Abbiamo bisogno di speranza per vivere! Abbiamo bisogno di pace! Che cosa succede quando viviamo senza, agitati da tanti affanni? Cosa succede quando ci abituiamo a convivere con la guerra, la crediamo ineluttabile, ne facciamo di nuovo il mezzo (ma impariamo dalle lezioni o dobbiamo aspettarne altre?), l’unico, per risolvere i conflitti e solo quando si capisce che non può funzionare, o il prezzo che comporta, ricorriamo al dialogo? È solo il dialogo che porta all’accordo, l’unico modo per arrivare ad una pace accettabile, possibile, e per questo giusta. E quanto poco dialoghiamo, non solo nelle sedi dei “grandi” ma anche in quelle dei tanti piccoli che si credono grandi e non chiedono scusa, non cercano la verità che è l’amore, non superano le distanze! “La vera essenza della morte è proprio la mancanza di speranza”, diceva Thomas Merton. E per questo Gesù è venuto – mistero di solo amore che spiega il mistero – nel mondo, viene in mezzo a noi. Nasce da Maria, scende nell’Arca del suo grembo perché nasciamo al cielo. Maria non cerca la pace per sé, ma per tutti. Quando facciamo così non la troveremo mai, perché nella soddisfazione del proprio egoismo vi è una gioia effimera che ci porta sempre alla sofferenza perché ci rende sospettosi, difensivi, miseri. La pace viene e si trova nell’amore disinteressato, donato, in un amore che cresce quanto più si dona ed in questo donarsi non vi è mai fine. Oggi Maria Assunta in cielo ci aiuta a cercare la via della speranza e della pace. Gesù e Maria non impartiscono lezioni, come i professionisti del benessere, che spiegano tutto ma non amano. Gesù ama e questa è la sua spiegazione di tutto e che non smettiamo di capire. Maria è Assunta in cielo perché anche noi, che siamo suoi figli, capiamo dove finisce la nostra vita al di là della fine, entriamo quindi nel presente perché abbiamo capito il nostro futuro e lo cerchiamo. La speranza sa che le cose cambiano ma non aspetta solamente, inizia a viverle oggi, nel presente. La speranza sa vedere nell’oggi il non ancora, cioè nei germogli il frutto; nel seme più piccolo l’albero più grande; nella guerra la pace; nella vendetta il perdono; in uno sconosciuto il nostro prossimo; in un malato la persona; in un nemico il fratello che non ti riconosce più. Questo non avviene subito! Dobbiamo avere pazienza. Noi siamo abituati a volere tutto diventando insofferenti, nervosi, violenti, perché guidati dall’istinto dell’insoddisfazione e della chiusura. Per avere speranza dobbiamo riscoprire la pazienza, coltivarla, esercitarci, allenarci, smettendo di essere compulsivi, istintivi. Seminiamo amore, attenzione, benevolenza sempre e comunque. E ricordiamoci che l’amore è nei piccoli gesti, non nelle grandi dichiarazioni! Noi non aspettiamo tutto dalla terra che, non dimentichiamolo, “è semplicemente luogo di passaggio”. E troveremo quello che abbiamo legato o sciolto: per questo pensare al cielo ci fa vivere bene sulla terra.
La donna che abbiamo ascoltato dal Vangelo di oggi rivolge i complimenti a Gesù pensando che sia impossibile per lei quella beatitudine, quella gioia. La risposta di Gesù apre anche per lei una via di gioia. Il cielo inizia stando con Lui e facendolo stare nel nostro cuore e in mezzo a noi. Beato è chi ascolta e mette in pratica la sua Parola. Maria vive la prima beatitudine del Vangelo! È umile, non potente, periferica, non è tra i grandi con i loro troni ma una qualunque secondo il mondo, ed è rimasta umile perché sapeva che solo la grazia, cioè l’amore, innalza, non l’orgoglio. Ci insegna la pazienza, perché serba nel cuore, resta sotto la croce, aspetta che Lui dica quello che serve per avere vino e salvare la festa. La pazienza “è la capacità di tendere alla meta, quando si incontrano sulla via i più diversi ostacoli, di conservare uno spirito gioioso quando c’è troppa tristezza”. La pazienza è attiva, non passiva, non si arrende e, con insistenza, come il contadino lavora perché ci siano i frutti. Pazienza aiuta a vedere tutto con benevolenza, anche l’altro, smettendo di esercitarci al contrario nei giudizi, nelle pagliuzze che diventano parlare male, piccole vendette, ostilità. La persona paziente “vedrà per prima cosa quello che c’è di bello in quella donna o in quell’uomo”, vedrà la bellezza dei doni del creato e delle creature, quelli che capiamo solo quando ci sono tolti! “Una persona del genere è sempre felice, perché è in unità con tutti, vive di amore”, diceva Padre Men. Ma bisogna iniziare noi. “Si aprì quando il primo ebreo vi mise dentro il piede. Non già che videro il mare aperto, la sabbia asciutta e quindi vi avanzarono dentro; ma quando misero il piede nell’acqua e l’acqua si aprì”, ricordava Ermes Ronchi! La speranza significa che l’impossibile diventa possibile. Ma come Maria bisogna dire di sì. Tutto è possibile a chi crede. “È possibile che il Verbo eterno si faccia bambino e fame di latte, e pianto di neonato e bisogno di abbracci e carne inchiodata nel legno. È possibile che Paolo, il persecutore, diventi il più grande diffusore del Vangelo. È possibile che Lazzaro oda la voce nel buio della grotta e esca fuori. È possibile che nella prostituta si risvegli la donna. È possibile amare i nemici e non ucciderli”. È possibile. Iniziamo noi, mettiamolo in pratica. Gesù viene verso di noi portando una pace che il mondo non può dare: ce la consegna il suo amore e ce la affida perché la doniamo a tutti. Cos’è questa pace? “Non è una terapia psicologica, né l’effetto di qualche slogan efficace, né una tecnica di autocontrollo. La pace è Dio stesso, in noi”. In un mondo di guerra, di logica della forza, dove si pensa che si può sopravvivere uccidendo il prossimo e continuando, anzi, perfezionando il terribile e inaccettabile mors tua vita mea, ognuno di noi e tutto il mondo anela alla pace. Per trovare la pace vera dobbiamo desiderare che gli altri abbiano pace come noi, e dobbiamo essere pronti a sacrificare qualcosa della nostra pace e della nostra felicità affinché gli altri abbiano pace e possano essere felici. La donna del Vangelo di oggi per fare un complimento, per ammirazione verso Gesù, pensa alla beatitudine come a una condizione indipendente dalle sue scelte, una fortuna notoriamente cieca. Beati, piuttosto, coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano! Dipende da noi. Eliminiamo dal cuore ogni forma di violenza, che poi sale alla lingua e anche negli occhi, vinciamo ogni sentimento di sopraffazione sul fratello! All’inizio sarà dura (anche dopo ma sempre meno) ma poi scopriamo la gioia dell’incontro, dell’amicizia. Aboliamo già noi la guerra! Scegliamo l’amicizia che è, come ha detto Papa Leone XIV, via della pace. Aboliamo i rapporti di possesso con il dono, i confronti con la stima, l’odio con il perdono, la violenza con la mitezza. Ripariamo tante relazioni inerti o negative. Chiediamo perdono e recuperiamo i fratelli, perché siamo fratelli tutti. L’abbiamo questa idea della fratellanza universale? Non è un’utopia, un bel sogno fuori dalla realtà! Anzi, ci fa scoprire la realtà. L’amicizia, cioè trattare il prossimo come fratello, e lo è proprio per questa nostra Madre che Gesù ci ha dato, deve essere la legge, il principio, il criterio dominante del rapporto tra noi per non cedere allo sconforto e alla rassegnazione. Maria, nostra Madre di fratellanza universale, che genera Cristo e ci ricorda che anche noi siamo figli, generati da Lui, ci renda pazienti operatori di pace, che seguono il principe della pace Gesù.
