Covid-19

«Non c’è futuro senza memoria»

Domenica 13 marzo in Piazza Maggiore l'installazione per la Giornata nazionale in memoria delle vittime della pandemia

«Non c’è futuro senza memoria» è il titolo della Giornata nazionale in memoria delle vittime del Covid-19, che dal 2021 cade il 18 marzo di ogni anno, in ricordo dei morti a causa della pandemia.

Domenica scorsa, 13 marzo, Piazza Maggiore ha accolto gli oltre 3.700 bolognesi che sono morti a causa del Covid-19, i cui nomi hanno popolato il Crescentone, ognuno scritto a mano su un cavaliere di alluminio bianco assieme all’anno di nascita e accompagnato da una piccola candela led a illuminare il buio della notte che abbiamo attraversato in due anni di pandemia. Dall’ultracentenaria Alda, nata nel 1914, fino al piccolo Mahmoud del 2019. L’iniziativa nasce da una rete di associazioni di volontariato che hanno supportato la campagna vaccinale anti-covid, con il coordinamento di Croce Rossa Italiana – Comitato di Bologna e Cefa onlus, e la partecipazione di Ageop, Agesci, Amaci, Anglad, Anpas, Ant, Associazione Mario Campanacci, BimboTu, Comunità di Sant’Egidio, Cucine Popolari, Fanep, Fondazione Policlinico Sant’Orsola, Piazza Grande, Piccoli Grandi Cuori.

Tra le varie personalità cittadine è intervenuto anche l’Arcivescovo che ha ricordato come la pandemia e la guerra sono una cosa seria, e vanno combattute con intelligenza, tenacia e insistenza sapendo trarne le lezioni.

A nome dell’Agesci Bologna, Paolo Beccari ha scritto una preghiera che è stata letta in Piazza: «Dio della pace – si legge nelle ultime righe – che della pace hai il nome e il sogno e che della pace sei il segno e che in ogni nome e in ogni tempo ci unisci nel segno della pace, dona alle vittime di questa pandemia la tua pace per sempre ed allontana da noi, che cerchiamo la pace, tutte le pandemie che la soffocano».

Molte le persone che hanno ricordato i loro cari, come i familiari in memoria di Gigi: «In questi ultimi anni ho visto mio padre sempre accettare i limiti che il progredire della malattia gli imponeva: fino all’ultimo, nonostante le grandi difficoltà a comunicare, ha avuto uno sguardo dolce e riconoscente per le persone che gli erano vicino. Mi ha insegnato il valore della vita anche nel momento del declino, della debolezza e della malattia, in lui non c’è stata rassegnazione ma fede nell’abbandonarsi all’amore e all’abbraccio del Padre celeste: è stata per me una testimonianza di fede in Dio, che mi ha trasmesso».

Tra i tanti ricordi anche quello per Paolo Francalancia, che accomuna le esperienze di molti: «Anche a noi è successo, come a tanti purtroppo in questo periodo, di veder salire una persona amata su un’ambulanza e non poterla più toccare, più abbracciare. Non avremmo voluto che andasse così, abbiamo lottato in tutti i modi perché non fosse così, ma così è successo e ora non possiamo che accettarlo. Con il tempo ho imparato che le persone che si amano non si perdono, perché ti restano nel cuore e ti continuano a guidare, con i loro gesti, il loro esempio, il loro insegnamento».

Qui il video con l’intervento dell’arcivescovo.

Alcune preghiere e testimonianze lette

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