delle frasi consolatrici di rito, irritanti perché dette da chi sta bene a chi soffre, per illudere ma non risolvere il problema dell’assenza. Ed è venuto ed è morto proprio per vincere il male.
Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, essi sono nella pace, e risplendono fin da adesso come scintille nella stoppia, scorreranno qua e là. Giorgio Guazzaloca è stato un uomo giusto, come confermato da tantissimi in questi giorni di cordoglio e oggi di lutto cittadino, e ringrazio il Sindaco Merola per la scelta di rendere questa giornata comune a tutti, onorando così un figlio di Bologna, espressione dell’anima della nostra città, misto di bonomia, umanità, realismo, incanto, accoglienza, solidarietà. Carissime Egle, Giulia e Grazia, famigliari tutti, e quanti in tanti modi avete vissuto e collaborato vicino a Giorgio, oggi sentite prossima come forse non mai tutta la “sua” Bologna. Giorgio difendeva le sue convinzioni, ma la sua vera parte era la città. Il cardinale Biffi, grande amico di Guazzaloca, scrisse di lui. “Avevo avuto rapporti di stima e collaborazione con ambedue i sindaci precedenti, Renzo Imbeni e Walter Vitali. Stavolta i buoni rapporti avevano preceduto l’investitura a primo cittadino: ho conosciuto Giorgio Guazzaloca quando era soltanto a capo dei macellai, ed era molto fiero della sua professione. Si è instaurata subito una reciproca simpatia. Apprezzavo in lui l’autenticità umana e la semplicità del tratto, tipica della gente del popolo, la concretezza e il buonsenso del suo dire, l’amore caldo e incondizionato per la sua Bologna”. Guazzaloca, a sua volta, riconobbe nel cardinale un tratto che era, mi sembra, così presente anche in lui e che li univa entrambi, oltre l’ironia e la “battaglia agli imbecilli”, che è la libertà. Coraggioso nell’affrontare le difficoltà che la vita gli ha presentato, non poche, come la sua malattia, Guazzaloca è stato un uomo libero, difficilmente classificabile in una categoria definita, civico nel senso più nobile del termine, perché voleva rappresentare il meglio che secondo lui c’era nella città e che doveva esprimere le energie per il bene di tutti, quello che i meccanismi tradizionali facevano fatica a compiere. Amava la città, ma come ha scritto qualcuno, lontano da inni tromboni alla bolognesità, perché sapeva vedere le rughe della città e non le copriva con il cerone. Soprattutto pensava di doverlo fare con l’esempio, con l’onestà, la dirittura morale. Era allergico alle etichette, attento all’amicizia vera, pronto a pagare di persona, passionale nelle amicizie che superavano ogni schieramento, preoccupato di dare qualcosa a Bologna, fin da quando aveva iniziato il tavolo unico delle associazioni economiche cittadine, unendo appartenenze e storie diverse. Ho pensato a San Tommaso, proprio per il carattere di Guazzaloca. Tommaso è tra gli apostoli forse il più originale, inquieto, deciso, che non si accontenta di risposte banali, preconfezionate. San Tommaso era uno che pagava di persona, tanto che sono riportate le sue domande dirette, quelle che forse altri avrebbero voluto chiedere ma restavano in silenzio. Tommaso è un uomo in ricerca, come lo era la sua fede. Guazzaloca non sopportava doppiezze. Era generoso, pieno di umanità, ma senza indulgenze al ribasso. Quanti “ragazzi”, direi “cinni” hanno sperimentato in tanti modi il suo irruente, forte affetto, da padre che li curava, scommetteva su di loro, facendosi carico! Quanto abbiamo bisogno di uomini così, liberi da opportunismi o compiacenze, da doppiezze e ipocrisie, che si contrappongono all’avversario ma mai ad un nemico, senza cercare di guadagnare consensi perché si urla più degli altri, promettendo cose pur sapendo che non si possono fare, senza colpire alle spalle, senza furbizie o piccoli tatticismi per i quali tutto è possibile. Tommaso vuole conoscere la via. Vuole capire lui, non si accontenta di una spiegazione. La fede per Guazzaloca era una partita aperta. La sua mamma era molto credente. Il babbo meno.  Si sono amati tutta la vita. “Ricordava quando sua mamma arrivava in negozio e il padre conoscendo le sue abitudini le chiedeva: “O ben quante chiese hai visitato prima di venire qui?”. “Non parlo con voi che siete bestie” rispondeva con ironia la mamma.  Giorgio commentava: “Non ho mai capito perché parlasse al plurale, nonostante io non dicessi niente!”.
Io sono la via, disse Gesù. Tanto umanesimo ordinario nasce dalla sua umanità, da questa sua via. E’ quell’umanesimo che Giorgio, con forte timbro bolognese, ha vissuto e liberamente difeso fino alla fine, lottando, da uomo generoso qual era, con forza impressionante, come sempre incredibilmente attaccato alla vita. Oggi salendo in alto incontra la Madonna di San Luca, che per noi è posta proprio a metà strada, come sospesa tra la città e il cielo, per aiutarci tutti a trovare la strada e per rassicurarci teneramente in tutte le nostre ore, compresa quella della nostra morte. I portici, che volle illuminati, esprimevano anche la sua devozione profonda.
La Madonna di San Luca ti accompagni e teneramente all’incontro con Colui che è via che si apre davanti a noi, la verità piena di misericordia, la vita che non finisce perché tutta di amore. In pace.

29/04/2017
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