dedicazione della cattedrale di San Pietro

Bologna, Cattedrale

Il Signore ha dato ai nostri padri la gioia di costruirgli fra le case degli uomini una dimora dove egli continua a colmare di favori la sua famiglia che è pellegrina a Bologna (cfr. Prefazio della messa odierna).

E’ una gioia che nell’avvicendarsi delle generazioni non si è inaridita, è durata nei secoli, e oggi pervade e rallegra anche noi. Noi siamo qui appunto a ravvivare nei nostri cuori questa antica letizia e a riassaporarla ancora una volta con gusto rinnovato.

La cattedrale è il segno visibile della comunità diocesana: anzi, in essa palpita, ringrazia, supplica, celebra l’intera Chiesa di Dio. Noi amiamo perciò singolarmente questo tempio; e ogni solenne rito che qui ci raduna è per noi un privilegiato momento di grazia e una festa dell’anima.

Questo tempio – che, pur con ricostruzioni successive, è dall’origine il centro e il cuore propulsivo della vita cristiana della nostra terra – evoca e ripropone (a saperla leggere) l’intera storia religiosa della nostra città e del nostro popolo.

Da questa cattedra Cristo, che è il solo vero maestro, non ha cessato mai di rivelarci il Padre, di annunziarci l’imminenza del Regno di Dio, di promulgare la legge rivoluzionaria e pacifica della carità. Egli qui non ha smesso mai di insegnare né di guidare il suo gregge con la voce di tutti i vescovi che hanno via via impersonato in mezzo a noi l’Archipoimèn (cfr. 1 Pt 5,4), il “Principe dei pastori”, sempre vivo, sempre presente tra noi, sempre identico a sé, ieri e oggi e nei secoli (cfr. Eb 13,8).

Qui è risonata la voce di Eusebio, che sant’Ambrogio con un po’ di amichevole invidia definiva “esperto pescatore” di vergini consacrate (cfr. De virginitate 130). Qui è risonata la voce di Felice, già diacono del santo vescovo di Milano e caro a lui come un “figlio” (cfr. Ep. extra coll. III,3), che poi governerà per più di trent’anni la nostra diocesi, infondendo nel nostro organismo ecclesiale l’ardore apostolico e la sapienza pastorale che aveva attinto dal suo grande maestro. Qui è risonata soprattutto la voce di Petronio: più di ogni altro egli si è impresso indelebilmente per il suo zelo e le sue doti nella memoria del nostro popolo, che l’ha riconosciuto come protettore e padre, ed è fiero di fregiarsi con il suo nome e di custodire la sua eredità.

Ma tutti i centodiciassette miei predecessori oggi sono qui a farmi coraggio, a dare forza alle mie parole, a testimoniare l’inalterata fedeltà di questa Chiesa al suo Signore, a esultare con noi.

Certo la cattedrale è solo un segno, e ha perciò un’indole intrinsecamente relativa. Nell’epoca che è iniziata con la Pasqua di Cristo, il nuovo Israele adora il Padre “in spirito e verità” (Gv 4,23); e quindi, assolutamente parlando, esso non è necessariamente condizionato e vincolato per il suo culto da nessun luogo e da nessuna struttura muraria: “Né su questo monte né in Gerusalemme adorerete il Padre” (Gv 4,21). Il Sacerdote unico ed eterno offre il sacrificio dell’Alleanza definitiva “non in un santuario fatto da mani di uomo”ma nel cielo stesso” (Eb 9,24); e ogni eucaristia, dovunque si celebri, ci rende realmente partecipi di quell’unica oblazione che è offerta “sull’altare del cielo, davanti alla maesta divina” (Canone primo) e fa di ogni messa il sacramento – cioè la ripresentazione efficace – dell’eterna liturgia celeste.

Perciò se anche tutti i nostri luoghi sacri fossero distrutti dall’odio dissennato e dall’inesauribile insipienza umana, noi ne soffriremmo sì immensamente, ma non ne saremmo affatto annientati, purché continui a sussistere nella professione della vera fede e nella sua inalienabile identità la famiglia dei credenti, cioè “il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato” (1 Pt 2,9), come si esprime con intelletto d’amore per la santa Chiesa l’apostolo Pietro.

La cattedrale dunque è solo un segno, ma è un segno eloquente e prezioso nel quale tutta la vita ecclesiale si raffigura.

Essa, per usare la frase delle profezie di Isaia, è una “casa di preghiera”: “li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera” (Is 56,7), abbiamo ascoltato. Perciò ogni lode a Dio, ogni azione di culto, ogni forma di orazione, che si eleva da qui, dalla cattedrale, deve essere sempre fervida, dignitosa, esemplare.

Ma “casa di preghiera” in realtà vuol essere ogni assemblea di fedeli. Anzi, ogni comunità cristiana è chiamata a diventare – come opportunamente ci esorta Giovanni Paolo II nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte n. 33 – una “scuola di preghiera”, “dove l’incontro con Cristo non si esprima soltanto in implorazione di aiuto, ma anche in rendimento di grazie, lode, adorazione, contemplazione, ascolto, ardore di affetti, fino a un vero “invaghimento’ del cuore”.

Questo edificio – che si presenta, con la molteplicità dei suoi elementi e la cospirazione delle sue architetture, saldo, ben compaginato, armonioso – riproduce visivamente e simboleggia “la casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità” (1 Tm 3,15). In essa tutti noi, rigenerati nel battesimo e nutriti del Pane di vita (è ancora san Pietro che ce lo ha ricordato), veniamo “impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo” (1 Pt 2,5).

Tutte le “pietre vive” di una Chiesa particolare hanno – devono avere – una sola tensione appassionata (che li cementi tra loro e li preservi da ogni mortifera disgregazione): vale a dire, la ricerca di un’unità sostanziale di convinzioni e di intenti col magistero del vescovo, che vinca ogni tentazione frazionistica, ogni infatuazione ideologica, ogni fuga in avanti; il comune desiderio di annunziare a tutti l’unico Salvatore e il suo Vangelo; una volontà permanente di conversione personale perché sempre meglio risalti la bellezza della Sposa di Cristo; la decisione di rispondere sempre con prontezza e generosità al Signore che chiama.

Ecco un messaggio di serenità e di vigore, che ci incita e ci rincuora: oggi è arrivato a noi dalla nostra annuale meditazione sul mistero del tempio.

25/10/2001
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