Solennità del Natale del Signore – S. Messa del giorno

1. Cari fratelli e sorelle, la Santa Chiesa – come vi è ben noto – celebra oggi tre volte l’Eucarestia. Sia nella notte sia al mattino di questo giorno santo, essa ci invita a guardare con profondità al fatto accaduto a Betlemme. Questa sera la Chiesa ci invita a penetrare lo spessore del mistero natalizio, alla scuola del prologo al Vangelo di Giovanni che il diacono ha proclamato.

«In principio era il Verbo … tutto è stato fatto per mezzo di lui». Cari fratelli e sorelle, queste parole illuminano la “stoffa” di cui è fatta la realtà: la realtà di noi stessi, la realtà del mondo. La realtà – noi stessi, il mondo – ha avuto origine dal Verbo, dalla Sapienza di Dio. Essa quindi non è priva di senso, ma è interamente abitata da un’intima ragionevolezza. In essa è impressa e da essa è espressa, sia pure in modo limitato, la stessa Sapienza di Dio, il Verbo che è presso Dio  ed è Dio. Il mondo intero, amavano dire i grandi teologi del Medioevo, è un’opera d’arte divina, di cui l’uomo è l’interprete.

Dio e mondo non stanno di fronte l’uno all’altro come due grandezze separate ed indipendenti, dal momento che “tutto è stato fatto per mezzo del Verbo”. Siamo condotti a capovolgere la tendenza, oggi così diffusa, ad affermare nella spiegazione della realtà il primato dell’irrazionale – del caso o della necessità – e di ricondurre ad esso anche la nostra libertà.

«Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo». La divina Sapienza che «per l’universo penetra e risplende» [Paradiso I,2], illumina in modo particolare l’uomo, ogni uomo. Unica fra tutte le creature, solo la persona umana è partecipe della Sapienza divina. Ed essa dimostra questa sua peculiarità in due modi: scoprendo la sapienza divina inscritta nel mondo; ordinando  secondo ciò che conosce essere bene  l’esercizio della sua libertà. «La luce vera, quella che illumina ogni uomo», risplende infatti e nella grande impresa delle scienze con relative tecnologiche e nella coscienza morale. è il Verbo che è la luce vera, che regola il mondo e in modo speciale l’agire umano: l’uomo è partecipe in modo unico di questa luce.

«La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolto». Cari fratelli e sorelle, queste parole ci introducono nel cuore del dramma dell’uomo, che oggi non raramente cerchiamo di trasformare in gaia farsa, ma che spesso diventa immane tragedia.

Quelle parole – «ma le tenebre non l’hanno accolto» – ci conducono alla realtà originaria del peccato nella storia dell’uomo. Il rifiuto da parte dell’uomo di lasciarsi illuminare dalla luce vera è l’inizio del «mistero di iniquità». Esso è prima di tutto allontanamento dalla verità contenuta nel Verbo, che «era presso Dio», che «era Dio e senza il quale «niente è stato fatto di tutto ciò che esiste», poiché «il mondo fu fatto per mezzo di lui».

Non accogliendo la luce vera, la luce del Verbo, l’uomo eleva la sua ragione a misura ultima della realtà, per decidere da se stesso ciò che è buono e ciò che è cattivo. Dio ha fatto brillare nell’uomo la luce del suo Verbo, donandogli la coscienza morale, perché l’immagine rifletta il suo modello, la Sapienza eterna del Verbo. Il dramma  che diventa «mistero di iniquità» è il rifiuto da parte dell’uomo di quella Fonte, per la pretesa della ragione umana di diventare misura autonoma ed esclusiva di ciò che è bene e di ciò che è male.

Alla originaria ragionevolezza della realtà subentra il disordine e l’assurdo prodotto da una libertà impazzita.

2.          

«E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi». Cari fratelli e sorelle, all’uomo che brancola nel buio appare la luce, poiché «la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo».

L’intima intelligibilità di ogni realtà, il senso di ciò che esiste, che una ragione umana elevatasi a misura suprema ha smarrito, si rendono visibili, tangibili. La verità è una Persona: è Gesù, il Verbo fattosi carne. Non è una dottrina da imparare, una legislazione universale da accogliere. è una Persona che ci interpella: ci è aperta una strada per “toccare” l’Infinito.

L’uomo, ogni uomo, ritrova il senso della sua vita aderendo nella fede alla persona di Gesù. Essendo Gesù la Sapienza incarnata, aprendoci mediante la fede ad essa, noi usciamo dal potere delle tenebre. Gesù, infatti, è la luce della vita [cfr. Gv 8,12]; è il pastore che guida e nutre chi lo ascolta [cfr. Gv 10,11-16]; è la via, la verità e la vita [cfr. 14,6]. Pertanto in Lui l’uomo ritrova pienamente se stesso.

“La grazia della verità venne per mezzo di Gesù Cristo”. Non una qualsiasi verità, ma la verità che Dio è amore; che Dio si prende cura dell’uomo. Non una qualsiasi verità, ma la verità ultima circa il destino dell’uomo: questi è talmente prezioso agli occhi di Dio, che Dio per salvarlo si fa uomo.

Cari fratelli e sorelle, la luce che risplende in chi incontra nella fede il Verbo fatto carne, ci aiuta ad andare oltre una ragione che si è autolimitata a misurare il verificabile, e  ad esercitare la nostra libertà come intima adesione al bene.

A chi è ancora capace di ascoltare il mormorio confuso del cuore che invoca vera beatitudine, il Natale è l’ultima possibilità offerta all’uomo di recuperare il vero senso della vita, seguendo la strada della verità: in Cristo Dio ha detto all’uomo l’ultima e definitiva parola.

25/12/2009
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