Che gioia e che emozione! Per me, ma penso sia lo stesso per tutti voi, specialmente per chi è andato lontano da tempo ma porta sempre Trastevere nel cuore. Ritrovarsi ci aiuta a capire quanto è importante pensarsi insieme, essere “de noantri”, un noi, una comunità. A volte il ricordo inganna, ma quante volte, pensando a Trastevere, ricordiamo proprio relazioni affettive, una città che non era estranea quando oggi, invece, sperimentiamo tanta distanza ed estraneità! La nostra vita è legata a luoghi, e sappiamo che perderli fa sentire drammaticamente soli, disorientati, sembra far smarrire la vita e i legami che la compongono. Gesù conta perfino i capelli del nostro capo proprio per dire quanto è preziosa, perché amata, la nostra vita. Perché quello che rende preziosa la nostra assoluta fragilità è solo l’amore, quello che move il sol e le altre stelle, che muove il nostro cuore, che lo rende umano e grande.
Sentiamo oggi con noi i nostri cari, che magari attendevano la processione sporgendosi dalla finestra di casa e si commuovevano di tanta bellezza, o scendevano per “vedere” la Madonna e davvero la vedevano con gli occhi della fede e dell’amore. Oggi ci guardano dal cielo, li sentiamo uniti nel vincolo di amore che è la comunione dei santi, dal quale nessun ci può mai separare, se non noi stessi chiudendoci nell’inferno della solitudine. Essi ci ricordano la casa dove siamo diretti e dove saremo accolti al termine della nostra processione, guidati da Maria che crede nell’adempimento della Parola, Assunta in cielo, figlia del suo Figlio.
Ritrovarci oggi insieme è un dono che ci chiama a capire tutti quelli che, al contrario, vedono i loro luoghi cari distrutti dalla guerra, che perdono casa, lavoro e così gli sembra di non essere più nessuno, senza storia. Pensiamo a quanti devono mettersi in cammino, o sulle barche, alla ricerca di futuro e pieni della speranza di raggiungerlo, portando con sé la loro storia in qualche ricordo impresso nel cuore e nella mente. Anche per questo dobbiamo rendere i nostri luoghi sempre accoglienti e non dobbiamo mai far sentire nessuno straniero, senza volto e senza storia, insignificante, ma sempre quella persona unica che è, un’opportunità per noi di trovare il nostro prossimo. Se è vero che Trastevere è il cuore di Roma, dobbiamo tenerlo in esercizio, liberarlo da tante paure, violenze, cattiverie e riempirlo di umanità, attenzione, riguardo, specialmente per i più deboli, e sempre con tanta benevolenza verso tutti. Preoccupa quando – come purtroppo avviene – ci sentiamo stranieri a casa, invasi, senza una comunità, e diventiamo quindi aggressivi e difensivi allo stesso tempo. Sentirsi a casa e far sentire a casa dipende, però, anche da ciascuno di noi, da come guardiamo gli altri e ci rivolgiamo loro, ad iniziare dallo sguardo, dall’atteggiamento che rivela il riconoscimento dell’altro. Non costa nulla ma cambia tutto! La memoria della Vergine Maria ci fa sentire figli, tutti, per certi versi ci fa essere quello che siamo: bambini nel mistero della vita, bisognosi della tenerezza e della protezione della madre.
È la Madonna “de noantri”. Ce lo spiega Lei chi sono i noantri, altrimenti penseremmo solo a quelli che ci danno ragione, che la pensano come noi, che ci rassomigliano e, alla fine, de noantri ci sono davvero solo io! Lei ce li fa conoscere perché sono de noantri quelli che sono suoi. Oggi Maria ci fa sentire de noantri i tanti piccoli della sua terra, quelli che si vedono dal Monte Carmelo, minacciati, colpiti, che non possono curarsi, che soffrono senza soccorso. Sono de noantri le vittime di fame e sete usate come un’arma di guerra, evidente e inaccettabile ingiustizia e umiliazione di morire per un po’ di cibo, tanto che, come ha detto Papa Leone XIV, nella guerra “i primi obiettivi militari diventano le reti di approvvigionamento idrico e le vie di comunicazione”. Oggi ricordiamo i nostri cristiani colpiti a Gaza e con loro sono di Maria, e quindi de noantri, tutti coloro che sono travolti dalla tempesta della guerra, nella Terra Santa, in Ucraina e in tanti posti del mondo. Sono suoi e sono nostri, lo diciamo con orgoglio e con tanta commozione, pensando a fratelli per i quali Maria resta sotto la croce e che hanno una sofferenza terribile, da piangere. Siamo addolorati.
Tutti noi chiediamo qualcosa a Maria, specialmente quando misuriamo la nostra debolezza e dobbiamo invocare guarigione, consolazione per noi o per persone care che sono travolte dalla tempesta della malattia, che rivela la nostra debolezza e la vuole travolgere. La vita va sempre curata e il vero diritto è quello di avere protezione, essere sollevati dalla sofferenza con le cure necessarie, efficaci, e con quelle palliative, per togliere il dolore inaccettabile e per dare sempre dignità alla nostra debolezza. Chiediamo, sapendo che Maria intercede per noi, sentendo tanta dolcezza di essere protetti da Lei. Noi lo chiediamo! Ma non perdiamo tempo, e iniziamo noi a fare il disarmo, liberando il cuore da tante trincee, da mine che fanno esplodere tutto, da relazioni piene di rancore fatte solo per offendere o difenderci! Svelti, non c’è tempo da perdere, perché la guerra, la nostra con il prossimo e quelle che si combattono nei tanti pezzi della guerra mondiale, si vince con il dialogo, con l’amore. L’unica vittoria è la pace! La difesa serve, certo, e serve per proteggere, solo per proteggere, e se siamo Europa deve essere europea! Consapevoli che la guerra deve finire con gli accordi, cercandoli notte e giorno, con forza e convinzione, cercando tutti i soggetti e le alleanze sovranazionali che sono gli unici strumenti che possono permettere che ciò avvenga. Ma noi, insisto, il disarmo facciamolo subito, chiedendo perdono, mettendo pace, usando la vera e unica forza che non toglie la vita ma la dona, che è l’amore, liberandoci da odi, divisioni, pregiudizi. Così siamo e saranno di noantri! Ecco, questo vuol dire che non siamo e non saremo soli, figli di questa Madre che genera Gesù, che è fratello di tutti e va incontro ad ogni persona. Vuol dire che ci possiamo pensare insieme, che farlo non è un sogno impossibile ma inizia da me, e che stiamo bene solo quando vogliamo davvero bene. Questa Madre ci insegna ad essere umani e ci chiede di starle vicino, di prenderla con sé, di aiutare la Chiesa con il nostro amore, di smetterla di imporre noi stessi, di iniziare a combattere il male con il bene. Ecco cosa Maria ci chiede, avendo nei suoi occhi e nel suo cuore di madre tanta sofferenza: “Mi aiuti a proteggere i tuoi fratelli? Prendi sul serio il Vangelo e lo metti in pratica? Tratti i piccoli e il prossimo come fa Gesù?”.
Questa festa, infine, cade nel pieno del Giubileo della Speranza. Maria è donna della speranza, mette via la rassegnazione, lo scetticismo che smorza ogni entusiasmo, il calcolo che ci rende prigionieri di quello che pensiamo ci convenga nell’immediato e così ci rende pessimisti e arrendevoli, incoscienti di fronte alle tante difficoltà perché non sappiamo cosa fare. Il Monte Carmelo significa giardino e, oggi, vede intorno a sé un deserto drammatico di umanità, tanto che la vita non vale nulla, e il sangue di Abele viene versato tragicamente senza nemmeno suscitare il pianto e lo sconforto per le vite spezzate, per cuori pieni di odio e di vendetta, violenti e arroganti. Speranza e pazienza. La speranza non evita i problemi, ma li attraversa. Ne buio si scorge una luce: “Siamo ormai abituati a volere tutto e subito, in un mondo dove la fretta è diventata una costante. Non si ha più il tempo per incontrarsi e spesso anche nelle famiglie diventa difficile trovarsi insieme e parlare con calma. La pazienza è stata messa in fuga dalla fretta, recando un grave danno alle persone. Subentrano infatti l’insofferenza, il nervosismo, a volte la violenza gratuita, che generano insoddisfazione e chiusura”. Nell’epoca di internet, inoltre, dove lo spazio e il tempo sono soppiantati dal “qui ed ora”, la pazienza non è di casa. Se fossimo ancora capaci di guardare con stupore al Creato, potremmo comprendere quanto decisiva sia la pazienza. Attendere l’alternarsi delle stagioni con i loro frutti; osservare la vita degli animali e i cicli del loro sviluppo; avere gli occhi semplici di San Francesco che nel suo Cantico delle creature, scritto proprio 800 anni fa, percepiva il Creato come una grande famiglia e chiamava il sole “fratello” e la luna “sorella”. Riscoprire la pazienza fa tanto bene a sé e agli altri. Il nostro mondo ha sete di Dio perché ha sete di amore, perché preso dall’aridità spirituale. Se un uomo reca in sé un grande amore, questo amore gli dà quasi le ali e sopporta più facilmente tutte le molestie della vita, perché porta in sé questa grande luce. Questa è la fede: “Essere amato da Dio e lasciarsi amare da Dio in Cristo Gesù”. Ne basta davvero poco e non pensiamo che sia lo stesso se lo dai o no. La festa è stata fissata il 16 luglio, giorno in cui nel 1251 la Madonna con il Bambino in braccio apparve al primo padre generale dell’Ordine del Carmelo, Simone Stock, al quale consegnò lo scapolare, detto popolarmente “l’abitino della Madonna” che formava allora parte dell’abito. Lo scapolare, quindi, è come rivestirsi di Cristo ma anche come rivestire, noi, qualcuno del suo amore. Noi lo portiamo generalmente sotto i vestiti ma tutti debbono vedere nel nostro amore l’immagine di Maria.
Giovanni Paolo II pregò così la Vergine del Carmelo: “Maria Madre della Speranza, Vergine del Carmine, distendi il tuo scapolare come mantello di protezione, sulle città e sui paesi, sugli uomini e le donne, sui giovani e i bambini, sugli anziani e gli ammalati, sugli orfani e gli afflitti, sui figli fedeli e le pecore smarrite. Stella del mare e Faro di luce, conforto sicuro per il popolo pellegrino, guida i suoi passi nel suo peregrinare terreno, affinché percorra sempre sentieri di pace e di concordia, cammini di Vangelo, di progresso, di giustizia e di libertà. Riconcilia i fratelli in un abbraccio fraterno; fa’ che spariscano gli odi e i rancori, che si superino le divisioni e le barriere, che si appianino i conflitti e si rimarginino le ferite. Fa’ che Cristo sia la nostra Pace, che il suo perdono rinnovi i cuori, che la sua Parola sia speranza e fermento nella società. Amen”. Amen.
