centenario della “società ginnastica Fortitudo”

Bologna, sede della società ,via S. Felice,103

Dall’ansia apostolica per la formazione integrale della gioventù che colmava la mente e il cuore del canonico Raffaele Mariotti, nasce la “Società ginnastica Fortitudo”, della quale noi siamo qui a ricordare la vicenda secolare, con animo grato al Signore e a quanti della benevolenza del Signore sono stati gli interpreti e gli strumenti in questi cento anni.

Perché la Chiesa, nella sua attenzione pastorale, non teme di riconoscersi interessata e vicina a una realtà sportiva come questa? Perché la Chiesa non può e non vuole rimanere estranea ai fenomeni che sono sanamente e autenticamente umani. E tra questi c’è indubbiamente lo sport.

Sport, noi lo sappiamo, è parola inglese, derivata dall’antico francese “desport”, che vuol dire “divertimento” (cfr. il vocabolo italiano un po’ desueto “diporto”).

Lo sport ha in sé, come si vede, la caratteristica nativa di essere “gioco”; caratteristica che non dovrebbe mai essere dimenticata, nemmeno nelle circostanze dei coinvolgimenti più accesi e nel prevalere dell’indomabile passione per il successo.

Né questo significa disistima e svalutazione. Al contrario: il gioco è tra le operazioni umane una delle più serie. L’uomo – in una visione davvero “cattolica” (cioè “secondo il tutto”) – non è solo “faber” o “sapiens”; è anche “ludens”. E appunto lo spazio dato anche alla dimensione “ludica” lo salva dall’essere totalmente asservito agli schemi tirannici della produzione e del consumo, restituendolo alla consapevolezza di essere spiritualmente libero e signore di sé: più grande cioè delle sue necessità inderogabili, delle sue funzioni obbligatorie, dei suoi condizionamenti vincolanti.

Lo sport però attiene non solo al concetto di “gioco”, ma anche al concetto di “corpo”. E’ ritenuto sportivo soltanto un gioco che comporti un’attività anche fisica e non solo mentale.

E anche qui ci soccorre, per una giusta visione delle cose, la concezione antropologica davvero “cattolica” (“secondo il tutto”). L’uomo possiede non solo un’anima – principio di conoscenza spirituale, di volizione e di amore – ma anche delle membra corporee. La formazione umana integrale non può perciò disattendere nessuna di queste componenti, anche se deve avvalorarle secondo un ordine che ne rispetti la rilevanza oggettiva.

E’ significativa la frequenza con cui san Paolo prende a prestito per il suo magistero i paragoni sportivi (la corsa, la lotta, il pugilato): questo denota in lui considerazione e sollecitudine. Anche se non manca di ammonirci che la “pietà” (cioè la vita di fede e il rapporto con Dio) è più utile di ogni esercizio fisico perché porta con se una migliore promessa non solo per la vita presente ma anche per quella futura (cfr. 1Tm 4,8).

Tutto questo per dire che l’attività della Fortitudo si innesta in un’antica tradizione cristiana e giustifica ogni sollecitudine ecclesiale. Ed è implicito in queste brevi riflessioni quale sia l’augurio che mi piace formulare per il futuro.

Euripide faceva dire a un personaggio di una sua tragedia: “Vi sono in Attica molti cattivi soggetti, ma gli atleti sono i peggiori”. Egli però si riferiva alle aberrazioni di un mondo pagano. In un mondo che ritorni a essere più sostanziosamente cristiano è fondata la speranza che proprio dalla educazione che viene dalla disciplina sportiva la nostra società riceva gli uomini moralmente più forti, più leali, più generosi.

17/11/2001
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