Le parole dell’Arcivescovo alla Messa in ricordo del XX anniversario della morte di monsignor Luigi Giussani
«Ringraziamo Dio per il fatto, diremmo l’avventura – che vuol dire anche una storia non prevedibile, non scontata, dentro la storia e non fuori – del Servo di Dio Luigi Giussani e della comunità a cui ha legato tutta la sua vita. In questa l’amore è diventato personale e comunitario, spirituale e concreto, intimo e sociale. Nella fraternità impariamo a gioire con chi è nella gioia e a piangere con chi è nel pianto. Nella fraternità vediamo il riverbero dell’amore di Dio che ci ha fatto conoscere la Sua presenza».
È un passaggio dell’omelia dell’arcivescovo pronunciata domenica 16 febbraio in San Petronio per il ventesimo anniversario della morte del Servo di Dio Mons. Luigi Giussani e del quarantatreesimo anniversario del Riconoscimento pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione.
’individualismo può sempre entrare nella fraternità ed è veleno pericoloso che la paralizza, la condiziona, la riempie di confronti per cui quello che è suo non è mio, con conseguente esaltazione o depressione. Invece chi confida nel Signore “è come un albero piantato lungo un corso d’acqua”, saldo e che sempre dà frutti. Contempliamo questo nella vita della comunità, nella nostra debole e sempre contraddittoria vita che, però, sperimenta la gioia sempre nuova dell’amicizia che ci unisce, di forza e legami che ci fanno affrontare le difficoltà della vita, a volte così dolorose, e anticipo della gioia vera».
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