Ordinazioni diaconali

1. Miei cari fratelli e sorelle, Gesù manifesta e realizza la vicinanza di Dio all’uomo, la venuta cioè del Regno dei cieli, guarendo l’uomo dalle sue malattie fisiche. Quando Giovanni «mandò a dirgli …: sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro? Gesù rispose: andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: … i lebbrosi sono guariti» [cf. Mt 11,2-6].

La guarigione della malattia fisica era però anche il segno di un intervento più profondo compiuto da Gesù a beneficio dell’uomo ammalato: la remissione dei peccati, la rigenerazione dell’uomo nella vita divina.

Tutto questo risulta con particolare evidenza quando Gesù guarisce i lebbrosi. L’equivalenza fra la devastazione che la lebbra produce nel corpo di chi ne è colpito e la deturpazione che il peccato opera nella persona che lo compie, non è difficile da vedere. Mi limito a qualche accenno.

La lebbra costringeva il lebbroso ad isolarsi dal consorzio umano e a rompere ogni legame sociale; il peccato causa la disgregazione della comunità umana. Nel lebbroso avviene una progressiva decomposizione di tutto il corpo; il peccato è la corruzione della persona in ciò che essa ha di più prezioso: l’alleanza della sua libertà colla divina Sapienza.

            I dieci lebbrosi di cui parla il Vangelo sono il simbolo di tutto il genere umano, poiché ognuno di noi è corrotto dal peccato, come insegna l’Apostolo: «tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù» [Rom 3,23-24]. Ed in questa condizione l’uomo “deve fermarsi a distanza” dal Mistero divino.

Ma il Signore “per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo”, e ci ha liberati dalla nostra condizione, come fece coi dieci lebbrosi.

Vorrei richiamare a questo punto la vostra attenzione sulla guarigione di un altro lebbroso, narrata nella prima lettura. Essa è descritta nel modo seguente: «Naaman Siro scese e si lavò nel Giordano, secondo la parola dell’uomo di Dio, e la sua carne ridivenne come la carne di un giovinetto; egli era guarito». L’Apostolo Paolo scrive ai cristiani di Efeso che «Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stessa per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell’acqua accompagnato dalla parola» [Ef 5,25-26].

Miei cari fedeli, l’insegnamento del Profeta, dell’Apostolo e del Vangelo è allora chiaro. L’ordine di Gesù di mostrarsi ai sacerdoti indica chiaramente che nessuno di coloro che peccano verso Dio, anche se s’allontana dal peccato ed anche se lo controbilancia con le opere del pentimento, può ricevere il perdono da se stesso se non è purificato dall’acqua del battesimo e in seguito dal sacramento della confessione.

Ma la pagina evangelica vuole soprattutto richiamare la nostra fede a considerare che questa opera divina della nostra guarigione è solo grazia. Nulla è dovuto da parte di Dio all’uomo, e pertanto l’attitudine più giusta è per l’uomo la gratitudine. La cosa più grande e più difficile da ammettere per l’uomo è di ammettere che è la grazia del Salvatore a sostenerlo, a costruirlo. Questa ammissione si chiama gratitudine.

2. Miei cari fratelli che fra poco sarete diaconi, la parola di Dio vi rivela in quale grande evento di salvezza voi da questa sera sarete inseriti: diventerete ministri della redenzione.

Inizierete col sacramento del diaconato ad essere il segno visibile di quella vicinanza di Cristo alla “lebbra dell’uomo”, la quale solamente è capace di guarire. Quale stupenda coincidenza in particolare per voi, figli di Francesco: è nell’incontro con un lebbroso che Francesco comprese e sentì il senso della sua vita e della sua missione.

Il Diacono è il servo della carità perché in qualunque gesto che egli compie, rende presente la “grazia del Signore nostro Gesù Cristo”. E la grazia è la Presenza di Cristo riconoscendo la quale e consentendo alla quale, l’uomo rivive la stessa esperienza del samaritano: «vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce».

«Vedendosi guarito»: siete resi capaci dal sacramento di far vivere all’uomo un’esperienza mirabile. L’uomo si guarda: si vede guarito. Guarito da una vicinanza, da una grazia di cui siete ministri. E fate compiere all’uomo l’unico vero cambiamento di rotta: «tornò indietro lodando Dio, a gran voce». Ponetevi al servizio di questo “ritorno”.

13/10/2007
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