1. Cari fratelli e sorelle, che cosa è che mette in movimento tutto l’io della peccatrice da spingerla ad un effusione quasi priva di controllo? Che cosa è che impedisce alla presenza di Cristo di rompere il nocciolo duro della mentalità del fariseo che invita Gesù a pranzo? La narrazione evangelica in realtà si regge tutta su questa differenza: l’io della peccatrice mosso, commosso, visceralmente direi, dalla Presenza; l’io del fariseo chiuso dentro ad una mentalità che non si lascia trafiggere dalla Presenza.
La risposta è Gesù stesso a darcela, inventando una breve parabola: «un creditore aveva due debitori …». è il perdono come atto divino che mette in movimento, che commuove tutto l’io, perché è l’atto che rigenera l’io alla radice. E l’epifania, la trasparenza di un’io rigenerato è l’amore, la recuperata capacità di amare: «le sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece, quello a cui si perdona poco, ama poco».
Perché l’atto divino del perdono cambia l’io alla radice? Perché cambia in primo luogo l’identificazione del proprio io con i propri atti: «saprebbe chi è e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice». Il fariseo non comprende che proprio per il fatto che Cristo è “un profeta”, guarda quella donna non definendola, costringendola e identificandola con ciò che fa e ha fatto, ma come persona che ha alla fine un solo bisogno: amare ed essere amata. è questo sguardo di Gesù che rigenera l’io perché lo colloca nella sua verità .
è stato lo sguardo di Gesù a schiodare Pietro dal suo tradimento: «allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro … e [Pietro], uscito, pianse amaramente» [Lc 22,61-62]. La peccatrice «stando dietro, presso i suoi piedi, piangendo cominciò a bagnarli di lacrime».
Perché l’atto divino del perdono cambia l’io alla radice? Perché vedendosi amato, diventa capace di corrispondere all’amore, diventa capace di amare. Scrive Agostino: «non vi è … invito più efficace ad amare che essere primi nell’amore; e troppo duro è il cuore che , non avendo voluto spendersi nell’amare,non voglia neppure contraccambiare l’amore» [Prima catechesi cristiana 4,7,2; NBA VII/2, pag. 193]. Nell’esperienza di Zaccheo tutto questo è ancor più evidente.
Come avrete notato ascoltando la pagina evangelica, accade nella peccatrice perdonata un fatto davvero straordinario. Possiamo narrarlo colle parole di Paolo: «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me» [Gal 2,20]. Si opera un de-centramento dal proprio io al Tu di Cristo. La propria vita, il proprio sentire e pensare, le proprie scelte, tutto ciò che costruisce la propria persona non è più edificato sul proprio io ma in ordine ad in relazione a Cristo. «Nell’esperienza di un grande amore tutto si raccoglie, nell’esperienza io-tu, tutto ciò che accade diventa un avvenimento dentro quell’ambito» [R. Guardini]. L’asse dell’esistenza è il rapporto con Cristo vivente nella sua Chiesa.
2. Cari fratelli e sorelle, il grande pellegrinaggio che fra poco inizierà è una grande metafora dell’evento accaduto alla donna di cui parla il Vangelo, e che può accadere in ciascuno di noi mediante la celebrazione eucaristica. è ancora S. Paolo che ci aiuta a cogliere il legame profondo fra la Parola ascoltata, il Mistero celebrato, il pellegrinaggio a Loreto.
Scrivendo ai cristiani di Filippi, egli dopo aver narrato il suo incontro con Cristo come evento che cambia radicalmente il suo io, dice: «non che io … sia ormai arrivato alla perfezione; solo mi sforzo di correre per conquistarlo, perché anch’io sono stato conquistato da Gesù Cristo … dimentico del passato e proteso verso il futuro, corro verso la meta» [cfr. Fil 3,12-13].
Cari amici, l’incontro con Cristo “mette in movimento l’io” verso non qualcosa d’altro all’infuori di Cristo stesso. «Cerchiamo col desiderio di trovare, e troviamo col desiderio di cercare ancora», dice S. Agostino.
Ma arriverà il momento questa notte in cui vi sentirete stanchi, vi faranno male i piedi. Così prima o poi accade anche nella sequela di Gesù. E allora sei tentato di fermarti.
Non ci riesco: mi fanno male i piedi, e quindi non riesco a camminare dietro di Lui. E pensi che non ce la fai più a portare la croce di una malattia o di una grave sofferenza; che non sopporti più i tuoi genitori; che stai consumando i tuoi giorni perché non ti impegni nel lavoro o nello studio; che non riesci a non avere rapporti sessuali colla tua ragazza/o prima del matrimonio.
Ascolta quanto scrisse uno che per anni avvertì queste stesse difficoltà , anche quando aveva già capito che solo seguendo Gesù avrebbe trovato la vera gioia. Si tratta di S. Agostino, che dice: «forse tenti di camminare, e ti dolgono i piedi e ti dolgono perché … hai percorso duri sentieri. Ma il Verbo di Dio è venuto a guarire anche gli storpi. Ecco, dici, io ho i piedi sani, ma non riesco a vedere la via. Ebbene, egli ha illuminato anche i ciechi» [Comm. al vangelo di Giov. 34,9; NBA XXIV, pag. 725].
Cari fratelli e sorelle: Cristo è tutto. è la via; è la meta; è la forza che ci fa camminare. Amen.
