Alla seconda giornata della Tre giorni del Clero, martedì mattina in Seminario, l’Arcivescovo ha offerto una riflessione sul cammino della Chiesa Bolognese nei suoi dieci anni di episcopato che ricorreranno nel prossimo dicembre: «Prospettive per l’edificazione della comunità a partire dall’ascolto della Parola e il servizio essenziale dei presbiteri».
A introdurre l’incontro don Angelo Baldassarri, vicario episcopale per la Comunione e il Dialogo, che ha ricordato i simboli e la cifra pastorale con cui l’Arcivescovo ha iniziato il suo episcopato bolognese.
Proponiamo il teso integrale della sua riflessione:
Sabato 12 dicembre 2015, Matteo Maria Zuppi ha compiuto il suo solenne ingresso nell’Arcidiocesi di Bologna come Arcivescovo, aprendo la Porta Santa e dando inizio all’Anno Santo della Misericordia in Cattedrale. La celebrazione ha visto una processione dalle Due Torri e una Santa Messa nella Basilica di San Petronio. Nel 2025 si compiono quindi i dieci anni del suo ministero pastorale bolognese e durante la tre giorni del clero il vescovo Matteo ha voluto dedicare una intera mattinata a rileggere con gratitudine insieme ai presbiteri e ai diaconi quanto vissuto in un decennio per trarne le tracce su cui impostare il cammino del futuro.
Non è semplice tratteggiare in poche parole il ministero del vescovo in una diocesi per le molteplici situazioni in cui si esercita e che richiedono tantissime attenzioni. Un via che si può percorrere è riprendere le riflessioni e immagini che ciascuno ha offerto nella prima omelia per descrivere il servizio che stava iniziando.
Ogni vescovo è arrivato a Bologna portando un bagaglio di esperienze, attese e progetti, che si sono incrociati passo passo con le vicende della nuova realtà bolognese che da quel momento ha iniziato a conoscere.
Mons. Giacomo Lercaro, nel giorno del suo ingresso a Bologna da arcivescovo, indica come riferimento ai cristiani della città l’immagine dell’esercito di Esdra, i cui soldati con una mano costruivano le mura di Gerusalemme mentre con l’altra combattevano il nemico: pensando di trovarsi di fronte a una «diocesi malata» di comunismo, di spirito borghese e di relativismo esprimeva una esigenza di riconquista ed impegnava i cattolici locali in un’azione di recupero che lo impegnò in tantissime opere portate avanti nel primo decennio del suo ministero (22 giugno 1952).
Nella sua prima omelia Giacomo Biffi, presenta il suo ingresso come una festa di nozze tra il vescovo e la chiesa, “una sposa che mi ha fatto sentire il suo affetto prima ancora di aver ascoltato la mia voce, prima ancora di avermi guardato a Bologna”: è l’inizio di un cammino di scoperta della bellezza della sposa con una ricchezza di tradizioni che il cardinal Biffi evidenzierà sempre più ai suoi figli perché “proprio nella consapevole e vitale connessione con le proprie radici è data la garanzia di saper fiorire e fruttificare per il futuro” (2 giugno 1984).
Il cardinal Caffarra, nel suo primo giorno bolognese, prega Sacerdoti, religiose e religiosi, fedeli laici tutti ad aiutarlo a servire la dignità dell’uomo: da vescovo indicherà con costanza la difesa e la promozione del vero bene della persona umana e della sua incommensurabile dignità il riferimento per un’azione ed un impegno comune (15 febbraio 2004).
In queste immagini usate nel giorno dell’ingresso ritroviamo condensati tante attenzioni particolari del modo con cui ciascun vescovo ha contribuito al cammino della Chiesa Bolognese. Richiamare le immagini usate dal vescovo Matteo nel suo arrivo a Bologna può aiutarci ad entrare con frutto nel ricordo del suo primo decennio tra noi. La prima è quella del suono delle campane usata da Paolo VI nell’omelia di epilogo del concilio vaticano II (8 dicembre 1965)
“Come un suono di campane si effonde nel cielo, e arriva a tutti ed a ciascuno così il Nostro saluto, in questo momento, a tutti ed a ciascuno si rivolge. A quelli che lo accolgono, ed a quelli che non lo accolgono: risuona ed urge all’orecchio d’ogni uomo. Per la Chiesa cattolica nessuno è estraneo, nessuno è escluso, nessuno è lontano. Ognuno, a cui è diretto il Nostro saluto, è un chiamato, un invitato; è, in certo senso, un presente. Lo dica il cuore di chi ama: ogni amato è presente! Tutti, tutti Noi amiamo!”. E’ un invito a pensarsi come Chiesa per la quale in via di principio nessuno è irraggiungibile, ma tutti possono e debbono essere raggiunti dall’annuncio di gioia del Vangelo, anche se in quel momento non sono consapevoli del novità che quel suono porta dentro di sé.
La seconda figura è quella stampata nell’immaginetta che fu distribuita ai presenti in quel giorno che apriva per diocesi il giubileo della Misericordia voluto da papa Francesco:
“L’immagine che accompagna la nostra celebrazione è Maria che avvolge con il suo grande mantello tanti e diversi uomini. Sono tanti, perché l’ambizione di Maria è che tutti siano protetti. Quanta insicurezza, non solo nella malattia e quanta sofferenza domandano protezione! Tutti hanno bisogno di questo mantello! Il mantello è questa Chiesa madre dei più piccoli, che vuole stare vicino, dare speranza, consolare, garantire il necessario, prendere la mano, accompagnare, fare sentire amati anche quando tutto sembra solo condanna, difendere come si può il soffio della vita. Aiutiamo come possiamo, a rafforzare questo mantello perché molti possano sperimentare questa calda protezione e felicità fin da oggi!
Possiamo ripensare ai dieci anni di servizio del vescovo Matteo alla comunione nella chiesa di Bologna, attraverso l’invito a essere campana che comunica la gioia del Vangelo e mantello per i poveri suoi fratelli. La via per questa missione universale è cercare “nell’altro sempre il bello, quello che unisce, quello che può far del bene, quello che lo rende grande”.
don Angelo Baldassarri,
Vicario episcopale per il Settore Comunione

