10° anniversario della canonizzazione di Santa Clelia Barbieri

San Giovanni in Persiceto, Santuario di Le Budrie

A dieci anni dal giorno splendente e indimenticabile della sua canonizzazione, possiamo misurare con animo consolato quanto santa Clelia sia andata accrescendo il suo fascino sulle genti vicine e lontane, e quanto la devozione, l’ammirazione, l’amore per lei si siano dilatati nella cristianità bolognese.

La sua umile figura, di giovane donna del popolo, rifulge ora dal nuovo altare della nostra cattedrale in compagnia degli amici più illustri e più cari che noi abbiamo presso il trono di Dio: l’apostolo Pietro, i martiri Vitale e Agricola, il vescovo Petronio nostro patrono. E’ il segno eloquente e persuasivo di come questa figlia di un povero bracciante – questa ragazza dall’esistenza semplice e nascosta – occupi ormai un posto di privilegio nel cuore della nostra Chiesa.

La sua canonizzazione è un grande dono che la Provvidenza ci ha fatto alla fine di questo secolo, in anni in cui non mancano davvero ai credenti i motivi di preoccupazione e di ansia. E’ un grande dono che ci incoraggia ad affrontare con fiducia gli inizi del terzo millennio.

Con la sua vita – inquadrata tutta in un’epoca difficoltosa per la Chiesa in Italia – santa Clelia ci insegna e ci ricorda che la vicenda umana è sempre nelle mani del Signore, anche quando sembra che essa si allontani da lui o a lui si ribelli.

Il 7 luglio 1867 il parlamento del nuovo Regno d’Italia – che decantava come suoi gli ideali di libertà per tutti – sopprime gli ordini religiosi e proibisce di costituire nuove congregazioni. Era un atto arbitrario, perpetrato da una minoranza di notabili e di borghesi contro la storia e l’anima della nazione italiana. Ma, visto come sono andate le cose, adesso ci sembra quasi un segnale a rovescio: da quel momento le famiglie di consacrati si moltiplicano in tutta la penisola, con una fecondità nuova e straordinaria.

Si vede che l’energia dello Spirito Santo non si lascia imbrigliare dalle belle pensate dei politici. Ebbene, lo Spirito vivificante del Risorto soffiò anche sul piccolo paese delle Budrie: il 1° marzo 1868 – otto mesi dopo l’interdizione governativa – Clelia Barbieri, Orsola Donati, Teodora Baraldi, Violante Garagnani entrano nella casa del maestro e dànno vita al primo germe di quella che sarà la Congregazione delle Suore Minime dell’Addolorata.

Sono, a ben guardare, le pacifiche e amabili vendette di Dio, il quale, quando decide dì intervenire, sa eludere e oltrepassare le presuntuose e insipienti deliberazioni degli uomini.

Ma lo Spirito del Signore non è morto, ed è lui la sola nostra speranza in un mondo che diventa sempre più complicato, sempre più regolamentato, sempre più amministrativamente inceppato; in un mondo, cioè, dove sembra che si riducano sempre più gli spazi di far del bene, di esercitare liberamente la carità, di educare cristianamente le nuove generazioni, di far risonare in mezzo a tanto vociare prepotente e vano il messaggio evangelico di salvezza.

Santa Clelia non aveva altro titolo di nobiltà che quello sublime di essere una faglia di Dio in virtù del battesimo che aveva ricevuto. Non aveva altra ricchezza che la vita di fede e di carità, che ella fervorosamente alimentava con i sacramenti e con lo studio delle verità cristiane. Non aveva altra appartenenza gratificante che quella ecclesiale, specialmente nella sua attuazione più consueta e immediata, cioè quella della parrocchia.

In questi suoi preziosi e cari vincoli esistenziali Clelia fu molto provata. Per esempio, in quegli anni (e precisamente dal 1860 al 1882) l’arcivescovado di Bologna rimase deserto: il governo di allora per ben ventidue anni ha impedito ai legittimi pastori di esercitare liberamente il loro ministero dalla loro sede propria e naturale. Certo Clelia, come tutti i buoni fedeli, dovette molto soffrirne.

Soprattutto con grande e stupito dolore ella assistette il 22 giugno 1866 all’arresto e all’incarcerazione di don Gaetano Guidi, il mite curatino delle Budrie che era il suo ispiratore, il suo consigliere, il suo difensore nelle avversità, il suo aiuto nei molti disagi. Ben cinquanta furono in quell’occasione i preti bolognesi che fecero esperienza delle patrie galere, senz’altra colpa che una coraggiosa fedeltà alla loro missione.

Clelia però non si smarrì, non si perse d’animo e continuò a fare della Chiesa – della santa Chiesa Cattolica – la sua famiglia più vera, la ragione più convincente della sua gioia e della sua fierezza, quasi la sua patria più sostanziale.

E’ una lezione importante che non dobbiamo trascurare, specialmente ai nostri giorni. Oggi la Chiesa è osteggiata e travisata un po’ da tutte le parti nella sua realtà, nelle sue intenzioni, nella sua storia; e non è troppo difesa neppure dai suoi figli.

Noi sappiamo invece che essa è il capolavoro del Signore Gesù; il capolavoro che egli è riuscito e riesce quotidianamente a ricavare dalla nostra umanità fragile e contaminata.

Con questo amore intemerato per la Sposa di Cristo noi potremo varcare serenamente la soglia del terzo millennio.

L’ultima lezione è la più necessaria. Il segreto della santità di Clelia è la sua passione per il “suo caro Sposo Gesù”. Il solo scritto che di lei si conosca – noi lo sappiamo – è la pagina sgrammaticata che è tutta un inno d’amore per lui.

Oggi veniamo sempre più a contatto con varie forme di culto non cristiane e con diverse proposte di uno spiritualismo naturalistico che non provengono dal Vangelo. Ed è facile che qualcuno tra noi faccia un po’ di confusione.

Che non ci venga mai in mente di paragonare neanche lontanamente il Figlio di Dio, crocifisso per noi e risorto, ai molti ideologi e fondatori di religione. Gesù è inconfrontabile: lui solo è il vero Maestro; lui solo è l’insostituibile Salvatore di tutti; lui solo è il Signore dell’universo; lui solo tra i nati da donna è, come diciamo nel Credo, “Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero”.

Nelle molteplici e disparate attenzioni che ci prenderanno nell’anno 2000 ormai alle porte – l’anno che è, prima di ogni altra cosa, il duemillesimo compleanno del Figlio di Maria che è anche l’Unigenito eterno del Padre – santa Clelia ci aiuti a non dimenticarci mai neanche per un momento del Festeggiato.

13/07/1999
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