saluto al convegno “a sua immagine e somiglianza”

Bologna

“A sua immagine e somiglianza (cf Gn 1,26)”? Confesso di essere affascinato dal tema di questo Convegno: affascinato dalla espressione biblica, che nel libro della Genesi inaugura il lungo discorso antropologico della Rivelazione ebraico-cristiana; ma affascinato anche dal punto interrogativo che compare nel titolo.

È proprio vero che l’uomo è l’immagine somigliante di Dio?

Credo tocchi a me – come pastore della Chiesa bolognese che promuove questo incontro, come successore degli apostoli nella terra che ci ospita, come responsabile della permanenza della verità evangelica tra le genti petroniane – rassicurare tutti, invitando a mutare la domanda in affermazione.

Creando l’uomo, Dio ha veramente voluto avere qualcuno che potesse essergli interlocutore e, per così dire, correlativo; qualcuno che, per poter entrare in rapporto consapevole con il suo Creatore, venisse costituito in una dignità quasi riverbero e analogia della sua; un’analogia remotissima, ma nondimeno autentica e indiscutibile.

Con l’incarnazione del Logos, poi, il disegno divino si precisa e si concretizza.

Cristo – Adamo ultimo e vero (cf 1 Cor 11,45) – è l’immagine di Dio (cf 2 Cor 4,4; Col 1,15); immagine che a sua volta si fa modello di ogni uomo, sicchÈ il nostro destino e la nostra “natura teologica” è di essere “conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli ” (cf Rm 8,29).

Dunque, è proprio vero: in Cristo e mediante Cristo siamo stati creati a immagine e somiglianza di Dio.

Dopo di che, avendo ricevuto dall’autorevolezza della divina parola la risposta sollecitata dall’interrogazione, si potrebbe anche dire che questo Convegno abbia raggiunto il suo scopo e possa ritenersi concluso.

In realtà, quel punto interrogativo resta, almeno come un invito a procedere nell’analisi e nella riflessione.

Vorrei fare una confidenza personale, nella speranza che resti un segreto tra noi e non venga divulgata. Il patrimonio della fede provoca nel mio spirito moltissime difficoltà. Questo non deve meravigliare: dal momento che i suoi contenuti eccedono la finitezza della mia capacità intellettiva, è ovvio che mi imbatta in tanti concetti che sono ardui da assimilare.

Il che non significa affatto che io sia incerto o esitante della mia “obbedienza” alla verità rivelata (cf Rm 1,15), dal momento che è incontestabile l’aforisma di Newman: “Diecimila difficoltà non fanno un dubbio”.

Ebbene, se mi si chiedesse qual’è la verità cattolica che mi riesce più difficile da accettare, sarei tentato di rispondere: l’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio.

Quando leggo sui giornali le notizie delle molte imprese che per essere trasgressive sono decantate come memorabili; quando ascolto ciò che dicono parecchi dei “maestri” che orientano e condizionano il giudizio comune; più ancora quando mi guardo allo specchio – si capisce, allo specchio dell’anima – e contemplo con occhi disincantati il mio mondo interiore, mi pare che quella bella frase della Genesi abbia quasi una risonanza blasfema.

Mi torna alla mente la dolente e impietosa dichiarazione di Amleto: “Io sono abbastanza onesto; eppure potrei accusarmi di tali cose, che meglio sarebbe se mia madre non mi avesse messo al mondo. Sono orgoglioso, vendicativo, ambizioso; posso con un solo cenno evocare più peccati che non abbia pensieri per meditarli, immaginazione per dar loro forma o tempo per compierli. A che giova che essere come me striscino fra la terra e il cielo? Noi siamo indegni farabutti tutti quanti” (Atto III, scena I).

Come si fa a credere che Dio si riconosca raffigurato in noi?

Ho però notato che spesso le verità di fede più faticose da accogliere sono poi le più illuminanti e salvifiche. Ed è anche il nostro caso.

Appunto perché egli è l’immagine somigliante di Dio, noi sappiamo che da nessuna degradante esperienza di malvagità e di stoltezza può essere spenta la nostra speranza nell’uomo e nella sua sorte.

Appunto perché è l’immagine somigliante di Dio, l’uomo merita sempre un affetto che non si lasci mai disanimare da nessuna esperienza di male, ha diritto a una stima sostanziale per la sua realtà nascosta e più vera, sollecita un impegno costante a difesa e promozione della sua intima nobiltà.

Capita qui come per le icone più antiche e più venerate: spesso appaiono deteriorate, rovinate da screpolature, annerite o sbiadite; ma non per questo sono meno onorate e meno amate da quanti sono mossi e rischiarati da una fede che penetra ben più in profondità degli occhi corporei.

Nel campo che più direttamente interessa questa giornata di studio la verità antropologica della “immagine somigliante di Dio” è singolarmente preziosa.

Se si sminuisce la persuasione che gli uomini abbiano un rapporto privilegiato con l’Autore dell’universo – un rapporto che li contraddistingue e li esalta fra tutte le creature – come possiamo salvarci, ad esempio, dagli eccessi di un animalismo che sembra non aver più energie e attenzioni da dedicare alla vita umana innocente, perché le ha spese tutte in una zoofilìa enfatizzata?

Inoltre, e più ancora, solo nella lucida consapevolezza che l’uomo ha un archètipo trascendente trova freno e moderazione ogni istinto “faustiano” di manipolarlo, di deformarlo secondo i nostri capricci, di considerarlo puro materiale di laboratorio senza dignità e senza diritti.

E noi tutti ci rendiamo conto che non stiamo parlando di pericoli immaginari: sono aberrazioni che incombono davvero su di noi e mettono a repentaglio la razionalità, il benessere, la stessa sopravvivenza della famiglia umana.

Questo Convegno si colloca nell’ambito della grande meditazione propostaci dal XXIII Congresso Eucaristico Nazionale su “Gesù Cristo, unico Salvatore del mondo, ieri, oggi e sempre”.

Dopo quanto si è detto, non ci è difficile comprendere che il Figlio di Dio crocifisso e risorto è nativamente e costitutivamente il “Salvatore dell’uomo, proprio perché, essendo egli dell’uomo l’esemplare eterno e inattingibile dalle ricorrenti pazzie e dalle insidie che pullulano nella storia, lo sottrae all’azione devastatrice delle ideologie disumane e disumanizzanti che connotano tristemente il nostro tempo.

Se Cristo è “l’uomo”, secondo la parola inconsciamente profetica di Pilato (cf Gv 19,5), e se noi siamo stati pensati in lui ed esemplati su di lui, ogni attentato alla sua intrinseca nobiltà riveste la malizia del sacrilegio.

Proprio perché siamo di Cristo come Cristo è di Dio – nella trama di appartenenze individuata da san Paolo (cf 1 Cor 3,23) – non possiamo cadere in balìa delle prevaricazioni di nessuno.

Proprio perché è immagine di Cristo, come Cristo è immagine del Dio vivo, l’uomo – come dice sant’Ambrogio – “esercita il dominio su tutti gli esseri viventi, è il vertice e il compendio dell’universo e la suprema bellezza dell’intera creazione” (Esamerone VI,53).

Tutta questa divagazione solo per dare il mio saluto cordiale ai relatori e ai partecipanti di questo raduno e per augurare a tutti un buon lavoro.

14/05/1997
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