Lunedì 19 alle 11 nell’Aula Santa Clelia dell’Arcidiocesi (via Altabella, 6) l’Arcivescovo interverrà alla presentazione del Rapporto sul progetto “Giovani protagonisti” proposto dal Tavolo diocesano delle dipendenze e dall’Ufficio diocesano di Pastorale scolastica.
In collaborazione con il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Bologna saranno presentati i risultati del monitoraggio e dei “Focus Group” realizzati con gli studenti che hanno partecipato al progetto nelle Scuole Secondarie di Secondo grado.
«La convinzione che anima questa progettualità – afferma Silvia Cocchi, Incaricata dell’Ufficio diocesano di Pastorale scolastica – è quella di investire sulle giovani generazioni non per fornire risposte preconfezionate da adulti, ma per mobilitare le energie e risorse dei giovani studenti, per riattivare in loro il desiderio e la volontà di contare effettivamente qualcosa. Ci proponiamo di porre domande e metterci in ascolto e a disposizione, per facilitare la realizzazione di quanto essi percepiscono come stimolante e necessario».
«”Giovani Protagonisti” – spiega Teresa Marzocchi, del Tavolo sulle dipendenze – è il tentativo di avviare percorsi di contrasto alle tante manifestazioni di disagio giovanile (fenomeni di ritiro sociale, dispersione scolastica, nuove dipendenze patologiche, episodi di violenza) offrendo occasioni educative e sociali che abilitino, nei giovani, la possibilità di essere protagonisti e di avere gli strumenti per scegliere, al meglio, il loro futuro».
La ricerca, effettuata nell’Istituto Tecnico «Belluzzi-Fioravanti», si è sviluppata su due livelli di analisi. Nella prima fase, un’indagine quantitativa, gli studenti hanno compilato un questionario per valutare il progetto in termini di partecipazione, impatto percepito e competenze sviluppate. È stato accolto dai più positivamente, ma sono emerse alcune criticità. Le studentesse sono apparse meno coinvolte, il che può essere attribuito alla natura più introspettiva rispetto ai coetanei maschi o perché presenti in minoranza negli Istituti Tecnici che, per aspettative di ruolo o proposte educative, sembrano intercettare meno i bisogni delle ragazze. Gli studenti con cittadinanza straniera o doppia si sono sentiti molto più coinvolti nel progetto rispetto al solito.
La seconda fase ha previsto un’indagine qualitativa, attraverso quattro Focus group, per approfondire i temi in parte già trattati nel questionario. Dalle riflessioni dei ragazzi sono emersi alcuni problemi. Gli studenti lamentano la mancanza di spazi sociali, civici e politici al di fuori della stretta cerchia di amici: vedono la scuola unicamente come uno spazio in cui vengono imposte delle regole e si avverte la grande distanza con i docenti, che utilizzano metodi di insegnamento non adeguati alle richieste degli alunni. Servono, dunque, spazi per la partecipazione studentesca, tra cui forme meno convenzionali, come l’occupazione o l’azione simbolica.
A questo proposito, gli studenti hanno lamentato le mancanze del corpo docente nell’elaborazione del lutto per il compagno morto: le proposte per ricordarlo, come la realizzazione di un murale, pur accolte, non sono state realizzate. Alcuni docenti poi sono stati accusati di episodi di discriminazione verbale, spesso dai toni razzisti: servono momenti di autoriflessione professionale per il corpo docente sulle dinamiche di potere, il riconoscimento della diversità e la gestione del conflitto. In altre parole, secondo l’etimologia latina, i docenti devono essere soprattutto «insegnanti», cioè figure capaci di lasciare un segno positivo nella crescita dei loro studenti. Le regole scolastiche devono essere percepite come «strumenti di equità, e non come dispositivi punitivi o discrezionali», come cita il report. Occorrono, infine, spazi di ascolto anche per gli studenti, un luogo dove poter essere formati all’educazione affettiva o civica, per migliorare le relazioni sociali e aumentare il coinvolgimento civico che gli studenti vivranno nel loro futuro.
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