Una riflessione europea sulle chiese in dismissione
Il continuo calo di fedeli porta a interrogarsi sulla destinazione dei beni ecclesiastici non più usati. Il seminario internazionale «Territori di chiese in trasformazione» promosso dal Centro Studi per l’architettura sacra della fondazione Cardinale Lercaro, in collaborazione con l’Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto della Cei e della Chiesa di Bologna, l’8 e 9 maggio nell’aula magna della Fondazione Lercaro di via Riva Reno, è stato il luogo per un confronto sulle problematiche che in diversi paesi europei sono state affrontate, su come non disperdere il patrimonio sia sociale che culturale di questi edifici e su come rendere ancora fruibile alla comunità civile uno spazio nella città.
Un tema che ha risvolti sociali, culturali e di confronto con le realtà locali civili e religiose, come ha sottolineato Claudia Manenti, direttore del centro studi per l’architettura sacra e coordinatrice del seminario, e questo impone una riflessione che coinvolga tecnici, ingegneri e architetti, ma anche amministratori civili, legislatori e sociologi, perché i luoghi di culto sono espressione della società e del suo rapportarsi al sacro. Potrebbe sembrare una questione che nasce da una fase critica del momento storico che, come abbiamo detto, vede un calo dei fedeli praticanti.
Il seminario ha invece cercato di evidenziare nuove letture del fenomeno che richiede un diverso approccio al fatto che le chiese, gli oratori o i monasteri vengono abbandonati e in qualche modo consegnati alle comunità locali, le quali devono pensare a una destinazione ad uso comune e non sempre solo commerciale di questi spazi. È forse questa la novità che sta venendo avanti nelle diverse realtà europee che hanno partecipato al seminario: una nuova consapevolezza che queste strutture, presenti nelle città, non sono slegate al contesto sociale e culturale delle persone che vivono intorno ad esse, e come tali richiedono una assunzione di responsabilità da parte di tutti, per rendere questi spazi, luoghi di relazione, di condivisione e di incontro, e non solo luoghi di sosta temporanea o di passaggio veloce.
