solennità di pentecoste

Bologna, Cattedrale

La solennità di Pentecoste è la festa specialmente propria e tipica della Chiesa, che oggi rievoca la sua nascita e la sua manifestazione a tutte le genti. Appunto dall’effusione dello Spirito Santo essa è stata compaginata e inviata nel mondo come sacramento visibile della presenza di Cristo Risorto, il quale su tutte le regioni della terra e sino alla fine dei tempi resta il Signore unico e intramontabile della storia e dei cuori.
Più ancora, è la festa propria e tipica della Chiesa perché la Chiesa Cattolica è sempre in “stato di Pentecoste”. Essa è sempre nel Cenacolo, cioè sempre in preghiera e sempre nell’attesa desiderosa che sia concessa alla sua debolezza umana una forza dall’alto; essa è sempre sotto l’impeto del vento gagliardo dello Spirito che le impedisce di assopirsi, di arrendersi alle immancabili difficoltà o di ripiegarsi nell’autocompiacimento, ed è sempre investita dal fuoco del Paràclito che le consente di affrontare il gelo dell’indifferenza e dell’incomprensione; essa da questo Ospite misterioso è sempre sospinta ad annunciare il suo messaggio di salvezza alla Città degli uomini, è incitata a esortare tutti alla conversione e al capovolgimento delle mentalità distorte, è incaricata di recare alla disanimata discendenza di Adamo il dono di una vera e sostanziale speranza.
Perché la Chiesa è perennemente in “stato di Pentecoste”?
Perché Gesù – il Crocifisso glorificato che vive e regna alla destra del Padre – non cessa mai di mandare il suo Spirito a ravvivare e radunare in un unico palpitante organismo quanti si aprono al suo Vangelo e aderiscono a lui.
Perciò la Chiesa, che agli occhi non ancora illuminati dalla conoscenza soprannaturale appare spesso vecchia e superata, nella sua realtà (come è percepita da Dio) si mantiene sempre giovane ed esuberante di iniziative di bene, mentre attorno a lei tutte le cose – tutte le mode, tutte le culture, tutte le potenze, tutte le prepotenze – presto o tardi declinano, si dissolvono e muoiono.
Appunto perché lo Spirito non finisce mai di scendere su di lei per insegnarle ogni cosa e per ricordarle ogni parola vitale del suo Maestro, la Chiesa – che pure è costretta in ogni epoca a sopportare il vociare spavaldo di mille errori e di mille insipienze – riesce a irradiare con discrezione in ogni contesto e in ogni ambiente la sua saggezza esistenziale, e (secondo il disegno del Creatore, cui essa deve umilmente e necessariamente obbedire) a rimanere per ogni generazione “la colonna e il fondamento della verità” (cfr. 1 Tm 3,15).

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Con quali propositi e con quali impegni onoreremo allora la Chiesa, Sposa del Signore e nostra madre, in questa sua festa?
Soprattutto con il proposito di amarla con cuore semplice e lieto, e di amarla fattivamente; che vuol dire: con l’impegno ad accoglierne il magistero, a seguirla nelle sue direttive e nelle sue preferenze, a restare sempre in cordiale e gioiosa comunione con i successori di Pietro e degli apostoli, che lo Spirito Santo ha posto a reggere e nutrire la Chiesa di Dio (cfr. At 20,28).
Conoscere la Chiesa nella sua intima realtà, come è vista dal Padre celeste; volerle bene con lo stesso affetto che ha per lei il suo Sposo e Salvatore; aiutarla nella sua grande e inconfondibile missione, con entusiasmo e animo disinteressato: ecco il modo concreto di conoscere, amare, servire Cristo, e di giovare per ciò stesso al vero bene dei nostri fratelli.
Questo è, a ben guardare, il programma preciso e operoso che lo Spirito di Pentecoste risveglia e potenzia in ogni battezzato all’atto di conferirgli quel supplemento di luce e di interno vigore che è la cresima; la cresima che in ogni figlio di Dio perfeziona l’appartenenza ecclesiale e la rende più consapevole, più efficace, più attiva.

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Lo Spirito, che “spira dove vuole” (cfr. Gv 3,8) e non conosce barriere, nella sua discesa a Pentecoste immette nella Chiesa la prerorogativa inalienabile di essere, di dover essere, di voler essere sempre più “cattolica”.
Dire che la Chiesa è “cattolica” non significa affermare soltanto che essa ha fedeli di ogni latitudine e di ogni stirpe. La Chiesa è “cattolica” in virtù della Pentecoste che l’ha suscitata; vale a dire, dal suo primo momento e per la sua intrinseca costituzione.
E’ cattolica, perché il Padre dall’eternità l’ha pensata come la casa di salvezza di tutte le genti; è cattolica, perché essa ha, iscritta indelebilmente nel suo stesso essere, la vocazione a raggiungere tutti i figli di Adamo per condurli all’unico Dio vivo e vero e all’unico Signore dell’universo, il Signore nostro Gesù Cristo; è cattolica, perché – nella Rivelazione divina che infallibilmente custodisce e nella grazia che è pronta a dispensare a tutti nei suoi sacramenti – essa è in grado di saziare ogni fame di verità, di giustizia, di bellezza, di felicità, che possa tormentare il cuore umano in qualunque condizione sociale, in qualunque civiltà, in qualunque cultura.
Perciò nel suo secolare cammino, la Chiesa ha sempre cercato e sempre cercherà di attirare a sé tutti gli uomini senza eccezione, quali che siano le loro persuasioni e i loro comportamenti. Non ce n’è uno – per quanto egli possa essere in partenza diverso e remoto dal patrimonio cristiano di verità e dalla legge fondamentale dell’amore – che essa non voglia appassionatamente evangelizzare e incorporare a sé; che vuol dire, rischiararlo con la luce di Dio e inserirlo vitalmente in Cristo.
Ma Chiesa siamo tutti noi, che dallo Spirito di Pentecoste veniamo continuamente rigenerati e rinnovati. Sicché quest’ansia missionaria nei confronti di tutte le creature che respirano sotto il cielo è anche nostra, deve essere anche nostra. Questo sia dunque un nostro fermo proposito, questa sia anche l’appassionata implorazione che presentiamo a Dio nostro Padre in questo giorno santo e solenne.

19/05/2002
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