Al centro di tutto c’è solo Gesù. Cosa succede quando diventa un simbolo, un’entità distante, diffusa e senza volto, senza la storia che è anche la nostra storia? I Giudei chiedono i miracoli, i segni, che non bastano mai. Vogliamo essere convinti per non affidarci, per non abbandonarci all’amore, per non perdere il controllo. Dio non si impone, non ci convince: comunica il suo amore, resta alla porta e bussa, e sta a noi aprire accettando che entri. Certo, lasciare fuori il Signore non è cosa da poco! La paura, la paura di noi stessi più che di Lui, la paura dell’Altro senza il quale non siamo noi stessi, perché è proprio vero che “l’uomo può accettare se stesso solo se è accettato da qualcun altro”. Ha bisogno dell’esserci dell’altro che gli dice, non soltanto a parole: è bene che tu ci sia. Solo a partire da un “tu” l’”io” può trovare se stesso. Solo se è accettato, l’”io” può accettare se stesso. Chi non è amato non può neppure amarsi.
Questo essere accolti viene anzitutto dall’altra persona. Laddove diventa dominante il dubbio riguardo a Dio, segue inevitabilmente il dubbio circa l’essere uomini. Vediamo, oggi, come questo dubbio si diffonde. Lo vediamo nella mancanza di gioia, nella tristezza interiore che si può leggere su tanti volti umani. Solo la fede mi dà la certezza: è bene che io ci sia. È bene esistere come persona umana, anche in tempi difficili. “La fede rende lieti a partire dal di dentro”. I Greci cercano la sapienza, cioè lo gnosticismo, il pensarsi adulti come autosufficienti, che è molto diverso dall’essere se stessi, che invece è sempre in relazione agli altri. Ed è diverso anche dalla coscienza, che rischia “una fede rinchiusa nel soggettivismo”, sempre tesa a interpretare, tanto che tutto rischia di perdere l’immediatezza e la forza dell’incontro, e restano solo le interpretazioni.
A volte un labirinto che non permette più la chiarezza e la bellezza dell’incontro. Attenta ad una serie di ragionamenti e conoscenze che si ritiene possano confortare e illuminare, ma dove il soggetto in definitiva rimane chiuso nell’immanenza della propria ragione o dei suoi sentimenti. Non c’è “Gesù e il suo amore che ci fa perdere per il prossimo” (EG). Noi predichiamo Cristo crocifisso?
E la predicazione non è pronunciare solo il nome, che certamente va fatto, ma soprattutto vivere come Lui un amore più grande, fino alla fine, senza calcoli e convenienze. Questo scandalizza Pietro, che vuole vincere senz’amare, senza soffrire, fino a un certo punto, solo se conviene, se sono sicuro del risultato, ed è stoltezza per i pagani, perché tutto ha un prezzo, un costo, niente è gratuito. Gratuito, come non può non essere l’amore. Ritroviamo in questi giorni centrali dell’anno e della nostra fede solo Cristo, e con Lui noi stessi. Nessuno è spettatore: siamo tutti attori e la linea del bene e del male passa dentro di noi. Penso alle sfide della nostra Chiesa e della Chiesa nel mondo con le sue tante sfide.
Non possiamo permetterci la divisione. Ecco perché la preghiera insistente affinché siamo una cosa sola. E come si diventa uno? La via dell’amicizia vicendevole. Non è mai scontata e non ci sono scuse. Come per il servizio ai poveri, il servizio alla comunità è servizio e non servirsene (201). Parafrasando l’Evangelii Gaudium nessuno dovrebbe dire che si mantiene lontano dai fratelli, e nessun motivo è valido perché questo avvenga, nessuna giustificazione.
Va’ subito a riconciliarti con lui, mettiti d’accordo quando sei ancora in cammino! Come nessuno può sentirsi esonerato dalla preoccupazione per i poveri e per la giustizia sociale, così nessuno lo è per la fraternità. La Chiesa è organizzazione, ma soprattutto famiglia. E l’organizzazione, cioè i vari uffici della Curia, è necessaria per sollevare la famiglia e per permettere la relazione di fratelli, supporto per la libertà e la povertà necessarie. Ecco il nostro servizio, sempre come sotto la croce, perché è lì che si rivela la prima famiglia dei discepoli di Gesù. “Questa è tua madre e questo è tuo figlio”. Prendiamola con noi e aiutiamo la Chiesa a restare sotto la croce perché tanti, che sono nella sofferenza, sentano e vedano Gesù attraverso di lei.
