Santa Messa nella Cena del Signore

“Li amò sino alla fine”. Lui che è senza fine ci ama fino alla fine. Gli uomini, invece, si tengono tutto per sé, credendo così di salvarsi e di non finire! Noi siamo in realtà segnati dal limite. Lo sfuggiamo, lo ignoriamo, come la morte, come la fragilità, come il dipendere. Cerchiamo sicurezza nel limite della giustizia, come se questa garantisca una misura sufficiente e rassicurante. Gesù supera il limite non per onnipotenza, ma per amore. Sperimentiamo tragicamente il limite dell’uomo, per cui non sappiamo proprio quante strade servono per imparare prima di poterlo chiamare “uomo” o quante volte le palle di cannone dovranno volare prima che siano bandite per sempre oppure quando il vento si poserà in un mondo che non impara a vivere senza ammazzare il proprio fratello. Il suo amore non ha limite. L’amore stesso non conosce il limite e lo supera. Il limite per Gesù era il peccato dei suoi discepoli, il tradimento di Giuda, quello di Pietro, traditore pur nella sua presuntuosa e illusoria convinzione di non esserlo. Il limite per Gesù è quello di avere a che fare con uomini appassionati non tanto da lui ma dalla infinita discussione su chi fosse il più grande, così poco attenti alle parole commosse del loro maestro, perché pieni dei confronti e dei giudizi. Gesù supera il limite. Il suo è un amore di più, di più della giustizia, della sua angoscia e della tristezza. La misericordia supera il limite, anche quello della giustizia e la completa, non la tradisce! Solo la misericordia permette di non arrendersi davanti alla logica del male, di superarlo.
In questi giorni abbiamo visto l’ennesima epifania del male, una delle tante croci che i bestemmiatori del loro Dio producono, come accadde per Gesù, ucciso in nome di Dio stesso. Dio maledice Caino, qualunque esso sia, l’uomo che alza le mani contro suo fratello e che non lo custodisce, come è sempre la guerra e la violenza.  Gesù perdona dalla croce e ci insegna che solo la misericordia può liberarci dalla terribile logica dell’occhio per occhio. Egli non è il capo dei buonisti, ma è l’unico buono, il primo che spezza la catena del male e insegna a tutti l’intelligenza e la forza dell’amore, lui che scaraventa per terra le bancarelle del tempio, che insegna ad essere astuti come serpenti, che non scende a patti con nessuna complicità del mondo. Misericordia è intelligenza, fermezza, prevenzione, perché conosce le miserie dell’altro, non fa finta, non le ignora, non aspetta che esplodano, non le ignora con il realismo di chi crede di capire perché pensa tutto a partire da sé e crede vero quello che capita a lui. Solo la misericordia previene il male, perché ne capisce e ne combatte le cause e non ne aspetta le tragiche conseguenze. E a ben vedere certe cause della violenza sono proprio le guerre che, in nome di una falsa giustizia, tragicamente provocano reazioni che durano anni. Il cristiano non vive trasognato, sospeso, come tanti che cercano in realtà solo il proprio interesse o che sono schiavi delle dipendenze, fossero i narcotici o la propria affermazione. Gesù vive per noi e scende nel profondo della storia per cambiarla con il suo amore fino alla fine. Ci ama per aiutarci ad essere liberi dalle misure avare, frutto della paura che paralizza tante energie e le vanifica.  
Consapevole della sua fine ci lascia il sacramento della sua presenza, il suo corpo. Ripeteva continuamente il Cardinale Lercaro, riprendendo la Didaché: “Se spezzeremo il pane del cielo come non spezzeremo il pane degli uomini?” Questo corpo ci chiede di riconoscerlo nell’altra presenza di Cristo, quella del fratello, a partire da quello più piccolo, il povero. L’Eucaristia è il sacramento di Cristo che conosce la fame di amore di ogni uomo e diventa nutrimento. Abbiamo bisogno di questo pane della sua misericordia senza fine, del suo amore interamente versato e spezzato, per essere suoi e per imparare a lavare i piedi. Capiamo questo dono solo se sperimentiamo personalmente la sua sorprendente tenerezza e la rendiamo forza di servizio concreto. Spezziamo il pane quando condividiamo, cioè nell’ospitalità con cui lo straniero viene accolto nella famiglia. Condividere significa pensarsi insieme e unire. Il suo sangue ci rende, diceva Papa Benedetto, consanguinei, tra sé e tra noi. Venerarlo ci aiuta a venerare l’uomo. Chi si mette in ginocchio davanti a lui non si inginocchia davanti agli idoli e saprà chinarsi sull’uomo mezzo morto e sul fratello lavandogli i piedi.
Gesù depose le vesti, cioè il suo ruolo e comincia a lavare i piedi dei discepoli. Si fa servo. Non lo capiamo, perché abbiamo un cuore da padroni e perché l’amore si capisce solo vivendolo, non in astratto o in maniera virtuale. Capiamo dopo, cioè solo iniziando, piegandosi, vedendo il bisogno dell’altro da vicino, toccando i piedi, prendendo l’acqua, chinandoci sui poveri e sul prossimo, non rimandando o restando dritti. Gesù, che è maestro, ci lava i piedi perché nessuno possa pensare di essere lui il maestro e pensi di insegnare agli altri senza piegarsi sui loro piedi. Sarete beati se lo metterete in pratica, cioè avrete gioia. Si può avere gioia nel donare, nel perdere, nel servire, invece che nel prendere, nel comandare, nel possedere? Il mondo, vero maestro che ascoltiamo continuamente, ci insegna il contrario e ci riempi di paure per cui non lo facciamo. Solo questo povero uomo disprezzato, sconfitto è re perché ama fino alla fine. Non dobbiamo avere paura di abbondare nella misericordia. Solo questa permette a piedi segnati dal cammino di rinnovarsi. Restituisce alle persone la loro dignità originaria. Lavare i piedi è il gesto dell’umiltà. E’ questa che ci fa grandi e ci fa compiere cose grandi, davvero grandi, quelle che cambiano per davvero i cuori, la vita. Nel servizio si confonde chi serve e chi è servito, perché è circolare. Ma lo capiamo solo piegandoci. Quanto amore, in realtà, riceviamo dai piccoli, dai poveri, veri fratelli nostri e del Signore!         
Vorrei in questa celebrazione così intima e nella nostra adorazione personale, cioè nel contemplare il suo amore e farlo nostro, ripetere le antiche parole: “Adoro Te devotamente. O Dio nascosto sotto queste apparenze ti celi veramente. A te tutto il mio cuore si abbandona, perché, contemplando Te tutto vien meno. Fammi credere sempre più in Te, che in Te io abbia speranza, che io Ti ami. Memoriale della morte del Signore, Pane vivo, che dai vita all’uomo, concedi al mio spirito di vivere di Te e di gustarti in questo modo sempre dolcemente. Oh pio Pellicano, Signore Gesù, Purifica me, immondo, col Tuo sangue, del quale una sola goccia può salvare il mondo intero da ogni peccato. Oh Gesù, che velato ora ammiro, prego che avvenga ciò che tanto bramo, che, contemplandoti col volto rivelato, a tal visione io sia beato della Tua gloria. Amen.

24/03/2016
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