S.Messa per l’Assunzione di Maria Vergine

Bologna, Villa Revedin

È auspicabile e bello che un figlio evochi nel suo volto i lineamenti della madre. Ma se il figlio non è un figlio comune; se il figlio è ´l’immagine del Dio invisibile, il primogenito di tutta la creazioneª, nel quale dall’eternità tutte le cose sono state pensate e volute (cf Col 1, 15-15), allora la legge della somiglianza – che pur continua a sussistere – per così dire, si inverte: sarà la madre a dover mutuare dal figlio ogni vitalità e ogni avvenenza..

Così è stato per Maria: la Madre del Signore dell’universo e dei cuori doveva essere la più vicina e la più conforme a lui. Questo pensiero ha guidato nei secoli la riflessione della Chiesa e dei veri credenti, che sempre meglio hanno visto in Maria il modello più perfetto della conformità a Cristo, la più pura trasparenza della sua santità, colei che non può non essere la più intimamente associata al destino di gloria del suo Unigenito.

Alla luce di questa intuizione si coglie tutto il senso e il valore di questa antichissima festa dell’assunzione che a mezza estate viene ogni anno a rallegrarci e darci coraggio. Questa festa è il riconoscimento della totale adesione della Beata Vergine alla sorte del suo Figlio risorto, il quale non ha conosciuto la corruzione del sepolcro e vive anche con l’integrità delle sue membra nello splendore del Padre.

Non ci meravigliamo allora che il Magistero autentico e irreformabile del Successore di Pietro – nella persona di Pio XII – abbia potuto chiarire e confermare una volta per tutte, il 1 novembre 1950, che ´l’immacolata Madre di Dio, la sempre vergine Maria, terminato il corso della sua vita terrena, è stata assunta in anima e corpo alla gloria celesteª.

La Madonna nella storia della salvezza non è però una eccezione solitaria, non è la titolare di privilegi assolutamente incomunicabili. Al contrario, in lei si può leggere – con intensità singolare – ciò che Dio vuol compiere in tutti coloro che si abbandonato al suo amore.

Questa certezza ci colma di gioia e di vibrante speranza. Una potente carica di fiducia si sprigiona dall’avventura umana di questa giovane donna ebrea, chiamata a diventare la ´donna vestita di sole e coronata di stelleª (cf Ap 12,1), di cui ci ha parlato l’Apocalisse. E noi oggi di fiducia e di serenità abbiamo un estremo bisogno, costretti come siamo allo spettacolo desolante di un’epoca che, a misura che si allontana dal Vangelo, si fa ogni giorno più, come dice san Paolo, ´senza senno, senza fedeltà, senza cuore, senza misericordiaª(cf Rm 1,31).

La Madonna con la sua vicenda ci rasserena; ma non ci dice di ignorare o di minimizzare il peccato, non autorizza nessuno a non distinguere più il bene dal male, quasi che sia chiusura mentale o intolleranza chiamare le cose con il loro giusto nome.

Nessuna creatura, anzi, come la Madre del Crocifisso, ha potuto misurare nelle piaghe stesse del Figlio suo innocentissimo le tremende conseguenze della ribellione a Dio e alla sua legge, e rendersi conto così della gravità del peccato. E tuttavia proprio lei, con il suo trionfo celeste – che ha coronato un’esistenza di nascondimento e di pena – ci invita a guardare l’esaltante generosità del Padre, oltre la meschinità e l’insensatezza degli uomini e dei tempi.

Il Creatore ha disposto che ogni colpa trovi il suo esito immancabile nella sofferenza: o la sofferenza che castiga, se il peccatore si ostina e si rifiuta di arrendersi all’amore; o la sofferenza che diventa espiazione e purificazione, quando l’uomo umiliato e dolente implora la divina pietà.

Perciò al ladro crocifisso con lui, che crede e si pente, il Crocifisso assicura: ´Oggi sarai con me in Paradisoª (cf Lc 23,43). Vale a dire: il traguardo di luce e di felicità, che ho preparato per la mia madre purissima – questa mia madre, che tu vedi qui sul Calvario patire per me e con me – sarà anche il tuo.

Questa, del buon ladrone, è la manifestazione più sorprendente della misericordia divina; ed è bello rilevare che è compiuta al cospetto e in prossimità della più innocente delle creature; quasi a dirci che l’amore del Padre vuole davvero abbracciare tutti quale che sia stata la condotta anteriore di ciascuno purchè non gli si faccia resistenza.

In virtù della sua piena e perfetta sequela di Cristo, che ha voluto condividere fino in fondo l’esperienza oscura e tragica di tutti i discendenti di Adamo, anche Maria ha compiuto il passo misterioso della morte, che tutti ci attende.

La morte è il momento in cui ogni uomo, in faccia a Dio, viene valutato per quel che vale: è il momento in cui l’intera esistenza è pesata in un giudizio trascendente, che nessun potere, nessun travisamento mondano sarà in grado di irridere o di forviare.

Ogni uomo che muore incontra la sua ´veritàª: e la ´veritઠsu un uomo non è ciò che di lui alla sua scomparsa viene detto dai mezzi audiovisivi o viene scritto dai giornali e dalle riviste; non è neppure ciò che potrebbero lasciar credere i solenni riti di suffragio che talvolta si celebrano. La ´veritઠdi un uomo è espressa solo dal parere insindacabile e irrefutabile del Signore; la ´veritઠdi un uomo è data dal giudizio di Dio.

E il parere del Signore – ce lo ha detto la Madre di Dio nel canto del ´Magnificatª – è anche capace di ´innalzare gli umiliª e di ´disperdere i superbi nei pensieri del loro cuoreª (cf Lc 1, 51-52).

La ´verità’ per Maria – giunta al compimento della sua vita terrena – è stata la gloria dell’Assunzione.
Preghiamo fiduciosamente perchè per noi la ´verità’sia almeno quella che, sulla croce, ha ascoltato il ladro pentito: ´Oggi sarai con me in Paradiso.

17/08/1997
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