ordinazioni presbiterali

Bologna, Cattedrale

Carissimi, che con trepidazione e intima gioia state per essere investiti e segnati dallo Spirito del Signore risorto, la vostra ordinazione presbiterale si colloca nella festa della Esaltazione della Croce e a pochi giorni dalla grande esperienza di fede del Congresso Eucaristico Nazionale. Niente avviene a caso nella vicenda umana, che arcanamente ma indubitabilmente si svolge secondo il disegno del Padre.
Queste due circostanze, che a una prospettiva mondana sembrano del tutto fortuite, sono un messaggio provvidenziale rivolto a voi dalla sapienza divina; un messaggio che non dovete lasciar cadere, un messaggio che anzi custodirete nel cuore per tutta la vostra vita sacerdotale che io vi auguro lunga e feconda di bene. Il messaggio è questo; voi – come tutti i vostri confratelli, ma con più lucida consapevolezza e decisione più meditata – dovete farvi gli annunciatori coraggiosi della croce di Cristo e i testimoni persuasivi della sua sorprendente donazione eucaristica.
Croce ed Eucaristia non sono tra loro due realtà eterogenee e separabili. Evocano anzi lo stesso sacrificio della Nuova Alleanza, che sul Calvario storicamente si compie e sull’altare mistericamente si ripresenta per coinvolgerci nella sua dinamica di salvezza. “L’evento salvifico trova il suo cuore e il suo vertice nel sacrificio del Calvario, in quanto è premessa e ragione dello splendore della Pasqua”; e proprio “la contemplazione di questo mistero è il presupposto indispensabile di una adeguata comprensione del sacramento dell’Eucaristia” (cf Documento Dottrinale p. 15).
Onesti annunciatori della croce, voi non illuderete nessuno che ci sia per l’uomo una via di realizzazione di sèe alla felicità che non passi dalla collina del Golgota. Ed è una lezione che riterrete valida prima di tutto per voi.
Qui starà anche il segreto della vostra efficacia apostolica. Il Vangelo non vi promette facili successi pastorali; piuttosto ci ammonisce tutti con il paragone del seme, che in lento e silenzioso disfacimento si macera nell’ombra e nell’umidità della zolla.
La società, alla quale siete inviati, è però allergica a questa idea; essa induce a dar importanza più allo spettacolo acclamato che alla sostanza interiore, più all’indice di ascolto che alla verità, più a ciò che suscita applauso immediato che a ciò che è giusto e duraturo.
Ma così questa società non è più sulla strada percorsa dal Salvatore, di cui oggi diventate le “immagini” vive davanti ai vostri fratelli. Soprattutto questo atteggiamento non è ciò che egli si aspetta da voi: non vi manda nel suo campo – o almeno non vi manda necessariamente – come mietitori trionfanti, ma come seminatori nella fatica e talvolta anche nella pena.
Secondo la narrazione di Giovanni, Gesù propone la legge della fecondità spirituale proprio la sera del suo ingresso in Gerusalemme mentre si spegnevano le acclamazioni di coloro che sognavano un’affermazione del Regno di Dio agevole, rapida, senza la croce: “In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,24).
Siate poi ministri attenti e coerenti dell’Eucaristia. Qui basteranno poche riflessioni a completamento di ciò che si è detto nella settimana degli esercizi spirituali di preparazione.
Ricordate che l’Eucaristia è un banchetto riservato a coloro che sono rinati “dall’acqua e dallo Spirito”. Ogni celebrazione perciò deve riscoprire, per così dire, il nostro battesimo e riproporcelo come norma e ispirazione dell’esistenza. In ogni messa deve dunque inverarsi sempre più profondamente il mistero del nostro passaggio dalla vecchiezza mondana alla vita nuova dei redenti.
Ricordate a tutti che questo gesto porta a compimento il mistero della nostra incorporazione in Cristo: legandoci vitalmente a colui che è il nostro capo, deve fonderci anche tra noi, oltrepassando ogni discordanza di mentalità, di gusti, di orientamenti spirituali. Ogni messa è un tentativo rinnovato dell’amore di Gesù di trasfigurare un gruppo di battezzati estranei tra loro in una comunità di fratelli. È un tentativo che incontra l’inerzia onnipotente dei cuori umani; proprio per questo il tentativo viene quotidianamente ripetuto, perchè il Signore non si arrende mai.
Ricordate a voi e agli altri che ogni messa è atto di tutta la Chiesa particolare, che trova il suo centro visibile e il suo primo animatore nel vescovo. Un rito che fosse compiuto al di fuori della comunione col vescovo o addirittura in contrasto con lui, avrebbe smarrito il suo significato originario e non potrebbe essere presentato agli uomini come la “cena del Signore”.
Soprattutto non dimenticate mai – e non permettete che venga dimenticato – che ogni messa appartiene a tutta la Chiesa, è una presenza e un’azione del “Christus totus”, nel quale l’Eucaristia ci innesta in maniera sempre più decisiva.
Perciò le sue proporzioni e la sua efficacia sono sempre universali. La fede e l’amore che scaturiscono da un’assemblea liturgica, per quanto dimessa e deserta, hanno sempre dei riflessi cosmici; e coinvolgono al tempo stesso tanto il più remoto e sperduto cristiano in terra quanto il più luminoso abitatore del cielo.
Questo convincimento sia sempre il sole e in conforto di tutti i giorni che il Signore vi darà di spendere per lui come suoi ministri: rivivere sacramentalmente il sacrificio che ha riconsacrato l’universo, dilata sempre il nostro piccolo essere e inserisce immancabilmente la nostra pochezza negli ampi spazi del Regno dei cieli.

13/09/1997
condividi su