5 settembre

Zuppi: Messa a Rimini per i 100 anni di don Oreste

Numerosi i vescovi e i sacerdoti legati a Don Oreste hanno concelebrato insieme al Cardinale, al Vescovo di Rimini e al Vescovo emerito

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“Don Oreste continua ad aiutarci a riconoscere il corpo di Gesù nell’Eucarestia e nei piccoli. Corpus Domini tutti e due!”

Le parole del cardinale Zuppi hanno accompagnato la celebrazione eucaristica che ha presieduto nella spiaggia libera adiacente al porto di Rimini, a 100 anni dalla nascita di don Oreste Benzi, scelta non casuale perché proprio da lì il fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, aveva iniziato a bussare alle porte degli stabilimenti balneari che negli anni settanta non accettavano persone con disabilità, affermava sempre con convinzione: “Dove siamo noi, anche loro”.

All’inizio della celebrazione è stato letto un telegramma del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato del Vaticano, con un messaggio di saluto da parte di Papa Leone XIV. Il Santo Padre ha ringraziato il Signore per aver donato alla Chiesa “un così zelante sacerdote e intrepido testimone del Vangelo”. Ha auspicato che la memoria di don Oreste sia un’occasione per rinnovare “l’impegno a favore delle persone più fragili e bisognose”. “Ricordiamo i cento anni della nascita di Don Oreste”, – ha detto il Cardinale – “il dono di tutta la sua vita, una vita che non finisce, che è eterna”. “Il ricordo di don Oreste non è rivolto al passato, ma ci fa contemplare il futuro che è speranza del presente, luce della Resurrezione, luce che non finisce, luce di una stella come quella di don Oreste che ci orienta nei confusi incroci della vita”.

Il Cardinale è stato accolto dal vescovo di Rimini, mons. Nicolò Anselmi e dall’emerito Francesco Lambiasi e hanno concelebrato numerosi vescovi e sacerdoti legati alla figura di don Oreste e alle sue comunità. Il Cardinale ha criticato il paternalismo e la supponenza, definendoli «insostenibili». Un amore vero, come quello che Don Oreste incarnava, «non permette di abituarci» e sa vedere la bellezza negli altri, anche in coloro che sono visti come “rarità” dalla società. La scelta di Don Oreste era di far vivere le persone emarginate, specialmente quelle con handicap, negli stessi luoghi in cui vivevamo anche noi.Don Oreste vedeva la Chiesa come comunità e la parrocchia come luogo vicino alle case: da qui l’impegno a «costruire dei luoghi dove pensarci insieme» e a essere «costruttori di fraternità in un mondo di soli e di isolati»

Scarica qui l’integrale dell’omelia dell’Arcivescovo

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