Celebrazione degli infermi
organizzata dall’Unitalsi nell’ambito delle iniziative
 per la “Giornata del malato”

1.«E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la

morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le

cose di prima sono passate».  Carissimi fratelli e sorelle, questa

parola di Dio ci dona la certezza che la sofferenza umana sarà interamente

soppressa. La fede cristiana è certezza che ogni dolore umano scomparirà.

La medesima Parola ci rivela anche la ragione di tutto questo: «ecco

la dimora di Dio con gli uomini. Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno

suo popolo ed Egli sarà il “Dio-con-loro». La presenza di

Dio, la sua alleanza con l’uomo è il fatto che tergerà ogni

lacrima dagli occhi umani, che eliminerà la morte, il lutto, il lamento,

l’affanno. Anche l’apostolo Paolo parla di questo avvenimento scrivendo

ai cristiani di Corinto: «come tutti muoiono in Adamo, così tutti

riceveranno la vita in Cristo … perché Dio sia tutto in tutti» [1Cor

15,22-28c]. “Dimora di Dio con gli uomini” – “Dio tutto

in tutto”: quando questo accadrà in forma completa il dolore umano

sarà scomparso.

Certamente è possibile ritenere che questa speranza causata in noi

dalla parola di Dio sia vuota, non abbia alcun fondamento. Tuttavia senza essa

non si comprende il vero significato della nostra sofferenza, delle nostre

malattie, alla fine della nostra morte. I nostri dolori hanno un senso solo

se è certo che essi finiranno; che essi saranno soppressi. Non il dolore

di qualche persona: ogni dolore di ogni persona umana. Ogni persona umana deve

poter dire: «le cose di prima sono passate». Deve esserci un momento

in cui ogni sofferenza di ogni persona umana appartenga al passato. Ed è questo

che oggi ci dice la parola di Dio: «e tergerà ogni lacrima dai

loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento,

né affanno».

2.«Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: non

hanno più vino». Carissimi fratelli e sorelle, la pagina del Vangelo

ci dona ulteriore luce sul senso della nostra sofferenza.

Gesù risponde alle parole di Maria: «che ho da fare con te, o

donna? Non è ancora giunta la mia ora». L’ora di cui parla

Gesù indica il momento nel quale Egli compirà la sua opera di

salvezza. La risposta sembra un netto rifiuto; ciononostante Maria si rivolge

ai servi e dice loro: «fate quello che egli vi dirà». Allora

Gesù ordina ai servi di riempire di acqua le giare, e l’acqua

diventa vino, migliore di quello servito prima.

Quale profondo insegnamento è racchiuso in questa pagina evangelica!

Essa ci rivela la maternità di Maria nei nostri confronti, ossia la

sua sollecitudine per noi. Quanto ella ha fatto a Cana ha un valore simbolico:

la sollecitudine materna di Maria consiste nell’introdurre l’uomo

nel raggio, nell’ambito della potenza redentiva di Cristo. Ella si preoccupa

che l’uomo possa bere il vino nuovo; possa cioè ricevere il dono

della consolazione dello Spirito Santo.

Maria si pone come in mezzo tra il suo Figlio e le persone umane che “non

hanno più vino”: provate dal lutto, dagli affanni, dal dolore.

Si pone in mezzo per far presente al Figlio il bisogno dell’uomo di essere

sostenuto nella fatica delle privazioni di cui soffre: privazione della salute,

privazione della compagnia, privazione del senso. La mediazione di Maria è una

mediazione di intercessione.

Carissimi fratelli e sorelle, non a caso ogni santuario mariano è la

dimora di ogni sofferente. è Maria che ci introduce in quella prospettiva

di fede apertaci e svelataci nella prima lettura, poiché è Lei

che chiede per noi al Figlio di donarci il “vino nuovo” della speranza.

E se non sempre è la liberazione dalla malattia che riceviamo, è  la

consolazione dello spirito che sempre ci viene donata.

Allora, carissimi fratelli e sorelle, sostenuti dalla forza dei sacramenti

divini che ci fanno già pregustare il giorno della beatitudine, riprendiamo

il cammino con Maria nostra madre, sicuri che con lei non ci smarriremo.

L’esperienza del dolore sembra essere una contestazione molto forte

alle parole che abbiamo udito. Ma il Signore è la nostra forza, la garanzia

della nostra speranza. Non ci si arrende al dolore, ma al Signore che ci è vicino: «fate

tutto quello che egli vi dirà», ci dice Maria. Questo abbandono è il

segreto di una speranza che non delude.

 

12/02/2005
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