Messa della Prima Domenica di Quaresima con Riti catecumenali

Abbiamo iniziato il nostro cammino della Quaresima. “Signore ascolta, Padre perdona, fa che vediamo il tuo amore”. Dio ascolta anche quello che non riusciamo ad esprimere, i gemiti inesprimibili del nostro cuore. È un Padre, perdona, con tenerezza e facendo festa. Il frutto della Quaresima è quello che cerchiamo sempre: vedere il Suo amore, riconoscerlo, capirlo. Non succede nulla, però, se noi non camminiamo, se restiamo quello che siamo per rassegnazione o per orgoglio, se non liberiamo il nostro cuore aiutati dalle antiche, e sempre così efficaci, discipline della Quaresima: il digiuno, l’elemosina, la preghiera. Abbiamo bisogno di un tempo e di tempo per combattere il male. Iniziamo dal nostro cuore per vincerlo nel mondo. Se io cambio il mondo inizia a cambiare. Se amo, il mondo ama, se sono in pace, il mondo inizia ad essere in pace. Se ci liberiamo dalla nostra trave – accorgendoci di averla e non pensando di vederci bene – potremo aiutare chi ha la pagliuzza, perché lo faremo per amore e non per giudizio o superiorità.

Cos’è il male e perché combatterlo? Possiamo vincerlo? Non basta cercare di farlo restare lontano da noi e scaricarlo sugli altri? O far finta di non vedere, aggrapparci alla fortuna, trovare qualche spazio protetto e sperare che funzioni? Questo è il fatalismo. La Quaresima ci apre alla speranza, ma questa il male lo affronta, lo vuole vincere, sa che non è l’ultima parola. Il male rende la nostra vita inutile, riempiendola di affanni così si perde quello che serve. Ciò che è vano sostituisce ciò che ha senso. Il male vuole rendere la vita un peso, inutile, perché crediamo vita prendere e non dare. Il male riempie di paure, dell’ossessione di pensare a noi stessi e ci fa credere che solo così troviamo il nostro io e che questo coincide con il nostro benessere che, spesso, è quello del banale “non avere problemi”. Il male inganna facendoci credere che è più forte, tanto da turbarci e così farci arrendere subito. Ci fa credere che avere è molto più importante di essere, che dobbiamo curare il nostro io e metterlo al centro sempre, per cui esiste solo ciò che mi riguarda o che mi serve. Il resto non conta.

A volte ci accorgiamo delle conseguenze del male, quando siamo costretti a vedere le sue manifestazioni, le conseguenze terribili, impietose, imprevedibili, che non sono solo le avversità, che fanno parte della vita, ma ciò che queste causano. Ma dimentichiamo presto, pensiamo di essere protetti senza fare nulla, oppure pensiamo di sconfiggere il male con il male, irretiti da questo. Non si vince la guerra con la guerra ma scegliendo l’unica via, forte e sostenibile, e doverosa per la storia di terribile sofferenza che portiamo con noi, che è preparare la pace, i suoi strumenti concreti, convinti che i conflitti si possono comporre ma hanno bisogno di strumenti adeguati e non di armi che, necessariamente, causano sempre un ulteriore rialzo della forza. La guerra è proprio l’impero del male, tanto forte da uccidere la pietà, da accecare per l’odio, da rendere prigionieri nella logica della vendetta che trasforma i nostri cuori e li incattivisce.

Per il Giubileo Papa Francesco ci chiede: “Cosa manca ancora a questi popoli che già non abbiano subìto? Com’è possibile che il loro grido disperato di aiuto non spinga i responsabili delle Nazioni a voler porre fine ai troppi conflitti regionali, consapevoli delle conseguenze che ne possono derivare a livello mondiale? È troppo sognare che le armi tacciano e smettano di portare distruzione e morte?”. Il male rende gli uomini incapaci di aiutarsi, anzi, li divide, li rende nemici o estranei, tanto che il prossimo non è degno di attenzione, possiamo trattarlo male, offenderlo, umiliarlo. Come avviene nella vita ordinaria, elettrizzata da tanto individualismo che ci rende pieni di allarmi ritenuti indispensabili, per cui tutto diventa pericoloso, minaccioso. Il male fa male sempre, anche nell’anonimato digitale, ci fa credere di essere giustificati per la presunta contrapposizione che, spesso, è solo ignoranza e presunzione, ma sono banalità che ci rendono convinti di noi stessi e distruttivi dell’altro. Il male enfatizza la logica della prevaricazione e, pure ne motiva la necessità, del ritorno “di vecchie ideologie identitarie che teorizzano l’esclusione degli altri, lo sfruttamento delle risorse della terra, la violenza in tutte le sue forme e la guerra tra i popoli”. Il male diventa addirittura un sistema, come quello della violenza, dell’esclusione, della povertà, che porta a considerare la vita inutile, senza valore. Il male arma i cuori tanto che la violenza diventa, poi, quella banale nelle mani e nella lingua. Il male fa rassegnare e rende inermi nel fatalismo, pensando che “tanto non si può fare nulla”, contrappeso al superuomo che crede di poter far tutto, esaltazione di sé e nichilismo. Ogni giorno crescono dentro di noi l’incertezza e la paura del futuro.

Se qualcuno ci ama ci fa sentire preziosi, importanti non perché lo diciamo noi ma perché amati, non per orgoglio ma perché importanti per qualcuno. Allora non ci buttiamo via, sappiamo che c’è qualcuno che ci considera. Quando amiamo capiamo cosa fa male, le conseguenze delle nostre o delle altrui azioni. La Quaresima è un tempo in cui sentirci amati e capire il male, il nostro peccato, e impegnarci a combatterlo. Il tentatore si fa vedere quando siamo deboli, approfitta dell’isolamento e della fragilità, quando abbiamo fame, e ci fa cercare la sua forza, quella che vuole lui e che, in realtà, fa male a noi e agli altri. Se tutte le cose servono a me non ce ne sono per gli altri, come nella logica del consumo, dell’esibizione, della prestazione, di quelle necessità che non sono tali ma che lo diventano quando di solo pane vive l’uomo. Hai fame e, quindi hai diritto di piegare tutto ciò che serve a te, pensando di star bene consumando più che puoi.

“Non di solo pane vivrà l’uomo”: è importante per l’uomo, gli dà una grande dignità, così come, in realtà, ridurlo a consumatore possessivo lo distrugge e fa dimenticare che fatti non fummo per viver come bruti. La Parola di Gesù ci rende davvero uomini, ci aiuta a non stordirci con il consumo perché ci fa cercare ciò che fa vivere. Non viviamo di solo pane. Che cosa veramente ci sazia? Gesù non disprezza la preoccupazione per il pane, tanto che ci insegna a chiederlo e ci impegna a donarlo e a condividerlo. Ma il pane che toglie la fame è il Suo amore, tanto che Gesù stesso si fa pane nutrendoci con la Sua Parola e con il Suo Corpo, perché è ciò che ci fa stare bene, che rende lo spezzare il pane nell’amicizia, Sua presenza di amore. La seconda tentazione è cercare potere e gloria. Sarà tuo, possederai, potrai dire “mio” ma tu sarai suo. Il culto del potere rende schiavi, possiedi ma in realtà sei posseduto, come tante dipendenze, come l’individualismo, come la gloria esibita da protagonista. Chi adora Dio trova se stesso e la sua libertà, perché trova amore, mentre adorare il male ci rende schiavi delle cose e prigionieri dell’egoismo.

Che cosa faccio di quello che è mio? Gesù adora il Padre e ama i suoi fino alla fine. Nella terza tentazione, il diavolo propone a Gesù di gettarsi dal pinnacolo del Tempio di Gerusalemme e di farsi salvare da Dio mediante i suoi angeli. E così di mettere alla prova Dio stesso, per cui credo se Dio fa quello che dico io, mi vuol bene se mia asseconda, se mi esalta, sta al mio servizio, al modo che penso io. Noi non crediamo perché mettiamo le dita al posto dei chiodi ma per la forza del Suo amore di Padre nelle cui mani mettiamo sempre tutta la vita, anche nella sconfitta più grande, quella della croce. Il male, piccolo e grande, può essere sconfitto nell’amore che il Signore ci dona, e che ci libera dalla paura di perdere e così il male è sconfitto. La vendetta è vinta dal perdono, il possesso dal dono, la guerra dalla pace. Chiediamo perdono per vedere il Suo amore e per seguire Gesù nel Suo amore umano e possibile per tutti.

Un antico detto dei Padri del deserto ci aiuta a comprenderlo: “Il diavolo apparve a un monaco e gli chiese: a cosa serve la tua vita? Che fai di buono? Rispose il monaco: veglio in preghiera tutta la notte senza dormire, tre volte alla settimana. Il diavolo gli rispose: noi diavoli non dormiamo mai! Che altro fai? Proseguì il diavolo. Rispose il monaco: digiuno senza mangiare niente, tre giorni alla settimana. Il diavolo gli rispose: noi diavoli non mangiamo mai! Che altro fai? Chiese ancora il diavolo. E il monaco gli disse: se mi schiaffeggiano in una guancia, porgo l’altra… E il diavolo se ne andò dicendo: hai vinto tu!”. L’amore vince il male, già oggi, perché nessuno ci potrà mai separare da Cristo.

Cattedrale di San Pietro, Bologna
09/03/2025
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