L’Arcivescovo nel pomeriggio del giorno di Natale ha celebrato la Messa in Cattedrale.
«Natale è la gloria di Dio – ha detto il cardinale Matteo Zuppi nell’omelia – che si fa piccolo e ci mostra che la vera gloria delle persone non è nel possesso, nell’umiliare il prossimo, nell’autosufficienza, nel penoso esibizionismo, così volgare e diffuso, umiliante per il proprio io. La gloria non è nel potere ma nel servire. Questo non è solo quello che ci insegna Gesù, ma è la sapienza umana che ci aiuta a capire qual è la vera grandezza delle persone. La gloria si rivela nella relazione con il prossimo, nel voler bene». Dio insegna da subito che il voler bene non ha confini, è possibile a tutti, tanto che si lascia avvicinare dai pastori.
Poi il ricordo della Messa celebrata in mattinata nella Casa circondariale «Rocco D’Amato» della Dozza e il pranzo condiviso con i più fragili proposto dalla Comunità di Sant’Egidio nella chiesa cittadina dell’Annunziata: «Nell’Eucarestia, oggi con i carcerati, quanta consolazione, quanta commozione per un amore immeritato, tanto più grande del nostro cuore e del nostro peccato! L’impronta della sua sostanza l’ho incontrata al pranzo con tanto prossimo, un vero pranzo di prossimità, nella Chiesa dell’Annunziata, dove si è condiviso il pane del cielo sulla tavola dell’altare e quello della terra, dove lo spirituale si trasforma e genera quello materiale. Ho visto realizzata quell’alleanza sociale per la speranza, inclusiva e non ideologica, indicata dalla Bolla di indizione del Giubileo, per iniziative in carcere “volte ad aiutare le persone a recuperare fiducia in se stesse e nella società; percorsi di reinserimento nella comunità a cui corrisponda un concreto impegno nell’osservanza delle leggi. È un richiamo antico, che proviene dalla Parola di Dio e permane con tutto il suo valore sapienziale nell’invocare atti di clemenza e di liberazione che permettano di ricominciare”. Ecco la forza del Natale, che permette a tutti noi di ricominciare sia in termini personali sia come Chiesa e anche come città degli uomini. Certo, ci interroga che il mistero della “vita”, che è “luce degli uomini”, “venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto».
Un richiamo infine al Giubileo della speranza che domenica si aprirà a livello diocesano. «Parleremo di speranza – ha concluso l’arcivescovo – di essere pellegrini di speranza in un mondo fatalista, rinunciatario tanto da avere paura della vita. Questa luce, umana e divina, nostra e sua, mia e nostra, non viene per benedire felicità individuali drammaticamente esposte alle pandemie, alle tenebre che spengono tutta la vita».