Messa in suffragio del cardinale Biffi a cinque anni dalla morte

Bologna, Cattedrale

Ricordiamo nel giorno che non conosce tramonto il Cardinale Biffi a cinque anni dalla sua morte, la nascita al cielo. Preghiamo con lui e per lui. Ricordare ci aiuta sempre anche a capire chi siamo. Contempliamo la messe dove altri hanno seminato – il Cardinale con originalità, intelligenza, passione – per andare dove siamo oggi inviati, per raccogliere le messi che già biondeggiano. Senza memoria restiamo anche senza futuro! I campi attendono oggi se guardiamo con gli occhi della fede che ci strappano dal contemplare noi stessi, dallo scrutare gli specchi che ci rendono in realtà prigionieri del nostro io. “Guardate fuori, non guardatevi allo specchio. Rompete tutti gli specchi di casa”, ha invitato Papa Francesco. Il seme della Parola ci apre gli occhi e il cuore. 

La memoria ci rende consapevoli del transitorio che siamo ognuno di noi e quindi della necessità di non perdere tempo e opportunità, di sottrarci dai conflitti sterili, interni, ideologici per raccogliere e trasmettere, verbi fondamentali in ogni esperienza umana e ancora di più in quella ecclesiale, il seme della Parola.

Si raccoglie amando questa madre che è la Chiesa, facendo nostra la sua storia, coscienti che la vita non inizia e non finisce con noi, servendo una casa che è prima di noi e sarà dopo di noi. Quando ricordiamo il tanto che abbiamo ricevuto capiamo meglio la necessità di trasmettere a chi viene dopo.

Ricordiamoci l’ammonimento dell’apostolo che chiede di stare bene attenti a costruire e a come si costruisce, scegliendo il materiale perché la casa sia preziosa e duratura. (1 Cor. 3, 10-12) “Ciascuno stia attento come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo. E se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia, l’opera di ciascuno sarà ben visibile: la farà conoscere quel giorno che si manifesterà col fuoco, e il fuoco proverà la qualità dell’opera di ciascuno”. Gesù semina con abbondanza il suo seme perché vuole che la terra non sia sterile, ha fiducia, ha compassione dell’uomo, non lo giudica. Gesù non ha il giudizio pungente dei farisei, che si difendono dall’umano credendo così di conservare la verità.

Dobbiamo comunicare questa verità di amore, seme della parola e dell’amore che Gesù ha affidato alla sua Chiesa e ad ognuno di noi. Solo mettendoci a lavorare, a costruire, capiamo la Chiesa, che è sempre una, nelle varie stagioni, diversa e sempre la stessa, non perché uguale a se stessa, ma perché vive l’unico vangelo di Cristo. Guai a dividerla.

Se la amiamo la amiamo tutta, anche nel suo peccato e nella sua diversità, per renderla migliore, anzitutto con la nostra conversione personale, con la nostra preghiera, con il servizio; difendendola, mai attaccandola, amando e nutrendo la comunione che è dono di Dio, comunione della terra e del cielo.

Infatti la prima cosa che cerca di fare il mondo è dividere, seminare inimicizia. E’ il male che ci insegna a disprezzare la provvidenza e a fidarci di noi e delle nostre opere, suggerendo di togliere la zizzania mettendo così in pericolo il grano. Per capire la Chiesa non si deve leggerla con le categorie del mondo ma con quelle dello Spirito.

“Guardiamo la Chiesa come fa lo Spirito, non come fa il mondo. Il mondo ci vede di destra e di sinistra, con questa ideologia, con quell’altra; lo Spirito ci vede del Padre e di Gesù. Il mondo vede conservatori e progressisti; lo Spirito vede figli di Dio. Lo sguardo mondano vede strutture da rendere più efficienti; lo sguardo spirituale vede fratelli e sorelle mendicanti di misericordia. Lo Spirito ci ama e conosce il posto di ognuno nel tutto: per Lui non siamo coriandoli portati dal vento, ma tessere insostituibili del suo mosaico”.

La Chiesa guarda con interesse il mondo, con simpatia, annuncia solo il Vangelo, accetta la sfida dell’arte pastorale perché vuole portare, come scriveva il cardinale “all’esplicita conoscenza di Cristo quei nostri fratelli che sventuratamente ancora non ne sono beneficiati”.

Per questo Biffi ricordava ai cristiani, di fronte alle sfide dei cambiamenti che chiedono una fede non illanguidita, le “indeclinabili responsabilità che hanno nei confronti di tutti i nuovi arrivati (musulmani compresi). Per essere buoni evangelizzatori però essi devono crescere sempre più nella gioiosa intelligenza degli immensi tesori di verità, di sapienza, di consolante speranza che hanno la fortuna di possedere. Senza dubbio è dovere nostro l’esercizio della carità fraterna. Di fonte ad un uomo in difficoltà – quale che sia la sua razza, la sua cultura, la sua religione, la legalità della sua presenza i discepoli di Gesù hanno l’obbligo di amarlo operosamente e di aiutarlo a misura delle loro concrete possibilità. Di questa responsabilità noi siamo tenuti a rendere conto al Signore; ma solo a lui e a nessun altro”. Ecco. E’ il giudizio del Signore che dobbiamo temere. 

La Chiesa eredita e trasmette la vita perché come scrive l’Apostolo Paolo “attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio” e “geme e soffre nelle doglie del parto”. La vita cerca la vita, l’eternità, quello che va oltre, che non finisce. Il seme è la risposta di Gesù: in esso è la vita, l’inizio che genera il suo amore.

E’ piccolo perché raggiunga tutti; cerca il terreno buono che è il cuore perché non ha senso il seme da solo! In un mondo che crede di conservarsi vivendo per sé e che scappa dalla morte e ne è quindi ancora più vulnerabile, Gesù ci insegna che solo perdendo la vita, morendo a se stessi, si trova la vita. Che senso ha la vita altrimenti?

Biffi scriveva con grande realismo: “Gesù ci porta anche alla miglior comprensione di noi stessi: ci fa conoscere chi siamo in realtà, quale sia lo scopo del nostro penare sulla terra, quale ultima sorte ci attenda. Il dilemma tra essere increduli e essere credenti è in realtà il dilemma tra il ritenersi collocati dentro un guazzabuglio insensato e il conoscere di essere parte di un organico e rasserenante disegno d’amore. La speranza è che qualche evento venga a darci un senso e un traguardo. E di niente l’uomo, anche quando superficialmente lo nega, ha più pungente necessità come di questa speranza. La morte è un fatto. A un fatto soltanto un altro fatto può opporsi vittoriosamente. Solo l’avvenimento del trionfo sulla morte, cioè l’avvenimento della resurrezione di Cristo, come principio e speranza della nostra, può salvare l’uomo dall’avvenimento della morte; vale a dire, può salvare l’uomo dalla sua invalicabile assurdità”.

Il suo umorismo ci libera da tante presunzioni e dalle alte valutazioni di sé. La sua originalità ci sveglia dal farci cullare dal pensiero comune, dal pensare a sé. Il suo amore assoluto per Cristo ci aiuti a capire e a non perdere per qualche consenso facile la vera libertà. Con Biffi preghiamo per la nostra Chiesa di Bologna, per il nostro paese, perché i cristiani siano tali, perché Dio trovi la fede, non surrogati o penosa caricature, e i cristiani accolgano il seme della Parola di Dio e diano frutti con la terra buona del loro cuore, si riconoscano perché amici di credibili di Cristo, anzitutto da come amano. 

“Gesù, Figlio di Dio, Signore dei vivi e dei morti, Salvatore del mondo, abbi pietà di noi. Per la tua croce e la tua resurrezione mandaci lo Spirito di Verità, facci conoscere il Padre, edifica la Tua Chiesa, guidaci al regno eterno. Amen”.

11/07/2020
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