Messa nella solennità dell’Immacolata

 Gesù ci affida Maria come nostra madre – non dimentichiamo di prenderla nella casa del nostro cuore, come fece Giovanni – e noi siamo suoi figli, affidati a Lei, Madre di Gesù, scelti “per essere santi e immacolati di fronte a Lui nella carità”, resi figli adottivi secondo il disegno d’amore della sua volontà.  Non siamo discepoli se non siamo figli e quindi se non amiamo e difendiamo la madre comune, e come Lei ascoltiamo e mettiamo in pratica la Parola e diciamo: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». La Parola si ascolta e si “fa”, perché senza metterla in pratica la rendiamo virtuale, evanescente, indistinta. Il seme per dare frutto deve raggiungere la terra buona che è sempre il cuore. La conversione inizia dall’ascolto, perché abbiamo trovato la luce, l’amore desiderato, la risposta all’attesa, il visitatore che attendevamo anche inconsapevolmente. Allora, non diciamo “siamo figli di Abramo”, credendoci giusti quando non lo siamo, giudicandoci da soli, credendo che basti curare le apparenze e non il cuore, continuando con le abitudini e i giudizi di sempre. La conversione è per una vita più vita, non per una rinuncia!

In una generazione che rischia di assuefarsi al male, e che non lo distingue più perché la regola è individuale e coincide con ciò che pensa e vive l’io, la Parola ci aiuta ad affrontare il male. Dio ama la vita e combatte il suo e nostro nemico che la vita vuole spegnerla e renderla inutile. Dio non maledice l’uomo e la donna ma il serpente. Spesso noi condanniamo i peccatori, che invece Dio ama, e non combattiamo il peccato. Dio non smette di cercarci, di chiederci “dove sei”, ci libera dalla paura, rivestendo noi che scopriamo di essere nudi, fragili. Il Padre misericordioso ci riveste del vestito più bello e ci introduce di nuovo in quella casa, la sua casa, dove tutto ciò che è suo è nostro. L’Immacolata ci dona Gesù che ci viene a dire dov’è Dio, che ci cerca come il pastore che non vuole perdere nemmeno una delle sue pecore. Gesù vince il male con la vera forza di Dio: l’amore. Egli libera dal vivere per se stessi, dalla tentazione di conservare la propria vita pensando così di non perderla, dall’ottusa malevolenza che cerca solo la pagliuzza e non sa vedere la bellezza che pure è presente in ogni persona. Il divisore arma le mani, acceca i cuori, prepara l’inferno della guerra con l’odio, l’ignoranza, il pregiudizio. La divisione più insidiosa e diabolica è quella che crede di difendere il bene e la verità, come il tentatore che usa la Parola di Dio per ingannare Gesù, rovinando l’amore stesso. La pienezza della nostra fragile vita è sempre nell’amore per l’Altro e per il primo Altro che è Dio. Il serpente continua a ingannare illudendoci di essere padroni affermando noi stessi e non pensandoci assieme riscoprendo dentro di noi la nostalgia di quel Dio che è comunione, amore, vita senza fine.

L’Immacolata Concezione restituisce la vita così come Dio la vuole, pienezza di amore, come quando il lupo vive con l’agnello e il male è sconfitto. Per questo ci dona Gesù che vince il male facendosi servo, amandoci e vincendo il male ultimo, la morte. È senza peccato per liberarci dal peccato.  Ci ama perché possiamo capire ciò che ci fa male e quello che, al contrario, ci rende forti perché amati da Lui e pieni del suo amore. In questo Giubileo della Speranza, l’Immacolata Concezione accende la speranza che il male non vince, perché “è fondata sulla certezza che niente e nessuno potrà mai separarci dall’amore divino”. Siamo nudi ma “guardando al tempo che scorre, abbiamo la certezza che la storia dell’umanità e quella di ciascuno di noi non corrono verso un punto cieco o un baratro oscuro, ma sono orientate all’incontro con il Signore della gloria. Viviamo dunque nell’attesa del suo ritorno e nella speranza di vivere per sempre in Lui: è con questo spirito che facciamo nostra la commossa invocazione dei primi cristiani, con la quale termina la Sacra Scrittura: Vieni, Signore Gesù!” (Ap 22,20). “La speranza cristiana consiste proprio in questo: davanti alla morte, dove tutto sembra finire, si riceve la certezza che, grazie a Cristo, alla sua grazia che ci è stata comunicata nel Battesimo, «la vita non è tolta, ma trasformata», per sempre”. Con Gesù al di là della soglia della morte c’è la vita eterna, che “consiste nella comunione piena con Dio, nella contemplazione e partecipazione del suo amore infinito”. La felicità che caratterizzerà questa pienezza di comunione la viviamo già oggi accogliendo, come Maria, Gesù, tanto che possiamo dire: «Sono amato, dunque esisto; ed esisterò per sempre nell’Amore che non delude e dal quale niente e nessuno potrà mai separarmi».

Proprio nel giorno dell’Immacolata Concezione sessant’anni fa si chiudeva il Concilio Vaticano II. Paolo VI disse in quell’occasione che la Chiesa guardava con una simpatia immensa il mondo. La simpatia è il contrario della malevolenza, è l’amore di Dio che ci insegna a fare nostre “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, soprattutto dei poveri, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo”. Oggi sembra più complesso, pericoloso, tanto che viene da essere prudenti, da non osare passi in avanti. La simpatia immensa è il contrario della malevolenza, è verso tutti ed è uno sguardo universale che ha come orizzonte il mondo intero, collegando a questo il nostro piccolo mondo. Quando non si coltiva un cuore universale non sappiamo più chi siamo e dimentichiamo le nostre vere radici. Per la Chiesa cattolica nessuno è estraneo, nessuno è escluso, nessuno è lontano. Paolo VI indicò per primi i sofferenti, “prigionieri della vostra infermità, ai quali la solitudine raddoppia il dolore”. Non la condanna ma l’amore, perché “l’uomo conserva l’aspirazione inestinguibile verso la perfezione ideale e totale, ma non arriva da sé a raggiungerla, né forse col concetto, né tanto meno con l’esperienza e con la realtà. Lo sappiamo; è il dramma dell’uomo, del re decaduto”. “La Chiesa ha sentito il bisogno di conoscere, di avvicinare, di comprendere, di penetrare, di servire, di evangelizzare la società circostante, e di coglierla, quasi di rincorrerla nel suo rapido e continuo mutamento”, una scelta determinata dalle distanze e dalle fratture verificatesi negli ultimi secoli. Qualcuno interpretava questo atteggiamento come relativismo al mondo esteriore, alla storia fuggente, alla moda culturale, ai bisogni contingenti, al pensiero altrui, mettendo la simpatia e il dialogo in contrapposizione con la fedeltà dovuta alla tradizione. La Chiesa “ama l’uomo tragico dei suoi propri drammi, l’uomo superuomo di ieri e di oggi e perciò sempre fragile e falso, egoista e feroce”. L’uomo, insomma, perché nel suo volto, “specialmente se reso trasparente dalle sue lacrime e dai suoi dolori, possiamo e dobbiamo ravvisare il volto di Cristo”. Per conoscere Dio bisogna conoscere l’uomo. È la sfida che sentiamo nostra anche oggi, con ancora maggiore consapevolezza e urgenza, in un mondo che smarrisce l’umanesimo e dove prevale la logica del più forte e dove la persona è umiliata e annullata.

Ci affidiamo a Maria. Paolo VI concluse dicendo: “Oggi festeggiamo Maria Santissima, la Madre di Cristo, e perciò, come altra volta dicemmo, la Madre di Dio e la Madre nostra spirituale. Maria santissima, diciamo immacolata! cioè innocente, cioè stupenda, cioè perfetta; cioè la Donna, la vera Donna ideale e reale insieme; la creatura nella quale l’immagine di Dio si rispecchia con limpidezza assoluta, senza alcun turbamento, come avviene invece in ogni creatura umana. Non è forse fissando il nostro sguardo in questa Donna umile, nostra Sorella e insieme celeste nostra Madre e Regina, specchio nitido e sacro dell’infinita Bellezza, che può terminare la nostra spirituale ascensione conciliare e questo saluto finale? Questa bellezza di Maria Immacolata non diventa per noi un modello ispiratore? Una speranza confortatrice?“. Per noi è da Lei e con Lei che inizia la nostra scelta di seguire Gesù, l’Amore pieno che ci libera dalla paura di perdere la vita per trovarla.

Bologna, basilica di San Petronio
08/12/2025
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