Convegno «La via Maestra: educare con lo sport» in occasione del 60° del Centro Sportivo Italiano di Bologna

Bologna

Ringrazio il Presidente Provinciale e Consigliere Nazionale, Stefano Gamberini, il Coordinatore Area Comunicazione, Matteo Fogacci, e tutto il Consiglio Provinciale, per avermi coinvolto in questa festa giubilare, che celebra i sessant’anni di presenza del Centro Sportivo Italiano a Bologna.
Sono lieto, inoltre, di portare il saluto del Cardinale Arcivescovo Carlo Caffarra, che segue il vostro lavoro con grande sollecitudine pastorale, specialmente in ordine al compito educativo del CSI, particolarmente urgente in questo momento di transizione culturale della Nazione italiana, dentro la complessa realtà dell’Unione Europea, che stenta a definire la propria identità.
Giovanni Paolo II ha scritto che, nella visione cristiana della vita, ogni giubileo “costituisce, per chi lo celebra, un particolare anno di grazia” e che tale evento viene ad assumere un “ruolo importante e significativo” per l’identità dell’Associazione (Cf. Tertio millennio adveniente, 15), aiutandola a cogliere il traguardo giubilare come un’occasione per una verifica del proprio impatto con la società, specialmente nei confronti delle nuove generazioni.
Sessant’anni di storia bolognese sono indice di un profondo radicamento nel territorio e stimolano il C.S.I. a guardare al futuro nell’ottica della sua ispirazione cristiana.
L’Associazione, infatti, “promuove l’esperienza dello sport come momento di educazione, di crescita, di impegno e di aggregazione sociale, ispirandosi alla visione cristiana dell’uomo e della storia, nel servizio alle persone e al territorio” (Statuto, Art. 1).
Le cifre parlano chiaro: 20.000 tesserati e 280 società affiliate. La stessa “Coppa della gioia”, l’evento sportivo principale del C.S.I., brilla come attività di riferimento per tutta l’Associazione. Tutto questo sollecita uno sguardo al passato, al presente e al futuro per elaborare una sintesi aggiornata del compito educativo del C.S.I.  attraverso lo sport.
È un’operazione impegnativa, ma necessaria, sollecitata anche ieri dal Papa al Convegno Ecclesiale di Verona, che don Luigi Guaraldi, nel vostro Settimanale di informazione sportiva aveva indicato come “momento di riflessione sulla testimonianza che i cristiani sono chiamati a dare, come persone, a Cristo Risorto, sorgente di speranza.
E don Giovanni Sandri aggiungeva che “per testimoniare bisogna imparare a non vivere da soli, ma in comunione con gli altri, per testimoniare la legge cristiana dell’amore”.
Proprio ieri, a Verona, Benedetto XVI ha affermato che la questione dell’educazione è oggi fondamentale e decisiva. Egli ha detto che per educare occorre sostanzialmente lavorare su tre fronti della persona: l’intelligenza, la libertà, la capacità di amare.
Questo triplice orientamento educativo, per chi si ispira a Cristo, nasce dall’incontro con la sua Persona. Ma anche chi non si ispira a Lui, in Lui non trova un ostacolo, ma scopre motivi laicamenti condivisibili per costruire un umanesimo aperto alla speranza, alla condivisione, alla promozione integrale dell’individuo e della società.
Il Papa ha detto che la ragione umana ha dato vita alle scienze moderne e alle relative tecnologie e questo ha messo in evidenza la matematica come creazione della nostra intelligenza. Inoltre il linguaggio matematico con cui leggiamo l’universo implica che l’universo stesso sia strutturato in maniera intelligente.
Tale constatazione portò Galileo Galilei ad esprimere la celebre affermazione che “il libro della natura è scritto in linguaggio matematico”. Ne consegue che quando usiamo bene la nostra intelligenza, cioè la ragione soggettiva, non brancoliamo nel buio, come dicono i “maestri del sospetto”, ma diamo consistenza e oggettività, cioè offriamo un aggancio con la realtà, all’uso dell’intelligenza, perché il nostro ragionare trova fondamento nella natura stessa delle cose.
A questo punto emerge una constatazione: se lo cose stanno così deve esserci  un’ “intelligenza originaria”, che funge da sorgente comune: e per la nostra ragione soggettiva e per la ragione oggettiva inscritta nella natura.
In tale prospettiva la riflessione sullo sviluppo delle scienze ci riporta verso il Logos creatore, il Verbo, la Parola intelligente e creativa di Dio, che si è fatto uomo in Gesù Cristo e che ci spinge, oggi, a un cambiamento di tendenza: non più il primato dell’irrazionale (vedi Blob), del caso, della necessità, ma riaggancio della nostra intelligenza e della nostra libertà alla capacità reale dell’uomo di ragionare e di scegliere le cose non per istinto, ma a ragione veduta.
Per questo, come disse il Cardinale Arcivescovo Carlo Caffarra al CSI, il 29 aprile 2004, “l’educazione delle nuove generazioni è possibile, perché è possibile introdurre i giovani nella realtà della vita in tutti i suoi aspetti”.
Occorre, pertanto, introdurre le nuove generazioni al retto uso dell’intelligenza, all’esercizio maturo della libertà, all’espressione del vero amore. Ma per questo – dice Benedetto XVI – è necessario soprattutto l’aiuto della Grazia di Dio, ma anche della capacità di risvegliare il coraggio delle decisioni definitive che, oggi, la cultura dominante considera un ostacolo per la nostra libertà.

In realtà, le decisioni definitive esaltano la libertà, perchè sono proprio degli uomini e delle donne ben formati, motivati, e spiritualmente robusti, in grado di crescere e di raggiungere qualcosa di grande nella vita.
In particolare di esprimere l’amore vero, capace di donare gratuitamente se stesso, nelle piccole come nelle grandi scelte.
Pertanto, dalla formazione al buon uso dell’intelligenza, della libertà e dalla capacità di amare fino al totale dono di sé, deriva, nell’uomo e nella donna la capacità di dire “no” alle proposte irragionevoli, alle illusioni del libertarismo, ai surrogati dell’amore, di cui sono pieni i palinsesti televisivi e i rotocalchi “usa e getta”.

Ma queste capacità di dire “no” rivela anche l’attitudine a dire i “sì” che contano nella vita: “sì” all’amore di Dio e del prossimo; “sì” all’amore tra l’uomo e la donna, aperto alla formazione di una famiglia stabile, come la vuole Dio creatore e la Costituzione italiana.
Questi “sì” sono necessari per restituire alla nostra Nazione un indice di natalità sufficiente, non solo alla sua sopravvivenza e alla sua competitività nell’economia di mercato, ma anche alla sua capacità di accoglienza del prossimo nel rispetto di quei valori di civiltà promossi dal cristianesimo e capaci di creare le condizioni per una concreta integrazione di altre culture.
Inoltre è necessario aiutare i giovani a dire “sì” al rispetto della persona, della dignità della donna, della vita, dal momento della sua origine, fino alla sua naturale conclusione.
Per giungere a questi traguardi, l’educazione deve promuovere nei giovani, mediante le risorse della fede, i frutti dello Spirito, di cui parla San Paolo nella Lettera ai Galati: «amore, gioia, pace, pazienza, bontà, fedeltà, dominio di sé» (Cf Gal 5,22).
Su questo fronte il valore pedagogico dello sport conserva tutte le sue potenzialità. L’attività agonistica non solo contribuisce all’equilibrio fisico, ma anche a quello spirituale e porta in se la capacità di coniugare insieme competizione e solidarietà, affermazione personale e gioco di squadra, nel superamento delle spinte egocentriche.
Ma le potenzialità educative dello sport vanno messe in sintonia con un progetto educativo globale secondo gli orientamenti dettati da Benedetto XVI a Verona. Solo così può diventare una “via maestra” nel compito educativo.
In tale prospettiva, la pedagogia sportiva cristiana vede nel salire sul podio o nei piani alti della classifica, non solo un’affermazione dell’individuo o di una squadra, ma lo stimolo della volontà di tutti all’impegno, alla solidarietà, al recupero dei più deboli, al superamento di quelle spinte negative che generano la violenza negli stadi e fenomeni aberranti come “calciopoli”, che umiliano la società civile e la democrazia.
Secondo la visione sportiva cristianamente ispirata, l’atleta o la squadra vincente, diventa segno di un’umanità in grado di governare se stessa, perché sostenuta dalla grazia di Dio e, perciò, in grado di accogliere tutte le sfide dell’esistenza – sconfitte comprese – nella consapevolezza che l’uomo e la donna sono chiamati a vincere la battaglia del bene contro il male.
Nell’ottica della pedagogia cristiana l’attività sportiva ha bisogno di rilanciare l’«identikit» che Giovanni Paolo II, oltre trent’anni fa, ha disegnato: «lo sport è gioia di vivere, gioco, festa e come tale va valorizzato e riscattato, oggi, dagli eccessi di tecnicismo e di professionismo, mediante il recupero della sua gratuità, della sua capacità di stringere i vincoli di amicizia e di apertura verso gli altri» (Giovanni Paolo II, 12-4-1984).
In vista di questi traguardi, la Chiesa continua a mostrare a tutti la sorgente della gioia e della festa, cioè la Pasqua del Signore, che ogni domenica, nella Messa, viene resa disponibile a tutti i battezzati, come sorgente inesauribile di energie spirituali.

 

 

20/10/2006
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