Le parole dell’Arcivescovo per l’anniversario dell’elezione di papa Francesco.
«Oggi ricordiamo nel nostro rendimento di grazie – ha detto l’Arcivescovo all’inizio dell’omelia della Messa celebrata giovedì sera alla chiesa del Corpus Domini nell’ambito dell’Ottavario della festa di santa Caterina de’ Vigri – l’elezione di Papa Francesco, quella sera in Piazza San Pietro in cui salutò tutti con il diretto e familiare “buonasera”, dicendo che i fratelli Cardinali erano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo e spiegando che iniziava un cammino: “Vescovo e popolo insieme”, per presiedere nella carità tutte le Chiese. Lo ringraziamo perché ci ha fatto camminare e ci ha portato dove non pensavamo fosse importante andare».
«Qualcuno pensa che sia pericoloso uscire – ha aggiunto il cardinale Zuppi – che è meglio mandare qualcun altro o aspettare che gli altri vengano, che è inutile andare nelle periferie come se questo significasse perdere il centro e non, invece, trovarlo. Con semplicità evangelica ha superato tante ipocrisie per aiutarci a vivere l’incontro con Dio nella vita concreta, nell’umanità così com’è, specie quella segnata dalla sofferenza, nelle pieghe della storia, nei poveri, così come avviene per chi segue Gesù e non le proprie tradizioni. Preghiamo per la sua malattia nella quale ci mostra la vera forza dell’amore. Ringraziamo per il suo servizio indispensabile alla comunione. Non c’è Chiesa cattolica senza colui che in maniera concreta la presiede nella comunione. Questa chiede servizio e dono, obbedienza e santità. Non si segue il Signore senza prendere con sé questa madre e farci prendere da essa! Non parliamo mai della nostra Madre Chiesa senza comunione! Non manchiamole mai di rispetto, non umiliamola con l’affermazione di sé o difendendo le nostre idee e convinzioni “credendole buone per tutti, e andando d’accordo solo con chi la pensa come noi”! Nella Chiesa possiamo dire “io” solo se diciamo “noi”, “mio” solo se impariamo a regalare tutto dicendo “nostro”. Intorno al successore di Pietro ritroviamo unità e pace, in un mondo così attraversato da personalismi, dalla logica della forza, segnato dalla Babele per cui non ci capiamo perché non parliamo la lingua dell’amore e semplicemente non mettiamo in pratica – come invece deve essere – quel riassunto di tutta la legge che è “fare agli altri quello che vogliamo sia fatto a noi“».
Scarica qui l’omelia completa dell’Arcivescovo per la Messa nell’Ottavario di santa Caterina
Fonte www.chiesacattolica.it
Di seguito il Messaggio di auguri del Consiglio Episcopale Permanente al Santo Padre in occasione del dodicesimo anniversario dell’elezione al Soglio pontificio
«Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani».
(Es 17,12)
Beatissimo Padre,
nel fare memoria dei Suoi dodici anni di Pontificato, ci è sembrato che questa immagine tratta dal libro dell’Esodo si adatti bene al momento che Lei sta vivendo. Nel lungo cammino nel deserto, infatti, il Popolo di Dio ha incontrato tanti ostacoli. L’episodio raccontato in questo capitolo di Esodo, in particolare, ne mette in luce due: uno interiore e uno esteriore. Il primo riguarda la sfiducia nei confronti di Dio, la “mormorazione” (vv. 1-7); il secondo, lo scontro con gli Amaleciti, uno dei popoli più agguerriti contro Israele (vv. 8-16). Il giovane Giosuè viene inviato sul campo a fronteggiare il nemico. Ma Mosè sa che questo non basta. Serve piuttosto la preghiera: «Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in mano il bastone di Dio» (Es 17,9). Quello che Mosè non poteva immaginare è che la battaglia sarebbe stata lunga e che la stanchezza avrebbe potuto metterlo alla prova. Il racconto dice che, a questo punto, qualcuno si prende cura di lui e lo fa accomodare su una sede solida, mentre i suoi collaboratori più stretti lo sostengono nella preghiera.
Ci pare di cogliere in questa narrazione una pagina di stretta attualità legata al Suo momento storico. Se da una parte c’è la stanchezza per la condizione di salute e per la degenza, dall’altra vediamo nel letto del Gemelli una cattedra solida del Suo luminoso magistero di unità e di carità. Al contempo, proprio come Aronne e Cur, teniamo le Sue mani nella preghiera di affidamento al Signore.
Grazie, Santità, per la Sua testimonianza e per la forza che continua a trasmettere a tutti noi. Le assicuriamo il nostro sostegno e continuiamo a fare nostra la Sua stessa invocazione: preghiamo con Lei e per Lei.
Questo anniversario diventa, dunque, motivo di ulteriore gratitudine al Signore, che è Signore del tempo e della storia. RinnovandoLe la nostra vicinanza, Le assicuriamo l’affetto delle Chiese che sono in Italia. Auguri, Santità.
Il Consiglio Permanente
Della Conferenza Episcopale Italiana
Roma, 13 marzo 2025

