Messa per il 44° corso di Formazione nazionale Progetto Policoro.

Carissimi Animatrici e Animatori di Comunità,

la Parola che ci è stata proclamata nella memoria dell’apostolo Andrea è particolarmente adatta al tema che avete scelto per questi giorni: “Dare anima alla Comunità”. Gli apostoli di ogni tempo scoprono e riscoprono l’anima nell’incontro con Gesù che li rende consapevoli della loro fede, li aiuta a trovarla quando si è senza speranza, a riaccenderla facendo ardere il cuore nel petto. Gesù protegge i suoi dai turbamenti dell’anima che fanno credere tutto finito o vano, li corregge perché l’anima si indurisce o si perde facilmente. Ci fa accorgere che siamo stolti e tardi di cuore e ci aiuta a ritrovare noi stessi, perché senz’anima si vive male. Chi trova l’anima dona anima alla comunità, famiglia generata non dal sangue, né da volere di carne ma da Dio, che unisce quanti hanno accolto il Verbo e sono diventati figli di Dio. L’anima diventa, allora, lo spazio in cui troviamo e ritroviamo noi stessi e, allo stesso tempo, la comunità. L’anima è quanto di più personale abbiamo, è la nostra identità più profonda, libera dalle apparenze, dalla schiavitù dell’istinto che ci domina se noi non lo dominiamo.

L’anima non la possiamo ingannare, in essa sentiamo la presenza di Dio e, allo stesso tempo, ci unisce profondamente alla comunità. L’anima ha bisogno della comunità. Però solo imparando a stare soli con noi stessi, soli con Dio, impareremo a pensarci insieme e a unire la nostra anima con quella del prossimo. Se apriamo la nostra anima il Signore entra e si mette a tavola con noi, ci fa sentire la sua presenza buona nella nostra vita e ci aiuta a gustare la gioia di essere invitati a quella mensa dove il Signore prepara un posto per noi. Ascoltiamo l’anima perché così le nostre scelte acquistano una forza ed un valore più profondo,  non riguardano più soltanto noi stessi, e diventiamo capaci di comprendere anche le ragioni e i limiti dell’altro e di relativizzarci a loro. Non siamo fatti per essere isole, ma per avere un cuore solo e un’anima sola, frutto dello Spirito di Dio, l’amore che ci fa sentire membri di una comunità capace di mettere da parte l’io per ritrovarsi nel noi di Dio.

È la comunione trinitaria della quale l’uomo è immagine e somiglianza. Gesù ci chiede anima, che vuol dire anche responsabilità personale per diventare capaci di lasciare i nostri spazi e avviare processi di speranza, fondare il nostro agire su qualcosa che va ben oltre noi stessi. È questo ciò che hanno percepito gli apostoli quando hanno incontrato Gesù. Chi di noi lascerebbe quello che ha di più prezioso e sicuro nella sua vita per seguire un uomo che non conosce, se non si sente trafiggere il cuore, se non è pieno di stupore perché ha trovato il Messia? I discepoli subito, con determinazione, lasciano tutto e lo seguono. Perché? Gesù mette tutto se stesso incrociando la nostra storia, donandole un senso nuovo, una realizzazione piena, parlando all’anima con tutto se stesso. L’anima per essere se stessa è unita al Signore Gesù che da sempre passa e chiama. È la nostra esperienza oggi, perché Gesù continua a passare nella nostra vita chiedendoci di lasciare tutto per seguirlo. Non è un problema di sacrificio ma di amore, non si tratta di fare qualcosa in più o di aumentare la generosità ma di farsi riempire l’anima dal suo amore. I pescatori del Vangelo, così come tanti uomini e donne di oggi, incontrando Gesù hanno sentito di essere finalmente al posto giusto nel mondo, hanno trovato lo scopo per il quale impegnare la loro vita.

È quello che oggi vorrei chiedere anch’io a voi, impegnati nel Progetto Policoro: aiutate i giovani che incontrate a trovare il loro spazio in un mondo di adulti spesso incapaci di futuro. Aiutate i giovani con la vostra relazione affettiva, con il vostro liberarli da reti che li avvinghiano e che soffocano le loro aspirazioni, metteteli in condizione di prendere il largo rispondendo alla loro vocazione professionale, perché anche il lavoro è una chiamata alla quale bisogna non solo «saper» rispondere ma soprattutto «poter» rispondere. Attraverso un lavoro, giusto e dignitoso, i giovani che accompagnate possano dare uno scopo dal sapore evangelico alla loro esistenza e diventare, a loro volta, anima di una comunità umana rinnovata o, per dirla con le parole del Vangelo, pescatori di uomini. I cristiani sono quelli che vanno a pescare gli uomini che sono nell’abisso del dolore, sommersi dal pregiudizio, dalla cattiveria che degenera in guerra, o che sprofondano nella miseria e nell’indifferenza degli altri. Bisogna pescarli tutti per riportarli alla Luce e l’esca che ogni cristiano ha è la testimonianza, fatta di parole di consolazione e di t

enerezza ma anche di opere di giustizia e carità. Gesù passa continuamente sulle rive della nostra vita e non si stanca mai di ripeterci, nonostante le nostre fragilità e i nostri errori, «venite dietro a me». Tuttavia, come si chiede San Paolo nella lettera ai Romani, «come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? E come lo annunceranno, se non sono stati inviati?». Questa sera quelli di voi che iniziano il percorso di formazione e di servizio riceveranno un mandato, ciò vuol dire che saranno inviati dalla Chiesa ad annunciare che Gesù è il Signore e chiunque crede in lui non sarà deluso. È un annuncio impegnativo e per questo vi chiedo di formarvi e lasciarvi guidare dallo Spirito, nella consapevolezza che le Chiese in Italia si fidano di voi, di voi tutti. Il Progetto Policoro è una risorsa, oserei dire un talento, che dobbiamo sempre di più far fruttificare affinché diventi un patrimonio condiviso. La sua dimensione sinodale e l’attenzione che pone sui temi della Dottrina sociale fanno del Progetto uno degli avamposti più interessanti e partecipati del nostro Paese. La vostra è una rete forte, fatta di relazioni, competenze e passione, che pesca tantissimi uomini e donne che rischiano, altrimenti, di passare dalla disoccupazione del lavoro alla disoccupazione della vita.

Permettetemi di dire, però, che un buon Animatore di Comunità si riconosce dai suoi piedi. Ebbene sì, lo dice sempre San Paolo ai Romani: «Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annuncio di bene!». Chiedetevi sempre come sono i vostri piedi, quali sono i vostri passi. L’etimologia latina della parola peccato è pes captum, piede bloccato. Non potete essere animatori di comunità bloccati: sarebbe un peccato. La paura di non essere all’altezza o lo scoraggiamento non fermino mai il vostro servizio. Andate, uscite, correte verso chi vi attende. Non sarà un problema se a sera i piedi saranno doloranti o sporchi perché sarete sicuri di aver fatto ciò per cui siete mandati. Siate, allora, infaticabili messaggeri di bene. Attraverso il Progetto Policoro recate il lieto annuncio che il bene è ancora possibile, realizzabile, condivisibile.

Ci aiuti Andrea, uomo realistico che segnala subito a Gesù la presenza di un ragazzo che aveva con sé cinque pani d’orzo e due pesci. Imparerà a condividere le risorse per saziare la moltitudine. Realisti e creativi che smettono di interrogarsi all’infinito su “chi sono io?” per passare alla vera domanda “per chi sono io?”. Condividendo. Ci insegni a seguire Gesù con prontezza e a parlare con entusiasmo di Lui a quanti incontriamo perché possiamo dare anima, perché l’io si trova solo trovando Dio e il noi.

Assisi, Basilica di Santa Chiara
30/11/2023
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