Messa nella Giornata mondiale dei poveri

“Avverrà come a un uomo che chiama i suoi servi e consegna loro i suoi beni”. Il futuro inizia oggi: non è un domani indefinito, talmente lontano da apparire improbabile o non interessante per un mondo calcolatore e legato al presente come il nostro. Il domani è la rivelazione piena di quello che viviamo oggi, il compimento della nostra vita, il frutto delle nostre scelte. Quest’uomo ci mette tra le mani i suoi beni, quello che ha di più prezioso, tutto quello che ha. Ciò che sarà è già nostro, oggi. Ce lo consegna non in maniera uguale ma “secondo le capacità di ciascuno”. Noi spesso pensiamo che il Signore chieda qualcosa di superiore alle nostre forze, che sia troppo esigente, tanto da arrivare a pensare che sia impossibile vivere il suo amore. L’amore è la vera immagine di Dio, la porta nel cuore, nel talento dell’amare con i suoi mille significati. Possiamo farci quello che crediamo. Nessuno ci obbliga, siamo liberi, perché l’amore non può essere imposto e il nostro Dio è un Padre che ci aiuta ad essere pienamente noi stessi.

Se “investiamo” nell’amore questo si moltiplica, si trasforma, sarà nostro. Quando non lo facciamo perdiamo anche quello che abbiamo. L’amore non donato è perduto! La parabola descrive le reazioni dei servi. I primi due investono il talento e ne guadagnano, non a caso, un numero uguale: ogni parte spesa è trovata! Non possiamo tenere l’amore per noi, credere di poterlo restituire come lo abbiamo ricevuto, cioè senza usarlo! L’ultimo servo ha paura. In effetti, quante paure condizionano le nostre scelte! Se osserviamo il mondo intorno a noi, le minacce che lo attraversano, l’imprevedibile e sempre inquietante capacità umana di farsi del male, di creare strumenti di morte invece che di vita, di assecondare la divisione invece che ciò che unisce, di alzare muri come il rancore o il pregiudizio invece di costruire ponti come il perdono e il dialogo, proviamo paura e cerchiamo di tenerci stretto quello che abbiamo. Quante paure! Quella di non avere risposte desiderate o sufficienti, di restare delusi, di essere traditi.

Abbiamo paura di legarci agli altri, di sbagliare, di essere giudicati, di fare brutta figura. Abbiamo paura della debolezza, della malattia, della sofferenza, di qualcosa più forte di noi che ci trascina dove non vogliamo. In fondo il ragionamento del servo (“mi giudica male e restituisco il talento come l’ho avuto”) appare convincente, come non prendersi responsabilità, possedere invece di donare, conservare l’amore, non sciuparsi mai per nessuno, non correre rischi per gli altri. A questo servo tutto sembra troppo difficile e il padrone troppo esigente. Come la vergine saggia non è quella più preparata, ma l’umile, così il servo che restituisce senza aver fatto fruttificare non è il più poveretto ma colui che preferisce non avere problemi piuttosto che amare. Il senso della parabola dei talenti è proprio quello di vincere la paura. Spesso crediamo che le nostre paure giustifichino tutto, ogni nostro atteggiamento. Invece no! Non possiamo tenere l’amore inerte! E la paura non si vince con il coraggio ma con l’amore! Dopo averlo sotterrato, quel servo avrà vissuto come sempre: passata la paura viviamo delle nostre abitudini, sicuri del pensare a noi stessi, ma senza amore. Non avere paura! L’amore si moltiplica! Spendi quello che hai volendo bene. Investi, donando anche quando sembra debolezza, quando non vedi i frutti, quando ti sembra che gli altri se ne approfittino, quando pensi che non resti niente per te. E vivrai già oggi la gioia piena di Dio, che vuole solo farci prendere parte all’unica, unica gioia che ha, la stessa per tutti: amarsi. Inizia proprio da chi non può darti nulla in cambio se non l’amore. Questo invito è diverso dal fare usando la propria convenienza come criterio, o dal fare del possesso la verifica, mai conclusa, dell’amore, che invece richiede fiducia e dono.

L’invito è a regalare: tempo, opportunità, sentimenti, sguardi, incontri, soluzioni. Regalare. C’è tanta povertà. Ci mette paura o ci invita a fare? Nel 2022 sono in condizione di povertà assoluta poco più di 2,18 milioni di famiglie (l’8,3% del totale, dal 7,7% nel 2021) e oltre 5,6 milioni di individui (il 9,7%, in crescita dal 9,1% dell’anno precedente). Questo peggioramento è imputabile in larga misura alla forte accelerazione dell’inflazione. È un fenomeno ormai strutturale e non più residuale come era in passato. A rischio povertà ed esclusione sociale sono invece “14 milioni 304 mila persone, il 24,4% della popolazione totale”. Sono 1,2 milioni i minori in condizione di indigenza, costretti a rinunciare a tante opportunità di crescita, di salute, di integrazione sociale, e il cui futuro sarà indubbiamente compromesso. Chi nasce povero molto probabilmente lo rimarrà anche da adulto. Chi può spezzare questa catena inaccettabile di sofferenza? Noi e il nostro amore, che diventa intelligenza, solidarietà, risposte, progetti. “Non distogliere lo sguardo dal povero” (Tb 4,7) è l’invito. Abbi cura. Non fare come il sacerdote e il levita, che guardarono e passarono oltre! Ecco, l’invito di questa domenica è dei poveri, come deve essere ogni eucarestia, perché i poveri fanno parte di diritto di questa famiglia, perché sono i fratelli più piccoli di Gesù e se lo diventano anche per noi sperimentiamo in anticipo la gioia del cielo.

E poi perché il nostro servizio è la stessa comunione con Gesù, che dona se stesso tanto da farsi nutrimento. E l’amore che riceviamo possiamo renderlo amore per il prossimo. Dio si è incarnato e l’amore non è il mio benessere, ma la luce di Dio che ci rende luminosi e che dobbiamo portare dove ci sono le tenebre. Amore per Dio, per il prossimo e per me stesso. “Invitare a condividere il pranzo domenicale, dopo aver condiviso la Mensa eucaristica. L’Eucaristia celebrata diventerebbe realmente criterio di comunione. D’altronde, se intorno all’altare del Signore siamo consapevoli di essere tutti fratelli e sorelle, quanto più diventerebbe visibile questa fraternità condividendo il pasto festivo con chi è privo del necessario?”.

Spesso pensiamo: ma io non ho molto da dare! Abbiamo tantissimo, la cosa più preziosa, quella che ci fa trovare anche le risposte necessarie. Il cristiano è un povero che rende ricchi molti, non dimentichiamolo! “Tobia scopre la propria povertà, che lo rende capace di riconoscere i poveri. L’attenzione fattiva verso i poveri gli è possibile perché ha sperimentato la povertà sulla propria pelle”. “Ognuno è nostro prossimo. Non importa il colore della pelle, la condizione sociale, la provenienza… Se sono povero, posso riconoscere chi è veramente il fratello che ha bisogno di me”. Nel 60° anniversario dell’Enciclica Pacem in Terris  è urgente riprendere le parole del santo Papa Giovanni XXIII quando scriveva: “Ogni essere umano ha il diritto all’esistenza, all’integrità fisica, ai mezzi indispensabili e sufficienti per un dignitoso tenore di vita, specialmente per quanto riguarda l’alimentazione, il vestiario, l’abitazione, il riposo, le cure mediche, i servizi sociali necessari; e ha quindi il diritto alla sicurezza in caso di malattia, di invalidità, di vedovanza, di vecchiaia, di disoccupazione, e in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà” (n. 6). È facile, parlando dei poveri, cadere nella retorica. È una tentazione insidiosa anche quella di fermarsi alle statistiche e ai numeri. I poveri sono persone, hanno volti, storie, cuori e anime.

Sono fratelli e sorelle con i loro pregi e difetti, come tutti, ed è importante entrare in una relazione personale con ognuno di loro. È una questione di giustizia che impegna tutti a cercarci e incontrarci reciprocamente, per favorire l’armonia necessaria affinché una comunità possa identificarsi come tale. Interessarsi dei poveri, quindi, non si esaurisce in frettolose elemosine, chiede di ristabilire le giuste relazioni interpersonali che sono state intaccate dalla povertà. In tal modo, “non distogliere lo sguardo dal povero” conduce a ottenere i benefici della misericordia, della carità che dà senso e valore a tutta la vita cristiana.

Bologna, Cattedrale
19/11/2023
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