Celebrazione cittadina del Corpus Domini

Oggi contempliamo il Corpo del Signore. È un mistero di amore che non smettiamo di comprendere, che ci fa “sentire” l’amore e la Presenza che, tardi di cuore come siamo, non sappiamo riconoscere, dimentichiamo e che, proprio per questo, non smette di scaldare il nostro cuore e restare con noi. Non è una lezione ma una Presenza che ci fa trovare il cuore, cioè noi stessi, perché troviamo Lui. È Cristo che “fa comunione” con noi ma ha bisogno del nostro cuore. Lui si dona per la nuova ed eterna alleanza, definitiva, che mette pace tra terra e cielo. Ma perché l’alleanza la capiamo bisogna essere in due e non può farla senza la nostra personale scelta. Lui fa comunione con il suo pane e questa ci impegna a fare comunione della nostra vita, a fare comunione con il nostro prossimo, ad essere prossimo per chi incontriamo. È una Presenza, non un’emozione, ineffabile, cangiante, un’entità indefinita e che per questo può assumere qualsiasi significato ma sempre modellato sul nostro io. È un Corpo che richiede attenzione, concretezza, costanza, che dobbiamo accogliere fisicamente nel cuore, che accende i nostri sensi. È nostro, non per possederlo, ma per amarlo. Con la sua Presenza non dona facili e generiche parole vaghe, distanti, insignificanti. Non è una interpretazione, è amore, spezzato e versato, amore che fa sentire amati ma che anche ci chiede di amare. Questo suo amore è il vero giudizio sulla nostra vita, sul nostro non amore, sulle complicità con colui che rovina la nostra vita e quella del prossimo. Il suo giudizio è l’amore che possiamo comprendere e per questo diventare consapevoli della nostra resistenza, diffidenza, chiusura e delle conseguenze che questo causa su di noi e sul prossimo.

È amore e non un calmante per nutrire il nostro io e rimanere soli. Sembra quasi che abbiamo paura del cuore, tanto che ci abituiamo a vivere senza, a tenerlo nascosto, perché farlo vedere ci fa sentire esposti, vulnerabili. Cosa diventa la vita senza cuore, cioè quell’intreccio che ognuno di noi è, che solo l’amore sa conoscere perché non siamo una registrazione di avvenimenti? In un mondo senza legami veri, egocentrico, pensiamo che il cuore per essere se stesso debba consumare, possedere, in quell’individualismo malsano che segna la vita. Il mondo così finisce per perdere il cuore. Papa Francesco ci ha offerto un esempio molto pratico: “Basta guardare e ascoltare le donne anziane – delle varie parti in conflitto – che sono prigioniere di questi conflitti devastanti. È straziante vederle piangere i nipoti uccisi, o sentirle augurarsi la morte per aver perso la casa dove hanno sempre vissuto. Esse, che tante volte sono state modelli di forza e resistenza nel corso di vite difficili e sacrificate, ora che arrivano all’ultima tappa della loro esistenza non ricevono una meritata pace, ma angoscia, paura e indignazione. Scaricare la colpa sugli altri non risolve questo dramma vergognoso. Veder piangere le nonne senza che questo risulti intollerabile è segno di un mondo senza cuore” (DN). Avviene lo stesso per i bambini, in realtà per ogni persona: le sofferenze ci rendono uguali. Se il tesoro del nostro cuore diventa il denaro, il guadagno, la convenienza personale o di gruppo, vuol dire che siamo diventati un mondo duro e folle, perché si autodistrugge. Alcuni teorizzano che bisogna mettere da parte il cuore, come se non ci facesse vedere bene, diventasse ingenuità, ci facesse soffrire troppo, o che il mercato e lo sviluppo hanno conseguenze inevitabili e necessarie. Non possiamo mai accettarlo! La Pasqua è il doloroso passaggio che attraversa il buio, l’oscurità più grande, la morte. Solo così la speranza si realizza. La fiducia nel Signore addolcisce i “guai” inevitabili della vita vera, come dice Manzoni, e li rende utili per una vita migliore. Solo vedendo con il cuore, con gli occhi del cuore, scopriamo il mondo intorno.

L’Eucarestia dona il cuore e la comunione con il Signore e con i fratelli.  Ed è propria questa comunione la nostra forza, perché amore, infinito e con infiniti significati, amore che nutre il nostro cuore insoddisfatto, incerto, smarrito, peccatore. L’Eucarestia ci unisce intimamente e spiritualmente a Cristo, in ogni stagione della nostra vita, ci apre agli altri e ci rende membra gli uni degli altri. Noi stessi non siamo più divisi, ma una cosa sola in Lui. “La comunione eucaristica mi unisce alla persona che ho accanto, e con la quale forse non ho nemmeno un buon rapporto, ma anche ai fratelli lontani, in ogni parte del mondo”. Come ricorda Papa Leone XIV, nell’unico Cristo noi siamo uno. Camminiamo insieme, cammineremo insieme con la gioia nel cuore e il canto sulle labbra. Ci fermeremo ad adorare il suo Corpo, cioè a dire: “Gesù, io sono tuo e ti seguo nella mia vita, non vorrei mai perdere questa amicizia, questa comunione con te” (DN68). Restare con Gesù ci aiuta a restare e a non scappare, ci apre, non ci chiude, ci fa essere intimi con noi stessi per essere di cuore con tutti e non degli estranei e degli aggressivi come finiscono sempre per essere gli egocentrici. Adoriamo per essere pieni del suo amore e per imparare ad amare l’umanità che incontriamo, per scorgere in essa la Presenza di Dio, il riflesso dell’amore. In quei pochi pani possiamo vedere quello che non finisce e che vince il buio della notte. Saper stare in silenzio vicino a Gesù, ascoltarlo, guardarlo con amore, ci aiuta a sentirci guardati e a saper guardare per avere cuore e dare cuore. Se manca questa dimensione anche la stessa comunione sacramentale diventa superficiale, banale.

Come San Tommaso davanti al Corpo di Cristo risorto anche noi diciamo: “Mio Dio e Signore Mio”.

Chiesa di San Paolo Maggiore, Bologna
19/06/2025
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