S. Disma

Quanta gioia oggi! E non è gioia di un singolo come il benessere che rincorriamo o di qualche privilegiato o fortunato. Di tutti. “Le gioie condivise sono più abbondanti per tutti”. Questa è la gioia di Dio, come avviene sempre quando l’amore è donato, perché c’è più gioia nel dare che nel ricevere. Per capirlo bisogna solo regalare (senza ricompensa o rimborso di nessun tipo!). Le porte di questa casa ci sono state aperte e siamo entrati insieme. Dio non chiude, non selezione prima, non alza dogane per essere sicuro ed evitare imprevisti. Questa è la casa del Padre misericordioso della parabola. E’ una casa con le porte aperte, perché c’è qualcuno che ama. L’amore, solo l’amore, vince la paura. Non chiudetele pensando a voi, vivendo per voi. Ci dovrebbe essere sempre qualcuno sulla porta a dire: “Ecco, stavo aspettando proprio te! Sei a casa! Che gioia vederti!”. E’ una casa di amore e come vorrei che questo si manifesti: Gesù ci rivela quello di Dio e noi facciamolo vedere ai fratelli! Non è un albergo, dove incroci sconosciuti, ma una casa dove impariamo ad essere familiari, figli, fratelli e anche padri, madri, chiamati da Gesù. Manifestiamolo nel saluto, nell’accoglienza reciproca, nell’amicizia, nella solidarietà. Ciascuno di noi è una pietra viva di questo edificio spirituale e tutte sono importanti.
Qui sentiamo l’amore di quel Padre che va incontro al figlio quando ancora era lontano. L’amore non accetta che l’amato resti lontano e desidera, direi non vede l’ora, di poterlo accogliere, abbracciare, amarlo perché abbia la dignità perduta. Al Padre gli manca qualcosa se Lui non c’é. Non pensa così il fratello maggiore che anzi è infastidito della festa: ha smesso di amare, non ha interesse a riaverlo vivo, è uguale per lui se c’è o no, anzi pensa di punire quel “figlio di suo padre” che ha sbagliato. Aiutiamo il padre perché questa sua casa sia davvero la casa di misericordia, di un amore immeritato che lui regala perché facciamo così anche noi, l’uno con l’altro, mettendo in pratica il suo comandamento che ha affidato a noi. Il vostro titolo è bellissimo: S. Disma, il Buon Ladrone, l’ultimo che diventa il primo, il primo ad entrare in Paradiso. Qui tutto ciò che è mio è tuo. Infatti è una casa di comunione, legame profondo, tanto che gli uomini, segnati come sono dalla divisione e dai confronti, hanno un cuore solo ed un’anima sola. La comunione a chi è affidata? Al parroco? E’ lui che la distribuisce? Don Paolo presiede nella comunione e voi sapete che nella Chiesa il più grande è colui che serve. Le chiavi della comunione le abbiamo tutti: usiamole. E’ casa, non una sede. Non è un luogo anonimo, distante, un club per pochi iniziati. Qui per dire mio diciamo nostro e per trovare il nostro io, dobbiamo amare l’altro. Non è una fortezza che finisce per isolare. Certo qui troviamo protezione perché è un luogo santo perché c’è Dio, dove sentiamo la forza della sua presenza, la sua santità che ci rende santi perché accende la luce nel nostro cuore, rende luminosi i nostri occhi, semplici e non cattivi, accende l’amore che abbiamo dentro e che ci fa essere uguali a Lui. Non è nemmeno una stazione, ma un luogo dove ognuno trova un posto. Guardate è facile che cerchiamo quasi spontaneamente di metterci sempre allo stesso posto che diventa il “mio”. E’ bello! Io mi trovo e gli altri mi trovano. Non sia mai un possesso, perché è un dono e ed è amore. Qui impariamo tutti ad amare, a tutte le età e a tutte le condizioni. Nessuno è così peccatore o lontano da non potere godere del suo amore. Qui si entra per incontrare Dio e si esce per amare gli uomini, perché, l’amore che qui ascoltiamo dobbiamo viverlo nelle nostre case e donarlo a tutti, perché tutti, nella Babele di tanta confusione in cui gli uomini si sentono non capiti e non riescono a comunicare tra loro, sentano parlare nella loro lingua nativa, cioè secondo il loro cuore.
Siamo suoi, siamo una comunità, apparteniamo a questo popolo santo di battezzati. Popolo di sacerdoti. Sarà unto di crisma l’altare dove viene deposto il Corpo di Gesù, presenza che si compone del corpo e della parola. Ci ricorda che tutti noi siamo stati unti con il battesimo, siamo suoi. Questa è la nostra vocazione: essere suoi e vivere il suo amore, ognuno per quello che può e deve.
Ricordati di me. Lui si ricorda. Ci ricordiamo noi di Lui o lo lasciamo qui dentro? Lui si è ricordato di noi e ci chiama assieme. Non dimentica persino i capelli del nostro capo! Ricordati di me significa “Fammi stare con te”. Un condannato a morte vuole stare con Gesù, ha trovato alla fine quello che cercava. Era troppo tardi? Non è mai troppo tardi per Dio. Anche quando tutto è perduto, tanto che nessuno può sperare qualcosa, Disma non si rassegna e cerca che Gesù si ricordi di lui. C’è sempre tempo con Gesù, fino alla fine. Disma ha fede. L’altro ladrone grida a Gesù di salvarsi, pensando a sé. Disma capisce la cosa fondamentale: Gesù muore per amore, perché solo per amore non salva se stesso. E’ la fede: salvarsi perché si ama. Per questo è il primo ad entrare in Paradiso, perché ha capito l’amore di Gesù. Si affida ad un uomo che sta per morire, fallito perché il suo regno di amore viene umiliato e preso in giro. Non aveva ragione in fondo l’altro uomo crocifisso: fa qualcosa, salvaci? Lo avevano scritto per scherno, per indicare la colpa: Re. Eppure Disma capisce che è re perché ama, non perché pensa a sé e crede che il suo regno di amore avrebbe vinto. Ecco il cristiano. Un condannato a morte che si affida a un Dio che si lascia condannare a morte pure lui per amore. Ecco qual è l’onnipotenza di Dio e la salvezza dell’uomo. “La sua volontà é la grande chiave mediante la quale sono aperti i magazzini della misericordia”, scrive Efrem il Siro. “La mano della sua bontà è con tutti tenera; fascia ogni paga, come una madre”. E questa è anche la nostra forza: amare tanto, più del male, più della vendetta, dell’indifferenza, della paura, della solitudine, della razza, dell’odio, della divisione.
La preghiera è sempre cercare di essere ricordati, anche quando ci sembra, invece, che ci ha abbandonati! Che questa sia una casa di preghiera personale (entrateci per stare soli con Lui e per trovare quello che cercate) e tra di voi (ascoltando la parola e cantando i salmi nella liturgia delle ore). Qui i momenti della nostra vita incontrano la presenza di Dio che consola e rassicura, che asciuga le lacrime e ci aiuta a vedere la luce anche quando tutto sembra spento. Cielo e terra si incontrano e la terra diventa bella e il cielo vicino.
Ci ricordiamo di tanti di cui nessuno si ricorda? Quanti? La vita di molti viene dimenticata e non vale niente, perché hanno sbagliato e sono a marcire in qualche prigione; perché non sanno più parlare, raccontare di se, perché sono anziani e confusi ma vogliono non essere umiliati con la sufficienza o con la cattiva educazione che porta a trattarli come un oggetto che non capisce. Ricordiamoci di chi ha paura perché è solo. Che possiamo dire che qui nessuno è mai solo, c’è Dio e ci sono i suoi fratelli. Ricordiamoci dei profughi che vogliono qualcuno che li prenda con sé e gli dia fiducia, che sappia capire quello che hanno nel cuore. Ricordiamoci noi di loro perché il Signore si ricordi di noi. Chi sta male o ha sbagliato abbia visite; chi è spogliato e nudo perché gli hanno tolto la dignità e la malattia lo ha spogliato della memoria, dell’autosufficienza, abbia tenerezza e pazienza, non lasciamolo solo e trattiamolo sempre con tanta cura. Chi è straniero si trovi a casa perché qualcuno lo guarda con occhi buoni. Siamo tutti come il buon ladrone e tutti abbiamo bisogno di essere ricordati. Dio non si dimentica di nessuno, perché tutti ama.  “Io mi rendei, piangendo, a quei che volontier perdona. Orribil furon li peccati miei; ma la bontà infinita ha sì gran braccia, che prende ciò che si rivolge a lei. Volentieri pedona perché è un Padre. Il peccato antico è sconfitto da Cristo”. Non abbiamo più paura di Dio e nemmeno di noi stessi! Il serpente è vinto dal suo amore. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno.
Chiedo avvenga anche qui quello che è scritto su una lapide a Santa Maria in Trastevere: “Da questa casa nessuno esce triste”. Sia sempre per tutti un luogo santo; benedici e santifica questo altare, perché sia mensa sempre preparata per il sacrificio del tuo Figlio. Nutriamoci al banchetto della parola e del corpo di Cristo. Qui lieta risuoni la liturgia di lode e la voce degli uomini si unisca ai cori degli angeli; qui salga a te la preghiera incessante per la salvezza del mondo. Qui il povero trovi misericordia, l’oppresso ottenga libertà vera e ogni uomo goda della dignità dei tuoi figli, finché tutti giungano alla gioia piena nella santa Gerusalemme del cielo. Amen

22/06/2019
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