02 agosto 1980 – 2005
XXV della strage della stazione di Bologna
Cattedrale – 2/8/2005

Carissimi amici, la pagina evangelica appena ascoltata è particolarmente

adeguata alla celebrazione dei divini misteri nella memoria della strage della

stazione. Una memoria che oggi compie venticinque anni.

1. Come avete sentito, è la narrazione di una traversata del lago agitato

dal vento, che i discepoli del Signore compiono da soli, senza Cristo.

La “traversata” è una delle più eloquenti metafore

della vita. Tutta l’esistenza umana è un camminare sulle acque,

nel senso che siamo continuamente nel rischio di “affondare”. La

vita può affondare in qualsiasi momento nella morte; la nostra sete

di verità nell’acquiescenza acritica all’opinione della

maggioranza; il nostro desiderio di giustizia nei compromessi di opposti interessi;

la nostra libertà nella mera spontaneità; la nostra sete di amore

nella fragilità di vincoli solo momentanei.

è possibile “camminare sulle acque” senza affondare? Nella

pagina evangelica possiamo constatare che per un po’ di tempo l’impossibile

a Pietro riesce: «Pietro, scendendo dalla barca, si mise a camminare

sulle acque ed andò verso Gesù». Ma ben presto accade ciò che

a noi sembra inevitabile: «ma per la violenza del vento, si impaurì e

cominciò ad affondare».

Che cosa ha reso possibile a Pietro l’impossibile? è la fede

in Cristo. Lui è capace di farmi “camminare sulle acque”.

Di vincere la morte: «io sono la risurrezione e la vita»; di saziare

il nostro desiderio di verità: «io sono la verità; chi

segue me, non cammina nelle tenebre»; di renderci veramente liberi: «se

il Figlio vi farà liberi, sarete veramente liberi».

Che cosa ha fatto affondare Pietro? L’aver avuto paura, perché distogliendo

lo sguardo da Cristo fece affidamento sulle sole sue forze. Il secolo che si è appena

chiuso è affondato nella barbarie perché l’uomo ha voluto

fare senza Dio; l’Europa ha rinnegato le sue radici cristiane.

2. Carissimi amici, il fatto tragico di cui noi oggi facciamo memoria si iscrive

in quella logica anti-umana che cercava di affondare la civile convivenza nella

barbarie della violenza.

Se noi oggi ricordiamo quella tragedia, è perché da questa memoria

vengono a noi insegnamenti di perenne attualità.

Lo spartiacque fra una società umana ed una convivenza indegna dell’uomo è costituito

dall’inviolabile sacralità di ogni vita umana innocente. Chi non

riconosce questo valore incondizionato non è degno di appartenere al

consorzio umano. Ottantacinque innocenti sono stati uccisi, intere famiglie

distrutte per sempre, il volto civile della nostra città sfregiato;

di questo noi oggi facciamo memoria non per rinfocolare odî ma perché vogliamo

continuare a costruire la nostra convivenza sulla giustizia e sulla verità.

Anche noi, come Pietro, teniamo lo sguardo fisso su Cristo, se non vogliamo

affondare. Egli ha preso su di sé ogni ingiustizia per redimere l’uomo

dalle degradazioni della sua dignità. Questo giorno, ricordo perenne

di una disumana violenza, resti condiviso nella comune memoria di tutti perché possiamo

assicurare sempre alla nostra città una convivenza adeguata alla dignità dell’uomo.

 

02/08/2005
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