V DOMENICA QUARESIMA

Gesù nella pagina evangelica, miei cari,  mostra coi fatti ciò che la sua parola ci aveva rivelato: la misericordia che reintegra la persona umana nella sua piena dignità.

1. Avete sentito di che cosa si tratta. Una donna era stata sorpresa in flagrante adulterio. La legge di Mosè era al riguardo assai chiara nella sua severità. Essa stabiliva: “quando un uomo verrà colto in fallo con una donna maritata, tutte e due dovranno morire: l’uomo che ha peccato con la donna e la donna” (Dt 22,22). Ed era anche previsto che le pietre si lanciassero a distanza, in modo da non toccarla contaminandosi, nemmeno per punirla. La domanda rivolta a Gesù è: che cosa pensava si dovesse fare; andava o non andava lapidata? La domanda era subdola: una risposta negativa avrebbe messo Gesù di fronte al popolo nella luce di un evasore della santa Legge di Dio; una risposta positiva avrebbe messo Gesù in contraddizione con se stesso, con quanto Egli aveva insegnato sulla misericordia.

La risposta di Gesù è sconvolgente nella sua semplicità. E’ questa: “certamente deve essere lapidata, ma solo da chi è incontaminato, è senza peccato”. Cioè: ha diritto di punire, chi è innocente. Con questa risposta, Gesù inchioda ciascuno di noi ad una domanda che percorre tutte le pagine del Nuovo Testamento: chi sei tu che ti arroghi il diritto di giudicare o condannare un tuo fratello o sorella? Questo diritto ti viene forse dal fatto che tu sei innocente da ogni colpa, mentre tutti gli altri sono peccatori? ma “se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi” (1Gv 1,8). Questo diritto ti viene dal fatto di ritenerti superiore agli altri? ma, ci avverte ancora la Scrittura “uno solo è il vostro Maestro”. Ed infatti il risultato di questa risposta è stato il seguente: “rimase solo Gesù con la donna là in mezzo”.

 E questo è il centro di tutta la pagina evangelica: si è costituito un rapporto unico fra Gesù e l’adultera, un rapporto nel quale a nessuno è consentito entrare. Rimasero soli, l’uno di fronte all’altro: l’adultera e l’Innocente. Ed avviene un dialogo straordinario, anche se fatto di poche parole. Un dialogo che raggiunge la sua massima intensità quando Gesù  dice: “neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più”. Dobbiamo riflettere profondamente, pacatamente su queste parole.

“Neanche io ti condanno”. Gesù era l’unico che poteva condannare, e a causa della sua innocenza da ogni peccato e a causa della sua signoria su ogni persona. Condannare qui significa distruggere la persona della donna, non solo fisicamente (come chiedeva la Legge di Mosè), ma nel senso di giudicarla definitivamente indegna di vivere dentro alla comunità del popolo di Dio, dell’alleanza con Dio. “Così toglierai il male da Israele”. Il male deve essere estirpato. In che modo? eliminando il peccatore. Ma Gesù dice: non ti condanno. Ma allora Gesù non giudicava alla fin fine un male così grande, l’adulterio? Certamente no. Nessuno aveva detto ciò che al riguardo aveva detto Gesù: “chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore”. Dunque, già il solo sguardo è adulterio. Nessuno mai era stato così severo. Ed allora perché dice: “neanch’io ti condanno”? ascoltiamo il  seguito.

“Va’ e d’ora in poi non peccare più”. Fra l’approvazione del male per salvare la persona e la condanna della persona per non approvare il male, c’è la via divina che si chiama perdono. Essa consiste “nel togliere il male” rinnovando interiormente il peccatore: giustificandolo!

E’ un’opera divina: la più grande. Più grande della stessa creazione. Essa consiste in un cambiamento reale del peccatore, in forza del quale, egli non è più lo stesso di prima: è ricreato. E così Gesù può dire: “non peccare più”. Come a dire: “sei rinnovata, sei ristabilita nella tua originaria santità, non ritornare più alla precedente condizione”.

2. Miei cari fedeli, il Signore ha voluto che la Visita Pastorale fosse illuminata da questa Parola.

Come vi ho detto, la rigenerazione della persona e la ricostruzione delle rovine della sua umanità sono il frutto del perdono che Dio ci dona in Gesù. è l’incontro con Lui che redime l’uomo dalla sua più profonda miseria, la miseria morale.

L’uomo può elaborare – e di fatto ha elaborato – cammini di purificazione e di redenzione. Ma essi sono inefficaci  fuori dalla fede in Cristo. Esprimono piuttosto l’invocazione ed il desiderio del perdono che l’effettiva capacità di restituire l’uomo alla sua originaria santità. La religione merita rispetto, ma – come ci insegna l’Apostolo – solo la fede in Cristo  ci salva. «Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo»: rimanere con Gesù, questa è la nostra salvezza. è questo il Vangelo che – come ci ha appena detto l’Apostolo – ci dona la giustizia, «quella che deriva dalla fede in Cristo».

25/03/2007
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