L’avvicinarsi della fine dell’anno invita a fare bilanci mentre se ne ripercorrono i momenti salienti. Lo facciamo dalla prospettiva di chi ogni sera accoglie a cena persone che non hanno da mangiare o non hanno un posto dove mangiare. Il 2025 si chiude purtroppo con un record: l’aumento di chi chiede di entrare nella Mensa della Fraternità della Caritas. I numeri confermano la percezione di un aumento lento e costante. Confrontando i dati relativi al 3° trimestre del 2024 con quelli del 3° trimestre del 2025 registriamo 100 persone in più senza dimora, in totale alla Caritas si sono rivolte 550 persone che non hanno una casa e che vivono per strada, in ripari di fortuna o presso i dormitori. È una situazione preoccupante perché certamente il numero non è completo; è ancora più preoccupante quando consideriamo che il 20% ha un lavoro, che cresce il numero delle donne e degli italiani, come purtroppo anche il numero di chi ha problemi di dipendenza da sostanze.
Nella Mensa della Fraternità, che da pochi giorni ha festeggiato i suoi 48 anni, ogni sera siedono a tavola quasi 250 persone. Ciò avviene in circa 3 turni dato che i locali hanno 100 posti, richiedendo uno sforzo organizzativo in cui tutti – sia dipendenti sia i numerosi e fedelissimi volontari – dimostrano grande spirito di servizio e amore per il prossimo.
Siamo consapevoli che la presenza della mensa in una strada tanto bella quanto stretta porta da lungo tempo disagio ai residenti, che dal 1993 (anno in cui la mensa ha iniziato la sua attività in via S. Caterina) convivono con le persone che frequentano la Caritas e che non raramente creano problemi. Questioni di ordine pubblico e sicurezza si presentano sempre più spesso, anche per il numero crescente di ospiti, superando la possibilità di intervento e gestione da parte della stessa Caritas.
La settimana scorsa giornali e social hanno riportato la notizia di un’aggressione avvenuta in via S. Caterina davanti alla mensa tra persone che da lì erano appena uscite. La violenza lascia sempre sgomenti e senza parole, rimane senza giustificazioni.
Desideriamo tuttavia condividere alcune riflessioni.
365 sere all’anno 200 cittadini e cittadine in media entrano in mensa con un carico di disagio e sofferenza che purtroppo non fa notizia. Attraverso l’ascolto e la conoscenza sappiamo che ogni storia è unica eppure sono rintracciabili fratture e mancanze che in brevissimo tempo portano le persone ai margini. Molto diffuse soprattutto per le persone straniere sono le difficoltà burocratiche per ottenere i documenti dovute a leggi e prassi degli uffici ingiuste. Sempre più persone non hanno una casa o un alloggio adeguato, pur avendo un lavoro. Tanti non riescono a trovare lavoro o hanno lavori precari e sottopagati. Altri motivi per finire in strada possono essere le malattie – proprie o di familiari – e la difficoltà di accedere alle cure, che si sommano alla mancanza di reti di supporto, alle varie dipendenze e alle patologie psichiatriche. Gli stati d’animo delle persone in queste situazioni comprensibilmente variano dalla rassegnazione all’esasperazione.
La situazione di cittadini e cittadine, che con noi vivono e lavorano in città e che non hanno l’indispensabile per vivere dignitosamente, è un problema collettivo. I poveri non sono della Caritas, sono della città. Le persone in difficoltà chiedono certamente attenzione e aiuto materiale ma soprattutto rispetto e interventi strutturali che rimuovano le cause della povertà. Dare alloggio e cibo a chi non ne ha non è solo segno di carità, come ci ricorda l’art. 3 della Costituzione Italiana (Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la liberta e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.)
“La tentazione della cultura attuale spinge ad abbandonare i poveri al loro destino, a non considerarli degni di attenzione e tanto meno di apprezzamento”. (Dilexi te n. 105). Possiamo insieme superare forme di indifferenza, fastidio e a volte anche rifiuto delle persone in stato di grave marginalità. Contrastare la povertà sfida una comunità a collaborare costruttivamente per il bene comune, armonizzando responsabilità istituzionali con l’impegno solidaristico di associazioni e singoli.
Il nostro augurio di Natale per ciascuno sia riconoscere nostre sorelle e fratelli i volti di chi è ai margini, certamente sentirli nostri concittadini.
Caritas Bologna

