La scuola cattolica nella missione educativa della Chiesa

La formulazione del titolo esprime già chiaramente l’andamento

e i tempi della mia riflessione. Sarà scandita in due punti. Nel primo

parlerò della missione educativa della Chiesa; nel secondo della scuola

cattolica in quanto si inserisce nella missione educativa della Chiesa.

La missione educativa della Chiesa.

In questo primo punto della mia riflessione tenterò una comprensione

della proposta cristiana, dell’economia dei salvezza, per usare un vocabolario

più tecnico, in chiave pedagogica.

Che cosa significa? Definisco la proposta cristiana colle parole del Concilio

Vaticano II: «Piacque a Dio, nella sua bontà e sapienza, rivelare

se stesso e far conoscere il mistero della sua volontà (cf. Ef. 1,9)

mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, nello

Spirito Santo hanno accesso al Padre e sono resi partecipi della natura divina

(cf. Ef 2,18; 2Pt 1,4)» [Cost. dogm. Dei Verbum 2; EV 1/873].

Di questo straordinario evento possiamo avere una qualche comprensione servendoci

di concetti umani, riferendoci ad esperienze umane. Si pensi, per esempio,

all’importanza che assume, in ordine all’intelligenza della proposta

cristiana, la categoria della nuzialità. In questo primo punto cercherò di

ricorrere alla categoria dell’educazione, presentando, in un certo senso

descrivendo la proposta cristiana come una, anzi laproposta educativa.

è legittima una tale presentazione, è corretta una tale descrizione

del cristianesimo? Ritengo che non solo sia legittima e corretta, ma che sia

una delle vie privilegiate per raggiungere una profonda intelligenza dell’avvenimento

cristiano. Ciò è dimostrato dal fatto che questo considerazione è stata

elaborata anche da grandi maestri e padri del pensiero cristiano: Clemente

d’Alessandria, Origene, i padri Cappadoci soprattutto Gregorio di Nissa,

per fare qualche esempio. Oso presumere che seguendo la mia riflessione vi

convincerete che questo modo di pensare il cristianesimo è vero ed è assai

attraente.

Voglio ancora fare un’altra premessa prima di entrare in medias

res. Ho parlato di “fatto cristiano”, di “proposta

cristiana”: non ancora di Chiesa. In realtà “fatto … proposta

cristiana” e “Chiesa” denotano la stessa cosa. Cioè:

il mistero della volontà del Padre di ricapitolare tutti e tutto in

Cristo si realizza oggi nella Chiesa; è la Chiesa.

La mia tesi è che quando parliamo della missione educativa della Chiesa

non qualifichiamo la sua missione medesima con una qualità secondaria:

ne esprimiamo la sua intima natura. Dire “missione educativa” della

Chiesa è come dire … “triangolo di tre lati”: educare

la persona umana coincide colla ragione d’essere della Chiesa. è appunto

la sua missione. Ed è proprio questo che ora cercherò di mostrare,

scusandomi fin da ora se il poco tempo che abbiamo a disposizione mi costringe

ad essere un po’ troppo … icastico ed apodittico.

Dal punto di vista cristiano quale è il problema centrale dell’uomo,

la questione dalla cui soluzione dipende  interamente il destino della

persona? Che il rapporto oggettivo fra ogni uomo e Cristo, istituito dall’eterna

predestinazione del Padre, diventi soggettivo. Se questa “soggettivazione” avviene

e nella misura in cui avviene, la persona è riuscita; se non avviene

e nella misura in cui non avviene la persona è fallita: il resto è alla

fine secondario. Mi spiego.

L’uomo, ogni persona umana, ciascuno di noi in carne ed ossa non è entrato

nell’universo dell’essere privo di senso, affidato alla mera progettazione

della sua libertà, collocato in una originaria neutralità nei

confronti di qualsiasi realizzazione di se stesso. La vita non è un

teatro nel quale ciascuno sceglie, prima di entrare in scena, di recitare qualsiasi

parte. Noi siamo stati pensati dal Padre dentro un rapporto. La S. Scrittura

usa un termine fortissimo: «pro-orizo» [cf. Rom 8,29; Ef 1,5: pre-de-terminare;

pre-destinare: oros in greco significa termine]. Siamo stati “confinati

dentro una relazione, un rapporto”: il rapporto con Cristo. Ho detto

che si tratta di un rapporto oggettivo. In due sensi.

Non dipende da me  il porlo: io mi trovo già relazionato a Cristo:

dipende da me se rimanervi oppure uscirne decidendo che altra è la verità e

quindi il bene della mia persona. Esso è posto in essere da Dio stesso

ed è la ragione per cui Egli mi ha creato. Possiamo esprimete la stessa

cosa dicendo: la verità della persona umana è nella sua relazione

con Cristo. Questa relazione è connotata da S. Paolo con la formula “essere

in Cristo”; da S. Giovanni con la formula “rimanere in Cristo”.

Ma questo non è tutto. La persona umana non è collocata in Cristo

così come una pianta è collocata in un terreno e un edificio è fondato

in un terreno. Essa è un soggetto libero: la libertà è la

dimensione costituiva fondamentale dell’esistenza della persona. In che

senso? Il rapporto oggettivo, nel senso ora spiegato, diventa soggettivo mediante

la libertà. è  la libertà che realizza concretamente

o concretamente non realizza la verità della persona. Genera la persona

in Cristo oppure in un altro modo. Il rapporto oggettivamente  istituito

dalla decisione divina diventa soggettivo mediante la libertà della

persona. Questa “soggettivazione” costituisce il processo formativo

della personalità umana; processo che già i grandi filosofi greci

avevano distinto dalla natura della persona, natura che ne era comunque la

base.

Questo processo in cui l’oggettivo diventa soggettivo investe l’intera

persona:  è una completa trasformazione della persona secondo la

forma di Cristo. Essa investe il modo di pensare, di esercitare la propria

libertà, di costruire il rapporto cogli altri, il cuore della persona.

Quello che nella paideia greca era stata la formazione o mórphosis della

personalità umana, secondo i Padri greci, soprattutto, diventa la meta-morphosis

dell’uomo in Cristo [cf. Rom 12,2 e 2Cor 3,18]. è una vera e propria

generazione della propria umanità secondo un “modello” conformemente

al quale ciascuno di noi è stato pensato: «Ã¨ l’uomo

vero che la sua vita ha conformato all’impronta impressa nella sua natura

fin dall’origine» [S. Gregorio di Nissa, Sui titoli dei Salmi,

SCh 466, pag. 505]

La missione della Chiesa consiste precisamente nel rendere possibile questa

rigenerazione dell’umanità di ogni uomo, nel realizzarla in ogni

uomo. è di introdurre ogni uomo in Cristo, perché in Lui realizzi

pienamente se stesso.

Una consistente tradizione occidentale definiva il processo educativo precisamente

come progressiva conduzione della persona verso la piena realizzazione di se

stessa. La Chiesa l’ha fatta propria, dandovi un contenuto assolutamente

nuovo.

All’interno di questa concezione si comprende quanto ho detto poc’anzi,

che cioè la missione della Chiesa può essere pensata in categorie

pedagogiche. è una missione educativa: «figliolini miei, che io

di nuovo partorisco nel dolore finché non sia formato Cristo in voi» [Gal

4,19], dice la Chiesa per bocca di Paolo. Abbiamo anche una conferma storica.

«Il cristianesimo si pose il problema educativo dalla prima propaganda

evangelica. Non per una tesi preconcetta a voler ridurre le cose al proprio

angolo visuale, ma per una necessità insita nella stessa terminologia

della sua dottrina, la posizione educativa resta preminente … Il metodo

educativo cristiano è presente ed operante nel catecumenato, nella comunità e

nella vita di ogni giorno» [Le fonti della paideia antenicena, (a cura

di A. Quacquarelli), La Scuola ed., Brescia 1967, pag. XC].

Questa connessione fra la proposta cristiana e l’esperienza educativa

ha avuto come prima e necessaria conseguenza la costituzione di una dottrina

pedagogica. Detto in altri termini. Alla luce della definizione della missione

educativa della Chiesa derivano alcuni principi fondamentali circa l’educazione

della persona. Ne vorrei ora richiamare alcuni che mi sembrano i più importanti.

Il primo principio dell’educazione della persona è che

l’uomo non è autodipendenza pura, non ha cioè il potere

di determinare la verità di se stesso e dunque di definire la sua propria

essenza, la sua natura, di disegnare la sua propria immagine. Esiste una misura

della propria  umanità, che la fede individua nella persona di

Cristo: «apposita est nobis forma cui imprimimur», scrive S. Gregorio

Magno. E Rosmini afferma: «il Cristianesimo adunque diede l’unità all’educazione

primieramente perché pose in mano all’uomo il regolo onde misurare

le cose tutte, o sia il fine ultimo a cui indirizzarle» [Dell’educazione

cristiana, in Opere di A. Rosmini 31, CN ed., Roma 1994, pag. 226].

Il secondo principio dell’educazione della persona è la

conseguenza immediata del principio precedente, e mi piace desumerne la formulazione

ancora da A. Rosmini: «Si conduca l’uomo ad assimigliare il suo

spirito all’ordine delle cose fuori di lui, e non si vogliono conformare

le cose fuori di lui alle casuali affezioni dello spirito suo» [ibid.

pag. 236]. Più semplicemente: educare significa introdurre l’uomo

nella realtà. Ho già avuto modo di parlare lungamente di questo

principio.

Il terzo principio dell’educazione della persona è la

specificazione di quello precedente, e lo potremmo enunciare nel modo seguente:

introdurre la persona nella realtà significa porla in Cristo, come unica

posizione nella quale è possibile vedere ogni realtà nella sua

intera verità ed amarla secondo il suo valore, e vedere l’insieme

nella sua intima bellezza.

Ritengo di aver terminato il primo punto della mia riflessione: la missione

educativa della Chiesa. è dentro a questa missione che si colloca la

scuola cattolica. Di essa la scuola cattolica è uno degli strumenti

fondamentali.

La scuola cattolica nella missione educativa della Chiesa.

Molti sono i luoghi in cui si esprime la missione educativa della Chiesa.

Come anche è dimostrato dalla storia, la scuola è uno di questi,

e fra i più importanti.

Ciò che allora mi propongo in questo secondo punto della mia riflessione è di

mostrare quale è la modalità specifica in cui la missione della

Chiesa si mostra nella scuola. In che forma originale la scuola compie la missione

educativa della Chiesa? Non parliamo della scuola in astratto, ma della scuola

come è concretamente organizzata nelle nostre società occidentali.

Lascio fuori dalla mia considerazione l’Università.

è necessario partire da una distinzione: esiste una perfezione naturale

dell’uomo e una perfezione personale.

La spiego in maniera semplice. Nella persona umana esistono molte capacità o

dinamismi che possono essere perfezionati. Se uno attraverso costanti allenamenti

riesce a correre i centro metri in un tempo molto limitato, noi diciamo che è un

buon atleta. Il perfezionamento della capacità locomotiva esige molto

sforzo, l’applicazione di molte conoscenze: è una bontà,

cioè la valorizzazione di una facoltà naturale dell’uomo.

Se uno è capace di diagnosticare correttamente e guarire efficacemente

le persone ammalate, noi diciamo che è un buon medico, un buon professionista.

Questa valorizzazione implica studio per acquisire conoscenze scientifiche,

esperienza per acquisire pratica professionale. Se  uno è abitualmente

giusto verso gli altri, caritatevole verso chi è nel bisogno, fedele

alle promesse fatte … noi diciamo che è un uomo buono. Mentre

la perfezione delle capacità naturali non comporta necessariamente la

perfezione della persona come tale [si può essere ottimi atleti, medici

espertissimi e pessime persone], esiste la perfezione o la valorizzazione di

un “qualcosa” che è nella persona che ha come conseguenza

la perfezione o valorizzazione della persona come tale. Che cosa è il “qualcosa” valorizzando

il quale valorizzo la persona come tale? è la libertà in quanto

capacità di autodeterminarsi nei confronti della verità circa

il bene. La  persona come tale si realizza, io mi realizzo auto-determinandomi

in conformità alla verità circa il bene. La persona viene costituita,

viene generata dall’attività di questo principio supremo. Tommaso

con una formula vertiginosa [causa sui] dice che la natura della libertà della

persona implica che la persona è causa di se stessa, nel senso che è capace

di causare i propri atti, mediante i quali realizza se stessa.

Tenendo conto di questa distinzione, penso che la missione della scuola cattolica

non debba proporsi come suo obiettivo ultimo la perfezione naturale dell’uomo,

ma la perfezione personale. è la generazione di un «io» consistente

e robusto perché veramente libero e liberamente vero. Non sempre e non

necessariamente la perfezione delle varie facoltà naturali significa

perfezione personale: possiamo divenire molto istruiti, ma poco colti.

Mentre la trasmissione di un sapere che, se ben fatta, perfeziona la natura

della persona, è un fatto di carattere tecnico, la generazione di un «io» è un

avvenimento che può accadere solo in una vera relazione interpersonale.

Penso che alla luce di questa riflessione si possa e si debba risolvere il

problema dei contenuti, di non facile soluzione oggi per gli insegnanti, a

causa dell’enorme espansione delle conoscenze, il loro progressivo specializzarsi

in settori sempre più ristretti.

Mi si consenta al riguardo una sola osservazione. Sarebbe semplicemente disastroso

risolvere quel problema – mi sto rivolgendo soprattutto ai docenti delle

medie superiori – limitando o perfino eliminando il contatto con i classici,

con i pensatori essenziali. Pensatori essenziali, classici sono coloro che

ti fanno prendere coscienza del tuo destino; che ti impediscono di «vivere

come bruti». Ed esistono classici della letteratura, della filosofia,

della scienza, dell’arte. Direi che l’incontro coi classici fa

sì che i vari saperi, che devono essere trasmessi, non impediscono ma

anzi favoriscono quell’atto di intelligenza che introduce la persona

dentro al «gran mare dell’essere»: dentro alla realtà.

E qui tocchiamo un’altra questione di fondamentale importanza, che formulo

un po’ sbrigativamente, lo riconosco, attraverso un’alternativa:

non sono i bisogni del momento o del mondo in cui viviamo che devono disegnare

il percorso educativo, ma i bisogni del soggetto, i bisogni della persona umana

come tale. Ora i bisogni propriamente umani sono due [li formulo con S. Tommaso]: veritatem

de Deo cognoscere; in societatevivere [cfr. 1,2, q.94,a.2]. Sono

il bisogno di una spiegazione ultima dell’intero e quindi di una risposta

vera al desiderio di beatitudine di cui siamo impastati, e il bisogno di una

comunione interpersonale autentica. E la risposta a questi due fondamentali

bisogni esige un  uso della ragione senza nessuna limitazione e senza

censurare nessuna domanda; significa un’educazione alla libertà che

non sia mera spontaneità ma vera capacità di auto-trascendenza

nell’affermazione dell’amore ad un’altra persona per se stessa

nell’autodonazione, ed ultimamente nell’adorazione di Dio; significa

un’educazione alla parola, vincendo quella tragica mutevolezza che sembra

oggi distruggere la capacità dei giovani di comunicare.

Ma questo non è tutto. La finalizzazione alla perfezione personale

e non solo naturale dell’attività scolastica è la prima

condizione perché la scuola cattolica dimori dentro alla missione educativa

della Chiesa. Essa la condivide con ogni scuola degna di questo nome. Ne esiste

una seconda, di maggior importanza e propriamente nostra. Anche Socrate aveva

acconsentito a quanto ho detto finora. Ma noi cristiani sappiamo di più.

Nel mistero del Verbo incarnato si è interamente svelata la verità della

persona umana; ci è stata donata la definitiva risposta alla domanda

sull’uomo. In Lui  siamo venuti a conoscere quale è la perfezione

personale dell’uomo. Tocchiamo il nucleo essenziale del vostro lavoro,

la modalità con cui il vostro lavoro si innesta nella missione educativa

della Chiesa.

Devo partire da una testi centrale nella visione cristiana della persona umana:

la libertà umana è una libertà liberata dalla grazia di

Cristo. Più sinteticamente: l’«io» è generato

dall’atto redentivo di Cristo. Spiego brevemente questa tesi.

Parlare di una “libertà liberata” significa costatare cjhe

la nostra libertà è come legata, incapace cioè di esercitarsi.

In che cosa conssite questo legame? Nella difficoltà/ impossibilità di

affermare nella e mediante la scelta libera quella verità sul bene che

ho affermato nel e mediante il giudizio della ragione: «video meliora

proboque et deteriora sequor». S. Paolo parla di un «soffocamento

della verità nell’ingiustizia» [cfr. Rom 1,18]. La libertà schiava

introduce una spaccatura nella persona, costituendo un’esistenza ingiusta

perché falsa. E qui noi vediamo il limite di ogni intellettualismo pedagogico,

di ogni riduzione dell’educazione all’istruzione.

La perfezione della persona, fine che definisce l’educazione cristiana, è frutto

della grazia di Cristo, la quale opera sia a livello di intelligenza sia a

livello di volontà. Non è questo il luogo di esporre tutta questa

tematica e quindi non posso prolungarmi oltre. In questo senso l’atto

educativo resta sempre all’esterno della persona; di qui la sua ineliminabile

debolezza e rischiosità.

Ma l’apostolo Paolo definisce l’educatore «collaboratore

di Dio». In che senso l’attività educativa è cooperazione

col Dio che mediante la grazia libera la libertà dell’uomo?

Vorrei abbozzare la risposta, richiamando la vostra attenzione sulla forma

che assume, che deve sempre assumere questa cooperazione con Dio. E’ la

forma del rapporto inter-personale. E’ un punto di decisiva importanza.

La presenza della divina pedagogia è mediata dalla Chiesa: la Chiesa è questa

presenza. Ed il mistero della Chiesa prende corpo nell’incontro fra la

persona che educa e la persona che è educata. La grazia della liberazione

della libertà è normalmente mediata dall’incontro e nell’incontro

delle persone. Vorrei dirvi brevemente perché, e come avviene questa

mediazione.

L’incontro non è mediazione di grazia perché in esso,

durante esso si parla necessariamente di Cristo e della sua salvezza. Ma perché e

se suscita nell’educando il desiderio di una pienezza di umanità,

che vede suggestivamente presente nell’educatore. E’ la forza di

questa suggestione che genera nell’educando domande sul come si possa

vivere. Ed a poco a poco comincia il cammino verso quella pienezza di umanità che

in un qualche modo gli è stata suggerita dall’educatore. E’ ovvio

che questo modo di incontrarsi può accadere qualunque materia si insegni.

Da ciò deriva una conseguenza che esprime una profonda verità intrinseca

al concetto cristiano di educazione. Questa: l’educazione dell’uomo

si regge interamente sul principio di autorità. Si tolga questo principio,

ed assisteremo allo sfacelo educativo cui oggi assistiamo. Principio di autorità significa

che il rapporto educativo non istituisce un rapporto paritario, in quanto chi

educa mostra in sé un progetto di vita che egli esibisce come meritevole

di essere scelto. Autorità significa nel rapporto educativo semplicemente

che chi educa deve dire: “questa è la vita meritevole di essere

vissuta perché vera, buona e bella, e ti assicuro  che è così perché l’ho

sperimentato e lo sto sperimentando”. Il S. Padre. Benedetto XVI nell’omelia

per l’inizio del suo ministero petrino disse: «oggi, io vorrei,

con grande forza e grande convinzione, a partire dall’esperienza di una

lunga vita personale, dire a voi, cari giovani: non abbiate paura di Cristo!

Egli non toglie nulla, e dona tutto». Questa è la definizione

del principio di autorità.

Esso viene distrutto quando l’educatore non sa la verità sull’uomo.

Oggi si dice: “si mette alla ricerca con chi educa”. L’espressione

può significare che l’educatore  veramente non sa, ed allora è un

cieco che guida un altro cielo; oppure finge di non sapere, ed allora trasforma

il dramma dell’educazione in una tragica farsa. La resa degli adulti,

la loro abdicazione ad essere tali è forse la causa principale della

condizione spirituale in cui versano i giovani.

Conclusione

Mi piace concludere con un testo di T.S. Eliot, che mi sembra sintetizza stupendamente

quanto ho cercato di dirvi poveramente:

«Perché gli uomini dovrebbero amare la Chiesa? Perché dovrebbero

amarne le leggi?

Essa parla loro della Vita e della Morte, e di tutto ciò che essi preferirebbero

dimenticare.

Essa è tenera là dove essi si mostrerebbero duri e dura là dove

a loro piacerebbe essere morbidi.

Essa parla loro del Male e del Peccato, e di altri fatti sgradevoli.

Essi cercarono costantemente di sfuggire alle tenebre esteriori ed interiori

sognando sistemi così perfetti che nessuno avrebbe più bisogno

di essere buono.

Ma l’uomo che è adombrerà l’uomo che finge di essere.

E il Figlio dell’uomo non fu crocifisso una volta per tutte».

[La Roccia. Un libro di parole, BvS ed., Milano 2005, pag. 103]

La missione educativa della Chiesa è qui stupendamente indicata: far

sì che l’uomo vero metta in ombra l’uomo che finge di essere.

Nell’unico modo possibile: non illudendo l’uomo inducendolo a pensare

che può salvare il proprio io senza esserlo mai diventato, ma mediante

una maternità che anche nel dolore genera l’uomo. Dove un «io» è generato, è in

atto la redenzione.

Voi dimorate dentro questa straordinaria storia: non perdetene mai la coscienza.

 

14/05/2005
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