Messa del Mercoledì delle Ceneri

Iniziamo la Quaresima. Sentiamo rivolto a noi, personalmente e come comunità, l’invito struggente di Dio: “Ritornate a me con tutto il cuore”. È il suo desiderio di amarci che risponde al nostro di trovare speranza. Abbiamo bisogno di luce come chi vive nel buio e non può abituarsi a non vedere, cerca uscita, cammino, futuro. L’apostolo Paolo ci supplica in nome di Cristo: “Lasciatevi riconciliare con Dio”. Sono inviti per il nostro bene. Essere riconciliati con Dio significa esserlo con noi stessi e con il prossimo.

Ecco la gioia della Quaresima, tempo che ci aiuta ad entrare nella storia e nel presente perché accende di speranza. Non speriamo perché abbiamo tutte le sicurezze o abbiamo trovato tutto quello che cercavamo. La pienezza della vita non è come la immaginiamo noi, avere tutto e conservare quello che abbiamo, ma saper vedere oggi nella nostra parzialità, che resterà sempre tale, il tutto che vedremo e troveremo solo in cielo. È un tempo per liberarsi dalla schiavitù delle apparenze. Il mondo intorno enfatizza l’esteriorità tanto da scambiarla come realtà. Anche per questo non dà alcun valore alla Quaresima. Ciò ci rende liberi dal fare le cose per essere visti, dall’esaltante ma sempre distruttiva esibizione di sé, dal ridurre la verità all’ipocrita apparenza. La Quaresima ci libera dalla forza, da mostrare, da misurare, da imporre, e dalla prestazione conseguente. Incontriamo, piuttosto, la nostra fragilità, facciamo i conti con il nostro peccato, impariamo a riconoscerlo e a chiamarlo tale perché vogliamo stare davvero bene.

Per trovare noi stessi, per riconoscerci deboli come siamo, per liberarci dalle classifiche e dai confronti che finiscono per chiuderci o farci vivere pieni di risentimenti e ferite, possessivi o rassegnati. Siamo fragili. Lo crediamo così poco a tal punto che ancora tanto ci sorprendiamo quando questa verità si rivela nella nostra vita, nel nostro corpo, nel nostro cuore, negli altri, nello stesso equilibrio del creato e delle creature. La fragilità non è fuori di noi, non è un ospite estraneo che si impadronisce della nostra vita, ma è dentro la nostra condizione umana. Siamo realisti e ricordiamo il poco, cioè la cenere, della nostra vita, perché non c’è nulla di definitivo e di stabile quaggiù. Paolo VI, senza amarezza, diceva: “Il tempo fugge via inesorabile e come un fiume veloce sospinge senza sosta noi e le cose nostre verso la foce misteriosa della morte. Non potendo sfuggirle, l’uomo ha tentato di dimenticare o di minimizzare la morte, privandola di quelle dimensioni e risonanze che ne fanno un evento decisivo della sua esistenza”.

La Quaresima è un tempo per persone che cercano la speranza, che non si ingannano finendo fatalisti e disillusi, ma affrontano il male, la morte, proprio perché la speranza non è evitare il male, ma vincerlo. Per questo accogliamo l’invito a convertirci, a cambiare per cercare l’unica forza che cambia la vita perché la libera dal male: l’amore. E non un amore qualsiasi, di superficie, ma di emozione che scende nel cuore. È un tempo di interiorità, così diversa dall’infinito gioco delle nostre sensazioni. Scendiamo dentro di noi, facendo silenzio, ascoltando, e facendo nostro l’amore di Gesù che perdona e non ha nemici. È una Quaresima di guerra. La terza Mondiale a pezzi. L’imprevedibilità del futuro e lo sconcerto per tanta sofferenza fanno sorgere sentimenti a volte contrapposti, scrive Papa Francesco. Passiamo, infatti, facilmente “dalla fiducia al timore, dalla serenità allo sconforto, dalla certezza al dubbio. Incontriamo spesso persone sfiduciate che guardano all’avvenire con scetticismo e pessimismo, come se nulla potesse offrire loro felicità”.

Lo ringraziamo in questi giorni di tanta preoccupazione per lui, perché con la sua fragilità offre a tutti una lezione umana di amore e di dono di sé. La Quaresima ci fa preparare la primavera. Non riduciamoci a scegliere per necessità, quando è ormai troppo tardi. Chiudiamoci nella stanza del nostro cuore e restiamo soli noi e il Signore, che è più intimo a noi di noi stessi, e ci fa trovare il cuore perché ci ama e ama. A noi impazienti e pigri allo stesso tempo, che non vogliamo fare sforzi, che assecondiamo l’istinto invece di dominarlo, la Quaresima ci libera anche da quel sottile scetticismo per cui pensiamo di non cambiare più, e che non ne vale la pena. Non cambiamo da soli ma con il Signore e con il suo giudizio che si basa sull’amore e ci chiama all’amore, ce ne fa vedere la necessità e la possibilità, ce lo fa ritrovare sotto la rassegnazione e l’abitudine.

Ci fa commuovere per tanta terribile sofferenza intorno a noi, sofferenza che ci chiede di cambiare. Il suo amore infinito ci aiuta a capire il peccato, le conseguenze delle nostre scelte, noi che ci pensiamo talmente come isole da credere che tutto sia un problema individuale. Quando amiamo capiamo il non amore. Se amiamo poco ci sembra che tutto vada bene. Il Signore vuole donare gemme di futuro in un oggi difficile e sfidante che dimentica le lezioni severissime del passato, e che ignora quelle del nostro presente pieno di violenza e guerra, che pensa di potere restare quello che è, che dimentica che siamo tutti sulla stessa barca e che non c’è futuro da soli, e che facilmente anche noi possiamo finire tra i sommersi. Inizio a cambiare io, perché se io non cambio il mondo non cambia, e se io non combatto il male questo sarà più forte.

Non cambiamo perché il mondo è cambiato, ma proprio per cambiarlo perché il nuovo mondo inizia da me. Se io cambio, se scelgo l’amore e il donare, il mondo intorno a me cambierà. Per questo è tempo di combattere il peccato, ciò che rovina la nostra vita, che semina odio e indifferenza. Non vogliamo svuotare il peccato della sua “tragica serietà”, che vediamo nelle sue conseguenze terribili, spietate, drammatiche, come la macchina di morte che è la guerra, come la violenza che si impadronisce del cuore di tanti, come la povertà e l’ingiustizia. La Quaresima è un tempo di cuore, di «primato dello spirituale» in un tempo di materialismo e di confusione religiosa.

Ce lo propone in modo concreto Papa Francesco: “Invece di cercare soddisfazioni superficiali e di recitare una parte davanti agli altri, la cosa migliore è lasciar emergere domande che contano: chi sono veramente, che cosa cerco, che senso voglio che abbiano la mia vita, le mie scelte o le mie azioni, perché e per quale scopo sono in questo mondo, come valuterò la mia esistenza quando arriverà alla fine, che significato vorrei che avesse tutto ciò che vivo, chi voglio essere davanti agli altri, chi sono davanti a Dio? Queste domande mi portano al mio cuore” (DN 8). “Si diventa se stessi solo quando si acquista la capacità di riconoscere l’altro. Ecco la Quaresima e la ricerca di cuore per noi e per il mondo intorno a noi. È trovare cuore e metterlo in tutte le cose che facciamo. La vera avventura personale è quella che si costruisce a partire dal cuore. Alla fine della vita conterà solo questo” (DN 9). Conterà solo l’amore che abbiamo dato ai fratelli più piccoli di Gesù, i poveri.

Per trovare cuore pratichiamo umilmente le tre opere della Quaresima, tutte e tre modi concreti per incontrare Dio. Diamo in elemosina, diamo benevolenza, attenzione, gentilezza, disponibilità, senza calcolo e contabilità, senza rimborso, solo per regalo, attentissimi a non avere ricompensa, perché questa ci fa perdere tutto. Diamo in elemosina il cuore e il tempo che abbiamo, costruendo legami di amicizia, praticando visite a chi è solo o sofferente, come gli anziani lasciati troppo soli e scartati perché visti come un peso, o come i carcerati che vivono in condizioni difficili, spesso disperate, nelle strutture. La loro sofferenza non deve mai nutrire una logica vendicativa, perché così chi perde dignità siamo noi e le istituzioni che hanno come mandato il rispetto della persona e riparare il male compiuto.

La preghiera ci fa trovare il cuore e la speranza e richiede tempo e pazienza. Non si tratta solo di affidarci al Signore, di gustare lo star con Lui, ma anche di aiutare Dio ad essere vicino a chi soffre portando con la nostra presenza il riflesso del Suo amore.

Infine il digiuno da ciò che fa male al cuore è ciò che serve per farlo funzionare, rinunciando ai giudizi per incontrare il prossimo, rinunciando alla ricerca ossessiva della personale considerazione, iniziando a considerare il prossimo e a fare a lui quello che vogliamo sia fatto a noi. Digiuniamo da ogni violenza, delle mani e delle parole, da quella fatta con i tasti delle offese digitali o con i coltelli. Digiunare per trovare noi stessi, la nostra vera forza e grandezza, quello che resta. Troveremo e daremo tanta luce e così sapremo dare speranza ad un mondo che la cerca e l’aspetta.

Bologna. Cattedrale
05/03/2025
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