Carissimi giovani, la ragione per cui questa sera siamo qui è di una
tale importanza da rendere il nostro incontro assai intenso. Vi ho chiamati
perché riflettiate, cominciate a riflettere se non lo avete mai fatto
sulla vostra vocazione. è la domanda fondamentale riguardo a se stessi:
come vivere la mia vita?
è l’errore più grave quello di mettere già in anticipo
delle preclusioni davanti al Signore: «sì, come vorrà il
Signore … però non come sacerdote – non come religiosa».
La vita non ci appartiene; chi la vuole acquistare in proprio, la perde.
Vi ho chiamato perché riflettiate, cominciate a riflettere e – soprattutto – a
pregare: per questo soprattutto.
1.La pagina evangelica, carissimi giovani, ci fa comprendere a quale servizio
all’uomo è chiamato chi riceva da Cristo l’invito ad essere
suo apostolo.
Si parla, come avete sentito, di due uomini privi di speranza, delusi della
vita. La ragione dell’amarezza e della desolazione che dimora nel loro
cuore è che la persona cui avevano affidato, in cui avevano posto il
senso della loro vita era stato vinto. La loro speranza ora si trovava in mano
uno morto e sepolto: fine di tutto!
Nella vita di queste due persone accade una presenza: «Gesù in
persona si accostò e camminava con loro». Notate bene: Gesù in
persona. Di Gesù avevano già sentito parlare in quello stesso
giorno: «alcune donne, delle nostre ci hanno sconvolti … son
venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano
che egli è vivo». Non basta “sentir parlare di Cristo”;
c’è bisogno che Egli in persona si accosti a noi e cammini con
noi. Non è una dottrina che ci fa rivivere, è l’incontro
con una persona.
è la presenza di Cristo in persona che ridesta nel cuore dell’uomo
la speranza e comincia a fargli gustare subito i beni sperati. è solamente
questa presenza che sostiene il duro cammino dell’esistenza, e senza
di essa la speranza, urtandosi colla realtà , o si estingue ed è la
disperazione o si accontenta ed è il compromesso. Oppure – il
che è il peggio del peggio – si sostituisce la speranza col sogno.
I due uomini del Vangelo non sono salvati da questa deriva perché hanno
sentito parlare di Gesù: occorre che nella loro vita accada la presenza
di Cristo. La pagina evangelica descrive questo avvenimento.
Ma fate bene attenzione. Non si tratta di una presenza fisica: essi camminano
con Cristo e non lo riconoscono. è una presenza reale ma sacramentale.
Che cosa significa? Prestatemi bene attenzione, perché ciò che
vi sto dicendo è di un’importanza decisiva.
Cristo si fa riconoscere, dunque si rende di fatto presente, compiendo due
gesti: spiegando le Scritture in riferimento a se stesso; spezzando il pane,
cioè celebrando l’Eucarestia. Vedete? Egli si rende presente attraverso
delle azioni, dei gesti, desunti in fondo dalla vita quotidiana. Ed è ciò che
accade anche oggi. Gesù si accosta a ciascuno di noi e cammina con noi
perché è presente, in persona, mediante il grande sacramento
della sua presenza: la Chiesa. E nella Chiesa si spiega la Scrittura, si celebra
l’Eucarestia.
Che cosa fanno i due dopo che nella loro vita è accaduto l’avvenimento
della presenza di Cristo? «e partirono senz’indugio e fecero ritorno
a Gerusalemme … riferirono ciò che era accaduto loro lungo la
via».
Sono nati due apostoli, due testimoni di Cristo: sono stati generati dall’incontro
con Cristo. Carissimi giovani, il sacerdozio è generato dall’avvenimento
della presenza, dell’incontro. E come quei due diventano a loro volta
il segno visibile che Cristo è risorto e che quindi l’uomo ha
una ragione incontrovertibile di sperare, così coloro che sono chiamati
al sacerdozio sono il segno visibile di Cristo che si accosta all’uomo
che non spera o perché è disperato o perché è un
pusillanime o perché è un sognatore, e cammina con lui.
è questa la vocazione sacerdotale: se amate l’uomo, se non volete
inaridirvi in un egoistico possesso della vostra vita, chiedetevi davanti a
Cristo se è questo che Lui vi chiede.
Una parola a voi, carissime ragazze. Certo, a voi – alla donna – Cristo
non chiede questo servizio all’uomo. A voi, alla donna a cui Cristo chiede
di unirsi con Lui con cuore indiviso nella verginità consacrata, propone
di rigenerare l’uomo alla speranza nella modalità propria della
vostra femminilità . Maria il sabato in cui Cristo rimase nel sepolcro,
fu l’unica a custodire la speranza. La custodì per tutta l’umanità .
Fu ad una donna, Maria Maddalena, che Cristo risorto si mostrò ed affidò di
testimoniarlo perfino agli apostoli. Non sentite che in tutto questo è racchiuso
e per ciascuna di voi un grande mistero? Non dilapidate e neppure diminuite
la misura della grandezza della vostra femminilità : chiedetevi
davanti a Cristo se la sua custodia non sia nell’unirvi a Lui nella verginità consacrata.
2.Carissimi, inizio la mia riflessione sulla pagina evangelica leggendovi
una poesia:
Molte volte ho studiato
la lapide che mi hanno scolpito:
una barca con vele ammainate, in un porto.
In realtà non è questa la mia destinazione ma la mia vita.
Perché l’amore mi si offrì e io mi ritrassi dal suo inganno;
il dolore bussò alla mia porta, e io ebbi paura;
l’ambizione mi chiamò, ma io temetti gli imprevisti.
Malgrado tutto avevo fame di un significato nella vita.
E adesso so che bisogna alzare le vele
e prendere i venti del destino
dovunque spingano la barca.
Dare un senso alla vita può condurre a follia ma una vita senza senso è la
tortura dell’inquietudine e del vano desiderio – è una barca
che anela al mare eppure lo teme.
[Edgar Lee Master, L’antologia di Spoon River]
Nel dialogo fra Gesù e Pietro è racchiuso tutto il senso del
nostro trovarsi qui questa sera.
Anche Pietro ha faticato a lungo, duramente, ma per niente: «abbiamo
faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla». Pietro vive il momento più critico
della vita: lo scontro fra realtà e desiderio, da cui esce sconfitto
il desiderio. Momento critico perché quando ci troviamo a vivere questa
esperienza, siamo tentati ad imboccare una delle due strade che portano al
nulla: o dare ragione alla realtà smentendo i nostri desideri o sradicare
i nostri desideri dalla realtà trasformandoli così in illusioni.
Alla fine le due strade portano nella stessa landa desolata: l’infelicità e
la schiavitù.
Pietro però percepisce, intravede una via, una terza via di uscita: «prendi
il largo e calate le reti per la pesca». è l’irruzione dentro
la sua vita di una presenza che misteriosamente ma realmente dona a Pietro
la capacità di ri-prendere in mano la sua vita, di riprendere il suo
lavoro. è questa presenza di Cristo sulla barca della sua esistenza,
che consente a Pietro di non posare più lo sguardo sul suo passato [«abbiamo
faticato tutta la notte»] e sulla sua negatività [«non abbiamo
preso nulla»], ma di attraversare tutte le difficoltà in cui egli è posto,
riconoscendo in esse, perfino una vera positività . Non possiamo usare
il nostro limite per limitare la possibilità di Dio, la nostra misura
per misurare la potenza del Signore.
E Pietro prende il largo: «sulla tua parola getterò le reti».
Egli capisce che nella sua vita, sulla sua povera barca, è venuta a
dimorare una Potenza che lo rende capace di tutto e ne è come “spaventato”: «allontanati
da me che sono un peccatore»
Carissimi giovani, anche a ciascuno di voi il Signore dice: “prendi
il largo! Non avere più paura, perché è l’Amore
assoluto che ti viene offerto; non temere più gli imprevisti della traversata.
Alza le vele e prendi i venti che la chiamata di Dio fa soffiare dentro la
tua vita”.
Prendere il largo; cosa significa? Non rimanere più chiuso e
fermo dentro a nessuna pregiudiziale circa il tuo futuro. Non dire: “tutto,
Signore, ma non sacerdote! – tutto, Signore, ma non vergine consacrata
a te!” prendi il largo!
3.Carissimi giovani, queste ultime riflessioni conclusive ci portano al “nodo
della questione” sulla quale stiamo riflettendo questa sera. E ci guida
l’apostolo Paolo. Egli pronuncia la parola decisiva e definitiva: amore.
Sì, carissimi, alla fine siamo costretti a riflettere sull’amore. «Non
esiste nulla che più dell’amore occupi sulla superficie della
vita umana più spazio, e non esiste nulla che più dell’amore
sia sconosciuto e misterioso. Divergenza tra quello che si trova sulla superficie
e quello che è il mistero dell’amore ecco la fonte del dramma.
Questo è uno dei più grandi drammi dell’esistenza umana.
La superficie dell’amore ha una sua corrente, corrente rapida, sfavillante,
facile al mutamento. Caleidoscopio di onde e di situazioni così piene
di fascino, questa corrente diventa spesso tanto vorticosa da travolgere la
gente, donne e uomini. Convinti che hanno toccato il settimo cielo dell’amore – non
lo hanno sfiorato nemmeno. Sono felici un istante, quando credono di aver raggiunto
i confini dell’esistenza, e di aver strappato tutti i veli, senza residui.
Si, infatti: sull’altra sponda non è rimasto niente, dopo il rapimento
non rimane nulla, non c’è più nulla» [K. Woitila,
Tutte le opere letterarie, Bompiani ed., Milano 2001, pag. 821].
Come fa l’apostolo a risolvere il dramma dell’amore, divergenza
tra quello che si trova sulla superficie e quello che è la realtà ?
Non affidandosi ad emozioni passeggere, ma osservando un fatto: «uno
morì per tutti». E questi che morì per tutti è Dio
fattosi uomo per accostarsi all’uomo, per camminare con l’uomo,
per liberare l’uomo dalla paura della morte.
Questo amore, non un altro, penetra dentro alla nostra miseria impastata di
egoismo e di concupiscenza, e fa sì che diventiamo capaci di non
vivere per se stessi, ma per Lui. è lo stesso amore che rigenera la
nostra umanità : «se uno è in Cristo, è creatura
nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove».
Carissimi giovani, comprendete ora che cosa significa “prendere il largo”?
che cosa significa non temere più di intraprendere la traversata? Riascoltiamo
ancora il S. Padre: «Certe volte la vita umana sembra essere troppo corta
per l’amore. Certe volte invece no – l’amore umano sembra
essere troppo corto per una lunga vita. O forse troppo superficiale. In ogni
modo l’uomo ha a disposizione un’esistenza ed un amore – come
farne un insieme che abbia senso? Eppoi questo insieme non può mai essere
chiuso in se stesso. Deve essere aperto perché da un lato deve influire
sugli altri esseri, dall’altro riflettere sempre l’Essere e l’Amore
assoluti. Deve rifletterli almeno in qualche modo. è questo anche il
senso ultimo delle nostre esistenze» [ibid. pag. 867].
Carissimi giovani, questa sera Cristo vi chiede di fare della vostra vita
il luogo dove si riflette l’Essere e l’Amore assoluti: il sole
non sta dentro alla piccola goccia di rugiada rendendola tutta luminosa? Sulla
povera barca di Pietro non aveva posto la sua dimora la Potenza che fa tremare
gli angeli? Questo è il miracolo che Cristo vi chiede di compiere in
voi e che compiate voi con Lui: riflettere nella vostra vita l’Amore
assoluto.
è il sacerdozio questo miracolo: vaso d’argilla – dice
Paolo – che contiene un tesoro mirabile. è la verginità consacrata
questo miracolo: la ricchezza della vostra femminilità centuplicata
nell’unione sponsale con Cristo. Cristo è presente e raggiunge
ciascuno di noi e vuole riprodurre Se stesso.
«L’Amore è una sfida continua. Dio stesso forse ci sfida
affinché noi sfidiamo il destino» [K. Woitila].