Messa per l’Ottavario di santa Caterina da Bologna

Oggi ricordiamo nel nostro rendimento di grazie l’elezione di Papa Francesco, quella sera in Piazza San Pietro in cui salutò tutti con il diretto e familiare “buonasera”, dicendo che i fratelli Cardinali erano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo e spiegando che iniziava un cammino: “Vescovo e popolo insieme”, per presiedere nella carità tutte le Chiese. Lo ringraziamo perché ci ha fatto camminare e ci ha portato dove non pensavamo fosse importante andare. Qualcuno pensa che sia pericoloso uscire, che è meglio mandare qualcun altro o aspettare che gli altri vengano, che è inutile andare nelle periferie come se questo significasse perdere il centro e non, invece, trovarlo. Con semplicità evangelica ha superato tante ipocrisie per aiutarci a vivere l’incontro con Dio nella vita concreta, nell’umanità così com’è, specie quella segnata dalla sofferenza, nelle pieghe della storia, nei poveri, così come avviene per chi segue Gesù e non le proprie tradizioni. Preghiamo per la sua malattia nella quale ci mostra la vera forza dell’amore. Ringraziamo per il suo servizio indispensabile alla comunione. Non c’è Chiesa cattolica senza colui che in maniera concreta la presiede nella comunione. Questa chiede servizio e dono, obbedienza e santità. Non si segue il Signore senza prendere con sé questa madre e farci prendere da essa! Non parliamo mai della nostra Madre Chiesa senza comunione! Non manchiamole mai di rispetto, non umiliamola con l’affermazione di sé o difendendo le nostre idee e convinzioni “credendole buone per tutti, e andando d’accordo solo con chi la pensa come noi”! Nella Chiesa possiamo dire “io” solo se diciamo “noi”, “mio” solo se impariamo a regalare tutto dicendo “nostro”. Intorno al successore di Pietro ritroviamo unità e pace, in un mondo così attraversato da personalismi, dalla logica della forza, segnato dalla Babele per cui non ci capiamo perché non parliamo la lingua dell’amore e semplicemente non mettiamo in pratica – come invece deve essere – quel riassunto di tutta la legge che è «fare agli altri quello che vogliamo sia fatto a noi».

Ci aiuta Santa Caterina, donna di speranza, fiducia, intelligenza, gioiosa, attenta alle persone perché piena dell’amore di Dio. L’immagine che è diventata il suo simbolo è quella che la raffigura mentre tiene tra le sue braccia il Bambino Gesù, il figlio dell’Altissimo, che rende concreta la tenerezza e la misericordia di Dio, il sole che ci visita dall’alto per liberarci dall’ombra della morte, lasciandosi Lui stesso avvolgere dalle tenebre della notte del male perché siano sempre illuminate dal suo amore. Caterina guarda il piccolo Gesù che riposa tranquillo tra le sue braccia, affidato a lei da Maria. Il fatto avvenne in un periodo di grande amarezza per lei. I santi vivono più di tutti la lotta contro il male, quello che la Quaresima ci ricorda di affrontare per non diventarne complici. Ella giorno e notte piangeva, tanto che ogni consolazione era motivo di maggior tristezza che di gioia. Non sappiamo perché provasse amarezza. A volte questa viene senza motivo, avvolge il nostro cuore facendo apparire tutto inutile, addirittura irritante. Forse le sembrava vano il suo pregare, forse era rimasta ferita da qualche parola o gesto delle Sorelle, forse i problemi le apparivano tanto più grandi della sua fragilità. Chiese il permesso alla madre abbadessa di rimanere a vegliare la notte in chiesa e Maria «cortesemente e con grande benevolenza» le pose in braccio il Bambino. Ella stringendolo al petto capì la grandezza dell’amore, tanto che si interrogava come mai il suo cuore non si fosse spezzato e sciolto come la neve al sole, vedendo, gustando e dolcemente abbracciando lo splendore della gloria del Padre! È l’amore che ci cambia. È sentire il suo cuore che ci fa trovare il nostro.

È l’incontro concreto con la presenza di Gesù che trasforma l’amaro in dolce, la paura in coraggio, la fragilità in forza. Scrive Papa Francesco: «In questo mondo liquido è necessario parlare nuovamente del cuore; mirare lì dove ogni persona, di ogni categoria e condizione, fa la sua sintesi. (…) Nella società di oggi, l’essere umano “rischia di smarrire il centro, il centro di sé stesso”» (DN 9). «Il problema della società liquida è attuale, ma la svalutazione del centro intimo dell’uomo – il cuore – viene da più lontano» (DN 10). (…) «L’uomo contemporaneo, infatti, si trova spesso frastornato, diviso, quasi privo di un principio interiore che crei unità e armonia nel suo essere e nel suo agire. Modelli di comportamento purtroppo assai diffusi ne esasperano la dimensione razionale-tecnologica o, all’opposto, quella istintuale» (DN 9). Manca il cuore e, oppure, scambiamo per emozioni ciò che è di superficie.

Abbiamo tante emozioni ma non hanno a che fare con il cuore, anzi lo disperdono, lo ingannano come gli affanni di Marta, facendoci così comandare dalle abitudini o dall’istinto, che non è certo il nostro cuore, il nostro vero io! «Di fronte al proprio mistero personale, forse la domanda più decisiva che ognuno si può porre è questa: ho un cuore?» (DN 23). Sentire e gustare il Signore e onorarlo è cosa del cuore. «Solo il cuore è capace di mettere le altre facoltà e passioni e tutta la nostra persona in atteggiamento di riverenza e di obbedienza amorosa al Signore» (DN 27). «Solo a partire dal cuore le nostre comunità riusciranno a unire le diverse intelligenze e volontà e a pacificarle affinché lo Spirito ci guidi come rete di fratelli, perché anche la pacificazione è compito del cuore. Il Cuore di Cristo è estasi, è uscita, è dono, è incontro» (DN 28). Il Cuore di Gesù è la nostra unica speranza perché tutto il suo amore ci fa sentire infinitamente amati da Dio. «Ogni essere umano è oggetto dell’infinita tenerezza del Signore, ed Egli stesso abita nella sua vita. Gesù Cristo ha donato il suo sangue prezioso sulla croce per quella persona» (EG 274).

Caterina prende Gesù, ma è Gesù che ci prende con sé. «Impariamo a riposare nella tenerezza delle braccia del Padre in mezzo alla nostra dedizione creativa e generosa. Andiamo avanti, mettiamocela tutta, ma lasciamo che sia Lui a rendere fecondi i nostri sforzi come pare a Lui» (EG 279). «Il trionfo cristiano è sempre una croce, ma una croce che al tempo stesso è vessillo di vittoria, che si porta con una tenerezza combattiva contro gli assalti del male» (EG 85). Ecco, Caterina è donna di Speranza perché piena della gloria di Dio, cioè del suo amore, riflette la forza che libera dal male. Santa Caterina lo combatte perché sa che ci distrugge e comprende l’animo umano più di qualsiasi esperto o interprete. «Quando raggiungiamo l’intimo di quel Cuore, siamo inondati dalla gloria incommensurabile del suo amore infinito di Figlio eterno, che non possiamo più separare dal suo amore umano. È proprio nel suo amore umano, e non allontanandoci da esso, che troviamo il suo amore divino: troviamo “l’infinito nel finito”» (DN 67).

Risplenda, dunque, la sua immagine nella nostra vita, risplenda nel nostro amore, risplenda nelle opere perché, come per Santa Caterina, si manifesti in noi la bellezza dell’amore di Cristo. Siamo generati per amare, per essere riflesso di Dio e del suo amore, “astri in terra”, non perché protagonisti (che pena certe esibizioni di sé…!) ma perché pieni di amore, l’unico che ci rende davvero belli e luminosi. Ricordiamoci che i cristiani non sono quelli che “parlano” di Dio, o peggio, se ne appropriano o lo riducono a un ente senza volto, senza storia, senza passione, ma sono quelli che riverberano la bellezza del suo amore. La speranza è sempre un progetto comunitario. Dare cuore al mondo, contro la tentazione così ricorrente di vivere senza cuore, anzi spaventati di guardare il prossimo con il cuore. Senza cuore non vediamo nessuno. Con il cuore tutto si accende e diventa amore ricevuto o da dare, senza più paura. Con la fiducia serena e forte di Santa Caterina chiediamo perché sappiamo che ci sarà dato; cerchiamo e troveremo, bussiamo e ci sarà aperto, e lo facciamo quando ci sembra tutto chiuso e inutile, come avvenne per lei. Anche noi, però, quando qualcuno chiede qualcosa doniamo volentieri; se qualcuno cerca qualcosa da noi doniamolo, e se il prossimo bussa alla porta del cuore apriamogli e diamo il cuore. Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. Come Caterina, perché ciò protegge dal male e ci fa trovare la nostra vera immagine, riconoscendo questa nel prossimo e trattandolo come vorremmo avvenisse per la nostra vita. Ecco come capiamo la legge e i profeti e come la nostra gloria sarà vista da tutti.

Santuario del Corpus Domini, Bologna
13/03/2025
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