Martedì 12 marzo alle 18

Messa dell’arcivescovo con gli operatori del diritto

La liturgia in San Procolo è curata in collaborazione con L'Unione dei giuristi cattolici di Bologna

Martedì 12 marzo, alle ore 18, nella chiesa cittadina di San Procolo, il cardinale Matteo Zuppi celebrerà la Messa dedicata, in particolare, agli operatori del diritto (notai, magistrati, funzionari, avvocati, professori universitari, studenti di Giurisprudenza), in segno di attenzione e sollecitudine pastorale verso la comunità che opera quotidianamente nei luoghi della giurisdizione e dell’insegnamento giuridico. La liturgia è curata in collaborazione con L’Unione dei giuristi cattolici di Bologna.

L’invito dell’Unione giuristi cattolici di Bologna.

Siamo tutti invitati alla Messa dell’Arcivescovo del 12 marzo alle 18 a San Procolo, e con noi tutti coloro che ci sono vicini e chiunque vorrà partecipare. È un’occasione unica, anche per poter pregare assieme a tanti amici e ascoltare quello che il nostro arcivescovo vorrà comunicarci. Oggi non trovando il tempo di fermarci a pensare, non riusciamo a creare lo spazio di ascolto. E poiché siamo immersi in una cultura che fa precedere il fare all’essere, inconsapevolmente cerchiamo di produrre effetti più che coltivare possibilità. Ma solo quando si è inattivi l’essere si fa sentire. Senza preghiera la vita quotidiana è più impegnativa, perché le nostre forze sono precarie. Precario ha infatti la stessa radice di preghiera: precario è chi sa di non avere e chiede. Preghiera è allora tutto ciò che ci dispone a ricevere il mondo andandogli incontro: leggere, meditare, camminare, scrivere, ascoltare… sono «passività-attive», la vita accade se le permettiamo di farlo, le diamo spazio, diventiamo cassa di risonanza. Alla fine del vangelo di Giovanni, c’è un personaggio, Tommaso, che, assente al momento in cui il risorto sorprende i suoi amici riuniti a compiangerlo, afferma che non crederà mai alla resurrezione di Cristo, a meno di non «toccarne» le ferite. In Tommaso ci siamo tutti noi, vogliamo fare esperienza del metodo per vincere la morte già in vita, solo questo darebbe senso a tutto, persino al morire. E così, narra Giovanni, una settimana dopo, Cristo si mostra a Tommaso, invitandolo a fare ciò che desiderava: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non mostrarti più incredulo ma fiducioso!» (Gv, 20). In Giovanni invece c’è una prospettiva spiazzante per la vita quotidiana. Vuoi credere al fatto che le cose morte possano rinascere? Metti il dito nella tua piaga, non cercare la felicità nella potenza, nell’apparenza, nella forza, perché queste cose si procurano a fatica, non sono mai garantite del tutto e svaniscono, mentre i limiti li hai già, a portata di mano, gratis e sino alla fine. Il cielo è lì. Metti il dito nella piaga degli altri, non per farli soffrire, ma per curarli, non cercare la loro influenza, luce, forza, per poter esistere, ma la loro fatica: chiedi come stanno, che cosa li fa soffrire. Il cielo è lì. Le ferite di Cristo sono nelle mani, nei piedi, nel costato, ferite dello stare (chi sei?), del fare (che fai?) e delle relazioni (che o chi ami?). La comunione non è ragionamento o impegno morale, ma un fatto: la carne è dono che ho in comune con un dalmata e un passante. Nell’uomo c’è però un di più, l’aggiunta di un respiro: la carne si può aumentare. Infatti, dell’uomo e della donna uniti si dice addirittura che diventano «una sola carne», un nuovo soggetto talmente vivo da poter creare nuova vita. La carne è quindi la relazione più o meno intima che posso intrattenere con tutto ciò che vive per creare altra vita. Ma allora che cosa è questa carne divina? Non è una fetta di Dio ma la sua vita, che la carne (relazione con Lui e con tutto/i) può darmi. E che vita è quella di Cristo nella carne? Una vita limitata come la mia, ma non ego-centrata e quindi in affanno a procurarsi qualche giorno in più. Il limite per lui non è una condanna ma la possibilità di aprirsi all’infinito in due direzioni: Dio e gli uomini, è un dono per il dono, il limite non fa paura ma fa vita.

Bruna Capparelli,
Unione giuristi cattolici

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