Queste settimane ci hanno fatto entrare nella realtà, imprevedibile, complicata così com’è. Abbiamo dovuto cambiare nostre abitudini, piegarci a fare qualcosa che non avremmo certo scelto da soli. Ci siamo tutti scoperti fragili e umiliati.
Ma dobbiamo capire quale è la vera forza e scegliere di essere umili, e non solo umiliati, iniziando a servire per capire come posso aiutare gli altri. Servire per essere utili noi agli altri e non viceversa, perché se siamo utili siamo anche preziosi per qualcuno, diventiamo un valore che non ci possiamo dare da solo o lontano dalla realtà.
Ci siamo tutti scontrati con i problemi veri della vita, quelli che in realtà ci sono sempre stati ma pensavamo poterli ignorare, non ci riguardassero, ingannati da quella pornografia della vita instillata dal consumismo e dal benessere piena di risultati e felicità lontane dalla realtà.
Ma c’è una domanda: saremo persone diverse oppure appena passa la tempesta riprendiamo gli atteggiamenti di sempre, l’individualismo, le furbizie, le convenienze personali, la corruzione, le inedie o il banale mettere sottoterra i talenti invece di “trafficarli”? Dipende da noi e soprattutto da chi ascoltiamo e con chi camminiamo.
Per questo il legame con le nostre comunità è fondamentale. Chi ascoltiamo? Ecco perché la preghiera è importante, perché è il primo modo personale per ascoltarlo e farci ascoltare, imparare chi è e chi sono, insomma trovare l’anima senza la quale si vive, ma non da uomini.
La preghiera non è qualcosa di statico, è un’amicizia che implica uno sviluppo e spinge a una trasformazione, a una somiglianza sempre più forte con l’amico, diceva S. Teresa, che coniugava tanto preghiera e vita concreta. Tutti sempre possiamo imparare a pregare e tutti sempre sappiamo pregare poco.
E a pregare si impara pregando, come si impara a camminare camminando, ricordava sempre Santa Teresa. E la preghiera ci riempie dell’amore, ci fa credere alla luce anche quando ci sembra di non vedere niente, ci rende forti, anche quando siamo deboli, ci sentiamo abbandonati o peccatori da non alzare nemmeno gli occhi.
Il Cardinale Martini a uno che non sapeva pregare lo consigliò così, parlando di come pregava lui: “Io prego in modo molto semplice. Presento a Dio tutto ciò che mi viene in mente, tutto ciò che devo fare, che mi crea preoccupazioni, anche le cose piacevoli e soprattutto le persone a cui penso.
Gli parlo in modo normale, per nulla devoto. Nella preghiera sento che qualcuno mi sostiene e mi supporta, anche quando vedo molti problemi, come le debolezze della Chiesa. Quando prego, vedo la luce”. Per questo preghiamo e non vogliamo sia solo nell’emergenza, ma diventi un riferimento costante e piacevole nelle nostre giornate da soli e insieme. Preghiamo.